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L’Italia è una repubblica fondata sullo stage

"L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". O meglio, "L’Italia è una repubblica democratica fondata sullo stage", come sostenuto - ironicamente e realisticamente - da Beppe Severgnini. E’ questo il destino dei giovani "indottrinati" dall’istruzione Statale.

"L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Tempi duri per l'articolo 1 della nostra Costituzione. Mentre l'aggettivo "democratica" appare ormai definitivamente offuscato dallo scontro fra poteri, la parola "lavoro" risulta essere una chimera irraggiungibile.

L'attualità suggerisce una correzione sostanziale: "L'Italia è una repubblica fondata sullo stage". Stage, tirocinio, formazione on the job: tante le parole per definire una condizione al di sotto della soglia del precariato. Laddove i lavoratori percepiscono una retribuzione, gli stagisti percepiscono, nel migliore dei casi, un simbolico "rimborso spese", o dei "buoni pasto", oppure, nel peggiore dei casi, lavorano gratuitamente, spesso anche full time.

Quella che, potenzialmente, potrebbe essere un'importante cerniera fra studio e lavoro ha assunto, invece, i connotati di uno sfruttamento legalizzato da parte delle aziende.

Solo in pochi casi gli stage sono realmente finalizzati ad un futuro percorso di carriera, e solo in pochissimi casi le condizioni dello Stage consentono una degna sopravvivenza ai giovani Stagisti, soprattutto se fuori sede.

Inoltre, le aziende spesso evitano il problema "a monte", ereggendo insormontabili barriere all'entrata per i non residenti o non domiciliati nel territorio di appartenenza. A farne le spese, come sempre, i "bamboccioni meridionali", che devono accontentarsi delle briciole, ed accettare supinamente l'eventualità che il loro percorso di studi, seppur brillante, valga meno del percorso di studi di un coetaneo residente al Nord.

La generazione "mille euro" è ormai abituata all'incertezza ed all'instabilità, alla non programmazione del proprio futuro, all'eventualità di mettere in discussione le proprie idee ed i propri principi, rassegnata ad imparare il vero significato della parola "accontentarsi", ed a convivere con una sensazione di angosciante impotenza quotidiana.

Investire nell'occupazione giovanile e premiare le eccellenze sfornate dal sistema scolastico ed universitario pubblico potrebbe essere per il nostro Paese una spinta al risollevamento dall'oblio. L'istruzione pubblica, però, non è gradita al premier, perchè "inculca valori diversi da quelli delle famiglie".

Chi può "investire" cospicuamente nel proprio futuro continuerà a ricevere in eredità posizioni di prestigio, chi "viene istruito dallo Stato" deve accettare di lottare per entrare in un siffatto mercato del lavoro, senza garanzie nè gratificazioni, sperando che i sentimenti di rassegnazione non soffochino completamente il proprio spirito critico.  

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