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L’Era Alemanna: amnesie in camicia nera

L’attuale sindaco di Roma soffre di amnesie ideologiche: dimentica di commemorare il sindaco di Roma più amato, Luigi Petroselli, e di inviare il gonfalone alla manifestazione su Pio La Torre a Comiso.

A Roma il nome Luigi Petroselli fa scattare subito il ricordo. E la nostalgia. Petroselli è stato il sindaco più amato della capitale, quello che fece uscire Roma dall’incubo e dalla paura degli anni di piombo. Il suo mandato, e seguendo la prima giunta Pci guidata da Giulio Argan, sdoganò la notte, ridiede voglia ai romani di riprendersi le strade e le piazze, di uscire dal coprifuoco culturale degli anni Settanta. Petroselli era comunista, dirigente e intellettuale di quel Pci che tentò “il sorpasso” sulla Dc nel ’76. E sconfisse, con mitezza e determinazione, l’angoscia di un’intera città. Lo fece in solo due anni. Conquistò in un tempo brevissimo un consenso enorme. Morì da sindaco, improvvisamente. Ma non nella memoria collettiva. Ma l’uomo né alto né basso che ha posato le sue virilissime terga sulla sedia del primo cittadino di Roma, ha memoria solo di camicie scure, club di ragazzotti pronti alla lotta, salotti della borghesia nera. E infatti, dopo più di venti anni, per la prima volta, un sindaco di Roma si è “dimenticato” di commemorare Petroselli. Una dimenticanza? Un’amnesia? Nessuno lo crede. Quando Petroselli guidava prima il Pci romano e poi l’intera città, il nostro giovane uomo qualunque, né alto né basso, partecipava, da giovane diriginte, a quei salotti installati in scantinati dei Parioli e della Balduina, inneggiando al conflitto, dividendo la mappa della città in zone di influenza: qui ci stanno i rossi (i pelosi li chiamavano allora) qui noi. E Petroselli, che voleva sedare quel conflitto (che spargeva sangue e paura in tutta la città) era uno dei nemici più acerrimi per il nostro giovanotto. Nulla si fa a caso. Neppure dimenticare.


E di amnesie il nostro uomo né alto né basso in questo periodo ne ha a bizzeffe. L’ultima, quella di essersi scordato (si può scordare una cosa simile?) il gonfalone di Roma (quasi unico caso in Italia) alla manifestazione di sabato a Comiso in memoria di Pio La Torre. Anche Pio La Torre era comunista. Una strana coincidenza. Per capire chi fosse La Torre, all’epoca della sua morte segretario regionale in Sicilia del Pci, basta leggere la sommaria desrizione della sua morte riportata su Wikipedia: “La mattina del 30 aprile 1982, insieme a Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo in auto (una Fiat 132) la sede del partito. Alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata: alcuni uomini mascherati con il casco e armati di pistole e mitragliette spararono decine di colpi contro i due uomini. Pio La Torre morì all’istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere. Poco dopo l’omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Dopo nove anni di indagini, nel 1991, i giudici del tribunale di Palermo chiusero l’istruttoria rinviando a giudizio nove boss mafiosi aderenti alla Cupola mafiosa di Cosa Nostra. Per quanto riguarda il movente si fecero varie ipotesi, ma nessuna di queste ottenne riscontri effettivi. Nel 1992, un mafioso pentito, Leonardo Messina, rivelò che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi”.

Bene, andiamo a oggi. Ad agosto viene inaugurato il nuovo aeroporto di Comiso intitolato proprio a Pio La Torre. Dopo poco più di venti giorni dall’inaugurazione, il sindaco di Comiso (dello stesso schieramento politico, guarda caso, del nostro uomo né alto né basso) ha cambiato nome allo scalo aereo reintitolandolo a un “virilissimo” militare. Indignazione generale. Convocata manifestazione. Parteciperanno città (guidate da ogni tipo di formazione politica e coalizione) con i loro gonfaloni. Roma no. Il nostro uomo né alto né basso si è dimenticato? Si può credere a amnesie in camicia nera?

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