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Julian Assange, un ritratto

Whistleblowers”, soffiatori di fischietto. Così vengono definiti nel mondo anglosassone coloro che per primi rivelano informazioni riservate. Niente di più vicino a quanto rappresenta WikiLeaks, un sito che si basa sul contributo dei navigatori per pubblicare in Rete materiale scottante. Inviare documentazione al sito è semplicissimo. Basta schiacciare un bottone e scegliere i file dal proprio computer. Come mandare un allegato via posta elettronica. Con la differenza che il sistema garantisce il completo anonimato del mittente. E le fonti anonime di WikiLeaks di fischietti ne hanno soffiati parecchi. Il sito ha pubblicato le prove del coinvolgimento della famiglia dell’ex presidente del Kenya Daniel Arap Moi in un giro di corruzione, ha acceso i riflettori sul carcere speciale di Guantanamo, ha pubblicato il filmato che documenta una strage di civili in Iraq, tra cui vi erano anche due giornalisti della Reuters, falciati dal fuoco di elicotteri Apache.

Poi è arrivato il “grande fischio”. A soffiare è stato il soldato Bradley Manning, in forza alla Dia, l’intelligence dell’esercito americano. Manning ha cliccato sul tasto “invia documenti” del sito e nelle mani dei responsabili di Wikileaks sono finiti migliaia di documenti riservati riguardanti operazioni militari in Afghanistan compiute dalla coalizione guidata dagli USA. Manning è stato identificato in seguito a un’indagine interna dell’esercito e probabilmente marcirà in un carcere militare. Ma ormai il danno per il Pentagono è enorme e soprattutto irreversibile. WikiLeaks ha passato i documenti ricevuti da Manning a tre grandi quotidiani (New York Times, Der Spiegel e Guardian) i quali nel luglio scorso hanno realizzato dei dossier e li hanno pubblicati in Rete.

WikiLeaks ha recentemente annunciato di essere in possesso di altra documentazione riguardante non solo l’Afghanistan, ma anche le operazioni militari in Iraq. I vertici del Pentagono sono in fibrillazione. Una task force di 120 analisti e agenti dell’FBI è stata messa in piedi in fretta e furia per dare il via a una vera e propria guerra contro il sito. E al centro del mirino c’è il fondatore di WikiLeaks: Julian Assange.

Le autorità militari USA vorrebbero Assange dietro le sbarre e la chiusura del sito, ma c’è un problema: il sito non è sul territorio degli Stati Uniti. E’ fuori giurisdizione. Non solo, recentemente il Pirat Partiet, partito dei pirati svedesi che ha un seggio al Parlamento UE ha offerto ospitalità a WikiLeaks. I computer sui quali risiedono i dati del sito sono stati spostati in un bunker antiatomico risalente al periodo della guerra fredda.

Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange è un cittadino australiano. E’ nato a Melbourne 39 anni fa. E’ allampanato e con i capelli già imbiancati. Una via di mezzo tra Andy Warhol e un personaggio di un manga giapponese. All’anagrafe è un cittadino australiano, ma si sposta continuamente. Forse un retaggio ereditato dai genitori, artisti di strada. Si è sposato ad appena 18 anni e ha avuto un figlio. Il matrimonio però è finito male e il figlio è stato affidato alla moglie dopo una lunga battaglia legale. Assange ha cominciato a smanettare sui computer quando era appena un ragazzino, fondando un gruppo di hacker denominato “International Subversives”. Già all’epoca, aveva dato delle noie alle autorità americane. I “Subversives” erano infatti riusciti a introdursi nel sistema informatico del dipartimento della difesa statunitense.

L’idea geniale di fondare WikiLeaks è venuta ad Assange nel 2007. Lo scopo principale del sito, secondo quanto dichiarato dallo stesso Assange, è quello di evidenziare le violazioni dei diritti umani. WikiLeaks ha attualmente cinque impiegati, 40 collaboratori e alcune centinaia di attivisti. Il giornalismo partecipativo non è una novità in Rete, ma la formula dell’invio anonimo di materiale riservato non era ancora stata percorsa e ha trovato delle fonti pronte a sposarla. All’inizio WikiLeaks aveva rischiato il tracollo. Il sistema di auto-finanziamento tramite donazioni non era sufficiente a coprire le spese annuali, che sono di circa 200 mila dollari. Poi però, dopo la pubblicazione del video della strage di civili in Iraq le donazioni sono aumentate, per poi decollare definitivamente quando sono stati messi online i documenti del Pentagono. Assange ha dichiarato che dall’inizio del 2010, tra donazioni online e contatti personali dei responsabili di WikiLeaks, è stato raccolto circa un milione di dollari. Le donazioni sono gestite da una fondazione tedesca, la Wau Holland. WikiLeaks non rende noti i nomi dei donatori e questo è stato oggetto di critiche. I nemici di WikiLeaks mettono infatti in evidenza il contrasto tra la trasparenza di informazione sbandierata dal sito e l’opacità dei suoi stessi fondi. WikiLeaks si difende sostendendo che dati gli argomenti delicati trattati dal sito sarebbe troppo rischioso, in quanto il flusso di cassa diventerebbe attaccabile.

Julian Assange ha attualmente dei grossi guai con la giustizia svedese. E’ infatti accusato di stupro e maltrattamenti in seguito alla denuncia di due donne. Alla fine di agosto la procura di Stoccolma aveva spiccato un mandato di cattura, per poi ritirarlo dopo poche ore. Le autorità giudiziarie svedesi sono ritornate in seguito sui loro passi, dichiarando che l’indagine non si è interrotta. Un comportamento poco chiaro che ha alimentato i sospetti sul fatto che sia in atto una campagna volta a screditare Assange. Questa vicenda ha fatto nascere anche dei contrasti interni al gruppo che gestisce il sito. Brigitta Jonsdottir, attivista di WikiLeaks e membro del parlamento islandese ha chiesto le dimissioni di Assange da portavoce del sito.

Nel mondo del giornalismo c’è chi vede WikiLeaks come una grande positiva novità e chi ne critica l’irresponsabilità e la poca trasparenza. Assange ha una sua precisa visione dell’attività giornalistica, piuttosto scentifica: “La credibilità a lungo termine, nella professione del giornalista può essere garantita solo dalla assoluta verificabilità dei fatti. Ed è l’unica strada per avere rispetto dei lettori”.

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