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Italia: la stabilità dei bilanci, l’instabilità dei cittadini...

Credo sia giunto il momento di fare un po’ di chiarezza su alcuni criteri, o almeno, di provarci. Troppe parole, riflessioni, dubbi, visioni, fanno si che – all’atto pratico – poco si comprenda di ciò che in Italia stia accadendo davvero.

Il dubbio che vi sia una crisi ad esempio: bisognerebbe difatti capire di quale tipo di crisi è affetta l’Italia e se essa corrisponda a parametri di criticità economica al pari dei conti “della serva” che tutti abbiamo il compito di dover fare nella nostra esistenza.

L’Italia è una nazione. E come tale, facendo oltretutto parte della Comunità Europea, deve rispondere ad alcuni criteri e dettami dettati appunto dal Consiglio Europeo, che vigila e verifica – per quanto possibile – affinché le nazioni facenti parte dell’Europa, possano risolvere le problematiche che via via si presentano nelle varie comunità. C’è poi il Consiglio dell’Unione Europea - da non confondere col precedente – che legifera in merito alle varie questioni inerenti le nazioni del gruppo ed inoltre si occupa dei bilanci, coordinando di fatto le strategie economiche degli Stati membri.

E’ utile questa precisazione, in quanto quando si parla di “crisi” economica di questo o quel paese europeo, bisogna fare molta attenzione a non confondere la “crisi” intesa come decadimento effettivo dei parametri economici che consentono alle nazioni di elevarsi o meno al ruolo di nazione nel suo complesso in piena attività economica, e la “crisi” economica che per mille ragioni coinvolge direttamente i cittadini.

Sono due crisi diverse?

In qualche modo sì. Nel senso che, un conto è la recessione economica – “sostenuta” ad esempio da bilanci pubblici fallimentari – che viene a cadere sulle spalle e le tasche dei cittadini che, in questo modo toccano con mano gli effetti della crisi economica. Un conto è ciò che – nel caso del nostro paese – l’Italia deve dimostrare in campo economico sia alla Comunità europea sia a quelle nazioni extra europee in qualche modo coinvolte anch’esse nella grande crisi economica mondiale.

Faccio un esempio: la nostra “Legge di stabilità” – ex Legge Finanziaria – non viene creata per “stabilizzare” l’economia dei singoli cittadini oppressi da un altro ramo della stessa crisi economica. Essa crea infatti i presupposti affinché si traccino, in maniera netta, le strategie migliori per riportare i conti pubblici in uno stato di equilibro per fare in modo che poi, le organizzazioni internazionali continuino ad avere rapporti economici con lo Stato Italiano. Punto. È quindi una Legge che ogni volta conterrà una serie di misure per dimostrare ai controllori degli Stati membri che il governo di turno è in grado di occuparsi dell’economia e della finanza nazionale si da non provocare effetti deleteri sulla finanza internazionale.

Diverso è il discorso relativo alla criticità economica sofferta dai cittadini, che dovrebbe essere trattata in altri ambiti e che invece viene confusa con la crisi sistemica economica della nazione e che di conseguenza – almeno fino ad oggi – non ha trovato altre risposte utili se non quella di fare uno zibaldone infernale mettendo dentro allo stesso sacco problematiche diverse.

Ora: se è vero quindi che, all’atto pratico, con le strategie intraprese dall’attuale governo Monti, i conti del bilancio della nazione Italia si stanno, sembra, via via mettendo in equilibrio, è necessario poi parallelamente mettere in atto strategie affinché l’economia dei cittadini non subisca solo variazioni al ribasso ponendo peraltro la ciliegia sul caos totale del chiamare “crisi economica” una crisi effettivamente a due velocità che di conseguenza meriterebbe altri ambiti di riflessione, strategia e presa in carico.

Se quindi da un lato chi di dovere sta muovendosi più o meno bene per rimettere in sesto l’immagine globale della nostra nazione per poter rientrare a tutti gli effetti nei parametri richiesti a livello internazionale, dall’altro si sta dimenticando che – con la stessa enfasi e passione – qualcuno dovrebbe prendersi carico e cura della crisi economica che si sviluppa in quel territorio che si chiama “umanità”.

Non è certamente un pool di “tecnici” che può far questo, per diverse ragioni. L’attuale governo, più o meno tecnico, sta svolgendo il ruolo per cui è stato chiamato a governare: rimettere in sesto i bilanci dello Stato. Abbassare – per quanto possibile – il debito pubblico, che altro non è se non un disavanzo: se entrano 100 e ne vengono spesi 1.000, ovviamente la nazione deve poi chiedere prestiti alimentando in maniera tortuosa il famigerato debito pubblico.

Il pool di tecnici è messo lì a far di conto, a sottrarre in ogni ambito possibile. La sua missione – o Mission, come si usa oggi – è solo ed esclusivamente quella di riportare la nazione ai criteri di bilancio ed a quegli scambi economici che possano consentirci di far parte ancora dell’allegra brigata degli Stati membri dell’Unione Europea.

E noi a questo, siamo si abituati, ma non del tutto. I governi politici difatti, hanno una peculiarità che nessun governo tecnico avrà mai: dovendo “piacere” all’elettorato di riferimento, deve prima o poi “mollare” qualcosa alla popolazione. Vuoi una riduzione di imposte. Una tassa in meno. Qualcosa che possa dare alla gente quel famoso pane et circenses coniata dal poeta latino Giovenale.

Il governo tecnico quindi si prefigge un solo obiettivo: risanare i conti e ridare una immagine dell’Italia – verso l’esterno, cioè l’Estero – quale nazione in sviluppo e competitiva sui mercati.

Cosa manca quindi?

Qualcuno e qualche strategia che si prenda l’onere e l’onore, di pensare che, così come è indubbio che la nostra nazione abbia urgente necessità di uscire dall’impasse della grande crisi economica mondiale, così i cittadini devono trovare un sostegno alla propria economia, considerando un fatto importante e non eludibile: i cittadini vengono costantemente chiamati a sostenere economicamente ogni governo affinché poi l’Italia mantenga il suo ruolo di Nazione competitiva ed in sviluppo economico agli occhi del mondo ma poi non vengono sostenuti nella quotidianità delle proprie urgenti necessità.

Un cane che si morde la coda.

Se coerentemente, mentre si pensa ai bilanci attivi e passivi, mentre si guarda all’Italia come elemento di un grande disegno internazionale, si troverà il modo di pensare anche più… In piccolo, sostenendo l’economia dei cittadini, potremmo persino sperare che – volgendoci in questa direzione in maniera stabile – i conti dell’Italia potranno sempre essere bene o male in attivo.

Perché se si continuerà a “bilanciare” creando sempre e progressivamente uno sbilanciamento dei conti privati, ovviamente non vi potrà mai essere un pareggio. E non credo di dover chiamare in causa esimi economisti a conferma di questo semplice teorema.

Attenzione quindi, a non proseguire sulla strada della confusione di ruoli, strategie, missioni e compromissioni. Perché potremmo nella migliore delle ipotesi trovarci in ogni caso in fondo al tunnel più buio senza alcuna possibilità di vedere uno sbadiglio di luce.

Ragionare conviene sempre a tutti.

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