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Italia condannata per i respingimenti dei migranti in Libia

L'Italia ha violato l'articolo tre della Convenzione sui Diritti Umani, quello riguardante i trattamenti degradanti e la tortura. E' quanto ha stabilito la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo in merito ai respingimenti in Libia di migranti: la sentenza si riferisce, in particolare, al caso Hirsi, che riguardava 24 persone respinte in Libia nel 2009

"Si tratta - ha dichiarato Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati - della più importante sentenza della corte di Strasburgo riguardante i respingimenti attuati dall'Italia verso la Libia, a seguito degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglati dal precedente governo Berlusconi. E' una sentenza storica. Il verdetto sulla prima operazione di resingimento fatta dall'italia vieterà in modo definitivo e inderogabile le operazioni di respingimento di migranti intercettati o soccorsi anche in acque internazionali. La pronuncia della corte marca così un principio fondamentale di cui anche l'attuale governo non potrà non tenere conto nel rinegoziare gli accordi di cooperazione con il governo di transizione libico" .

La sentenza della Corte Europea dei diritti umani è stata emessa a ridosso dell'anteprima del nuovo documentario dell'Associazione Zalab, da sempre in prima linea nel raccontare le violazioni dei diritti dei migranti. Il documentario, intitolato Mare Chiuso, uscirà il 15 marzo per la regia di Stefano Liberti e Andrea Segre.


"A partire dal marzo 2011 - spiegano gli autori del documentario - con lo scoppio della guerra, molti migranti e profughi africani hanno iniziato a scappare dalla Libia. Alcuni si sono rifugiati nei campi profughi al confine con la Tunisia, altri sono riusciti a raggiungere via mare le coste italiane. Molti di loro furono vittime delle operazioni di respingimento attuate a partire del maggio 2009 dalle pattuglie congiunte italo-libiche; in seguito agli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, infatti, le barche dei migranti intercettate in acque internazionali nel Mediterraneo venivano sistematicamente ricondotte in territorio libico, dove non esisteva alcun diritto di protezione. Nel documentario sono i profughi africani a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti. Per incontrarli siamo stati al confine libico-tunisino, al campo profughi di Shousha, e in due centri per richiedenti asilo (C.A.R.A.) nel sud Italia. Le loro interviste costituiscono il corpus principale del documentario, insieme all’udienza del processo contro l’Italia alla Corte Suprema dei Diritti Umani di Strasburgo, dove una ventina di respinti, tra cui uno dei nostri intervistati, hanno presentato ricorso".

Sui respingimenti in Libia si era recentemente espresso anche Amnesty International, in una lettera inviata al presidente Mario Monti: "Il governo italiano deve assicurarsi che la Libia rispetti i diritti umani, dopo decenni di totale impunità, e deve desistere dal condurre qualsiasi operazioni di respingimento forzato in mare o di cooperazione con la Libia nell'intercettare migranti per respingerli".

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