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 Home page > Attualità > Società > Io è un altro. Internet modifica la percezione della nostra identità

Io è un altro. Internet modifica la percezione della nostra identità

Dopo l’inondazione mediatica del fenomeno dei social network e di Facebook, dopo lo sdoganamento di Internet da parte della Chiesa e l’ammonimento a non sostituire i rapporti virtuali a quelli reali, si rende necessaria una piccola provocazione su come Internet ha cambiato il nostro rapporto con noi stessi, prima ancora che con gli altri.

Anonimato e identità

In principio fu l’anonimato. Ai suoi albori, infatti, Internet era una prateria brulla e selvaggia solcata da pellegrini virtuali che, celando la propria identità, liberavano gli innumerevoli “io” che nascondevano in sé e che era impossibile estrinsecare nella vita reale. Chiunque avesse dimestichezza con tastiera e mouse poteva trasformarsi in un super eroe, la cui maschera è più o meno affettuosamente nota a tutti, ma la cui identità è avvolta dalle nebbie del fascino e del mistero. Confortate dalla spensierata libertà dell’anonimato, però, queste incursioni nel cyberspazio hanno generato, tra le altre cose, fenomeni che hanno gradualmente modificato le abitudini della nostra quotidianità, d’un tratto insidiata da truffe prima d’allora impensabili, amori via chat improbabili, fino ad arrivare ad aberrazioni intollerabili quale la pedopornografia on-line.

L’industria domestica del sé

Oggi, invece, il paradigma internettiano sembra essere ribaltato, e l’anonimato ha lasciato il campo alla sovraesposizione dell’identità. Ci si è presto resi conto, infatti, che Internet riservava pressoché a tutti i propri 15 minuti di celebrità. Questa semplice constatazione ha spalancato le porte alla curiosità, al talento e, in dosi massicce, al presenzialismo di molti che per gioco, per caso o per vanità, hanno edificato una Pixeland affollata di blog, pagine personali e, certamente, social network.

Le reti sociali costituiscono a vario titolo il più contagioso fenomeno del momento che, con viralità invidiabile, fa germogliare attorno a sé discussioni di ogni sorta, tra cui anche qualche dibattito sulla privacy legata agli iper-aggiornati profili degli utenti. Ma se proprio questi profili da un lato possono essere intesi come porte socchiuse attraverso le quali sbirciare la rappresentazione di una certa intimità del nostro ‘vicino neozelandese’, dall’altro bisogna considerare che dietro queste porte spesso languono posticce scenografie idealizzate, che di intimo hanno ben poco se non la voglia di esserci e farsi guardare. Da tutti. E il fatto che la porta sia socchiusa, poi, non è che un invito malizioso a frugare intimità artificiali che non aspettano altro che essere spogliate - salvo poi rivelarsi in tutta la loro nucleare sterilità.

Non a caso i social network hanno agevolmente travalicato l’iniziale funzione di rete di comunicazione tra amici, colleghi e parenti, per trasformarsi in ammiccanti vetrine del sé che suggeriscono morbosi istinti di pornografica autoreferenzialità. Lo spirito apparentemente tribale di questi gruppi virtuali, infatti, è soppiantato dal consolidamento del genuino narcisismo dei membri che ne fanno parte i quali,  grazie all’universalità e alla semplicità d’uso del mezzo Internet, sono rapidamente diventati i migliori impresari di sé stessi, trasformando scrivanie, camerette e tavolini da bar in sofisticati laboratori industriali in cui assemblare micro-identità intercambiabili a seconda delle stagioni, dei giorni della settimana o degli umori del momento.

 

La parola all’immagine

Pertanto, pur essendo milioni, molti affiliati ai social network spesso vivono in un isolamento autorealizzante la cui corsa affannosa, anziché verso la comunicazione, vira presto verso la creazione a tavolino di un’immagine virtuale di sé che, in alcuni casi, può essere solo agognata nella vita reale. Si impone, quindi, “il primato dell’immagine sulla realtà in tutte le pratiche della comunicazione privata e pubblica”, così come anticipato da Gustave Le Bon. Le lungimiranti parole del filosofo francese, di fatto, colgono nel segno di una delle caratteristiche pregnanti di Facebook, il social network del momento: l’autoscatto.

Questa egocentrica pratica fotografica, infatti, consente agli utenti di stabilire di volta in volta chi voler essere, come voler apparire e, di conseguenza, cosa voler comunicare all’interno della propria rete sociale virtuale, proponendo versioni di sé che non necessariamente coincidono con la propria identità. Di conseguenza, gli individui che non si riconoscono nella propria immagine pubblica possono attingere ad un “pullulare permanente di possibilità illimitate, affascinanti e seduttrici proprio perché prive di vincoli determinanti”.

 

La monetizzazione dell’intimità

Facebook come un’inesauribile, autosufficiente fiera delle vanità, dunque, in cui si cambia pelle così come ci si cambia vestito, e che a volte, però, è alimentata dagli istinti più primordiali del voyeurismo più becero e dell’esibizionsimo più compiacente. Proprio l’autoscatto, infatti, tra le sue numerose declinazioni, passa con disinvoltura dal buffo all’enigmatico, passando dal fashion giù giù fino ad approdare finalmente al sexy. E naturalmente c’è chi ha fiutato l’affare nel potenziale sempreverde di una spalla o di un anca scoperta. Nella fattispecie parliamo del magazine on-line Coed che, ovviamente su Facebook, ha creato un gruppo in cui gli utenti postano i propri scatti bollenti che poi finiranno sulla rivista, con sublime appagamento dei soggetti ritratti, e grande soddisfazione dei web trafficker del sito.  

 

Appaio, quindi sono

Non ha nulla da temere neanche chi scalpita per mostrarsi al mondo ma vuole raggiungere la popolarità senza intermediari. Internet, infatti, nella sua infinita benevolenza ha messo a disposizione dei suoi utenti siti come Incopertina.com, che regalano generosi momenti di celebrità a chiunque trovi la voglia di autoritrarsi ed incorniciarsi nelle copertine di popolari riviste. A dimostrazione che, comunque la si voglia mettere, fotografarsi e postarsi sembra ormai un modo come un altro per accertarsi di esserci, in qualche modo. E di essere. Anche in questo caso, infatti, l’immagine si contrappone all’identità, e trova la sua affermazione nel rassicurante mantra ‘appaio, quindi sono’.

Commenti all'articolo

  • Di alride (---.---.---.166) 28 gennaio 2009 12:05

    Quello dell’identità su internet è un tema grande, almeno quanto la rete.
    Tutti siamo alle prese, molto spesso inconsapevolmente, con il problema dell’io, le angherie che ci riserva il super io, la rappresentazione scissa che taluni hanno di se stessi, e quella che vorremmo rappresentare agli altri.
    Tralasciando la fattispecie che può essere ricondotta ad una patologia vera e propria, il problema di cui ci stiamo occupando è vecchio come il mondo ed è stato trattato dal cinema, dalla letteratura e dalla sociologia.
    Uomini che negano una virilità fragile, un successo professionale effimero, affermano una posizione economica superiore a quella reale e così via, nella piazza del paese, nel club di quartiere, nei circoli dell’alta borghesia, nella politica, negli autosaloni di importanti marche automobilistiche, e via proseguendo.
    Certamente internet è un facilitatore e catalizzatore positivo di tali dinamiche, ma rimane uno strumento anche se è capace di creare una grossa cassa di risonanza.
    Anche l’anonimato esiste al di fuori della rete, conosco gente che in una relazione extra coniugale ha usato un nome fittizio ed un’auto a noleggio per rendere impossibile all’amante risalire all’identità anagrafica.
    Sono del parere che il sistema complessivo della rete debba ancora rintracciare il proprio equilibrio, come avviene dinanzi ai cambiamenti epocali.
    Va anche detto che in assenza di una legislazione internazionale condivisa i provider di reti e servizi non hanno fatto abbastanza, per esempio per rendere obbligatoria la posta elettronica certificata.
    Agli utenti un pò più esperti risulta come sia elementare assumere la userid di un altro utente ed inviare posta elettronica dal suo account simulandone perfettamente, agli occhi dei fruitori comuni, l’identità digitale.
    Cose gravi, che possono creare problemi e situazioni talvolta difficilmente riparabili.
    In merito all’apertura della Chiesa và dato atto che, essendo stata sempre alta preso il clero la propensione verso il sistema mediatico e comunicativo, la tigre della rete è stata subito cavalcata.

    • Di andrea (---.---.---.113) 28 gennaio 2009 13:32

      Il punto credo che non è quanto sia datata la questione dell’identità, ma quanto Internet abbia moltiplicato esponenzialmente i casi di "second life" tra i propri utenti.
      Naturalmente anche nella vita reale ci sono casi di sdoppiamento patologici o rocamboleschi (come il caso dell’amante infedele), ma vivere tale condizione nella vita reale richiede quanto meno coraggio (nel migliore dei casi), e spesso tanto disagio. Imbastire tali situazioni su Internet, invece, è "solo un gioco", che apparentemente potrebbe non avere nessuna implicazione, ma che spesso cela la smaniosa, egocentrica voglia dell’uomo moderno di essere protagonisti a tutti i costi, sovente con "la faccia" di un altro, anche un altro qualsiasi ...
      Con Internet, pare, anche chi per mille motivi non si sarebbe mai sognato di precipitarsi sotto i riflettori, chi non si sarebbe mai svelato pubblicamente in tutte le sue sfaccettature, non ha remore a lanciarsi nella vastità strapiombante della rete per affermare quella che è la propria identità del momento, qualunque essa sia.

  • Di Mentelab (---.---.---.180) 29 gennaio 2009 08:30

     Domina Internet e il Web e con esso cresce il narcisismo digitale

    il disturbo narcisistico si manifesta con una condatta circospetta, impulsiva,orientata alla ricerca ad ogni costo della riuscita e del prestigio, con incapacità di tollerare insuccessi o critiche) e la webalienazione è alle porte. Il web facilita la cultura narcisitica della personalità, il culto della personalità, dell’apparire e di esibirsi sul web con i propri scritti, foto, video e messaggi reso ormai facile con le applicazioni web2.0 ( il web partecipativio fatto di blog,video-audio-foto sharing,twitter,mashup ...).

    Dal narcisismo alla webalienazione il passo è breve :

    Proliferano nella rete identità mutevoli e mascherate, eccessi di egoismo individuale puro che spingono l’io ad un isolamento nello spazio virtuale,
    deliri narcisiti in forme replicanti su blog e social network,
    forme di vita isolate dipendente dal web che si spingono fino a stati borderlaine.
    Il cibernauta tende facilmente a costruire forme di socialità artefatte, in cui la propria identità e quella degli altri utenti possono essere facilmente mascherate, falsate e manipolate ( es. in web chat nelle sue varie forme).
    Nessuno sa chi sei nè dove sei, si creano contatti sui social network autoselezionati a propria misura e gratificazione , con il culto del numero di contatti e con la selezione degli utenti più consoni ai propri gusti e idee , vengono alimentate forme diendonismo digitale, con parossimi come quelle di crearsi una webtv personale, dove un io dilato e liquido perde intere
    notti insonni.

    Cresce la mercificazione della propria vita interiore o altrui con strumenti di condivisione ed interazione, anche della propria privacy in video autoprodotti e resi pubblici ad es. su Youtube ( casi di bullismo ).

    Nella webalienazione predomina il principio del piacere a discapito del principio della realtà, crescono forme ossessive e compulsive ( videocompulsione ) legate all’uso del web, e forme di netdipendenza.
    (http://mentelab.blogspot.com/)
  • Di Jose (---.---.---.94) 30 gennaio 2009 15:13

    Mi è tornata alla mente la lettura di Remediation di Bolter e Gruisin sulla rimediazione del sè. Per chi non avesse letto Remediation consiglio di farlo perché è bellissimo. In più qualche giorno fa ho scritto qualcosa di simile sull’attivismo politico in rete, sul mio blog prendendo spunto dalle parole di Bauman in Consumo dunque sono.
    Bell’articolo, complimenti.

  • Di killego (---.---.---.135) 31 gennaio 2009 00:01
    Ho apprezzato molto il tuo articolo, e mi viene da chiedermi come mai sia esplosa questa “moda” soltanto adesso considerando che la rete, potenzialmente, poteva offrire le stesse opportunità già un decennio fa. Non è passato molto tempo da quando internet “proponeva” come allettante prospettiva quella di celare la nostra identità dietro un avatar, l’alter-ego virtuale per eccellenza, con caratteristiche mutevoli (dietro una maschera si può fare qualunque cosa, niente regole, niente timori, niente tabù) più simili al nostro essere ideale piuttosto che reale.
    Questa affascinante possibilità ha rappresentato sicuramente una delle sue più intriganti sfaccettature, quella che probabilmente ha contribuito ad accalappiare nella rete, è il caso di dirlo, il maggior numero di utenti.
    Più precisamente, la domanda è perché soltanto oggi lo si utilizza in questo senso, non celando più la propria identità ma mettendola a disposizione di tutti?
    Sono d’accordo che, in molti casi, l’immagine proposta resta “snaturalizzata” perché filtrata dal nostro intrinseco narcisismo, ma adesso ci si gioca la faccia!!! La risposta potrebbe risiedere nel desiderio di autoaffermazione che è mutato nel giro di un decennio in necessità, sintomo forse di un’insicurezza dettata dai tempi.
     
    non c’è più l’uomo qualunque, tutti sono qualcuno, tutti sono in vetrina.
    Io diventerò qualcuno, non studierò non leggerò, a tutti voi dirò di no. Ecco perché diventerò qualcuno.
    Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio myspace. (in vena di citazioni scomodo un semplice ma sempreverde Caparezza)
  • Di Laura (---.---.---.82) 8 febbraio 2009 01:13

    Gent.mo Andrea Fama,
    sono una studentessa di psicologia, e desidero semplicemente complimentarmi con lei per l’eccellente articolo che ha scritto.
    un ottimo lavoro!!! mi ha dato uno spunto per un eventuale tesi che vorrei fare ....
    Buon lavoro :)

  • Di Giulia (---.---.---.92) 7 maggio 2009 13:35

    Tantissimi complimenti per l’articolo di Andrea Fama! Tema di grande attualità, spunto di riflessione per molti dei corsi che sto seguendo all’università e chi lo sa magari anche per una tesi...attuale! Ancora complimenti ! Giulia

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