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Integrazione o convivenza 1° parte

Donare-donarsi, rendersi disponibili agli altri, parlare-ascoltare, discutere senza porsi come antagonista; oggi si parla di integrazione = rendere gli altri simili a noi, mentre si dovrebbe parlare di convivenza = vivere accanto accettando la diversità degli altri.

La società moderna lo è solo nella misura in cui ha sviluppato tecniche produttive migliori rispetto al passato, sul piano dei rapporti umani siamo esattamente come le società precedenti, aborriamo, per paura e interesse, tutto ciò che è diverso, portatore di idee diverse.

Siamo incapaci di convivere, non per mancanza di cultura - basta guardare quante persone impegnano la loro vita in progetti di aiuto a popolazioni in difficoltà - , ma per incapacità intrinseca al nostro sviluppo storico che ci ha portato a crederci superiori.

Anche là dove l’integrazione sembra cosa fatta - si veda la situazione della Global Garden di Castelfranco veneto - dove di fronte alla crisi, dietro richiesta dell’azienda di non rinnovare il contratto ai precari, in massima parte africani, gli operai si sono espressi, attraverso il referendum, d’accordo con l’azienda.
 
Questo fatto ci aiuta a capire meglio la debolezza dell’integrazione e la sua impossibilità a realizzarsi: debolezza perché implica la rinuncia, da parte degli immigrati, alla propria cultura, impossibile a causa della convinzione che i primi ad essere penalizzati devono essere i non originari del posto perché il territorio non gli appartiene, vale a dire che sono ospiti, e questa qualifica gli rimarrà vitanaturaldurante.
 
Una forte resistenza ad accettare il vicino con abitudini, derivanti dalla sua cultura, diverse dalle nostre è fortemente radicata in ognuno, e questo ci spinge a voler cambiare, non le nostre abitudini - nel senso che, col mescolarsi delle culture, ogni cultura è destinata a modificarsi nella ricerca di un equilibrio che soddisfi tutti - ma le loro, portandoci a un rifiuto quasi totale.
 
La convivenza, non implicando la rinuncia da parte di nessuno, creerebbe un clima di comprensione reciproca e di conseguenza di rapporti interculturali atti a dare spazio a relazioni, economiche, culturali, religiose, politiche e altro, libere da pregiudizi, in modo particolare razziali.
 
In tale contesto, l’interscambio di informazioni aumenterebbe il livello di reciproca comprensione, convogliando sempre più le varie culture verso una reciproca mescolanza.
 
Mescolanza che, essendo libera da pregiudizi, favorirebbe il formarsi di atteggiamenti positivi nell’accettazione e successiva modificazione delle varie culture in senso unitario, vale a dire superamento delle resistenze verso l’esterno e successivo inglobamento reciproco, presupposto per il crearsi dell’equilibrio tra le stesse.

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