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Integratori vitaminici: buone e cattive abitudini degli italiani

Un italiano su due, di età compresa tra i 55 e i 74 anni, acquista regolarmente multivitaminici "per migliorare la salute e il benessere". Ma serve davvero?

 Un articolo recente del New York Times afferma che più del 50% degli americani assume integratori vitaminici: tra le persone di età superiore ai 65 anni la percentuale sale al 68%. Numeri simili riguardano molti paesi occidentali e anche in Italia sono sempre più diffusi. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità quasi una persona su due fa uso di un integratore alimentare: tra questi la più diffusa è la categoria delle vitamine, consumate dal 61% delle persone che prendono integratori. Un rapporto di Euromonitor International del 2017 afferma che un italiano su due, di età compresa tra i 55 e i 74 anni, acquista regolarmente multivitaminici. I consumatori italiani ritengono che assumere vitamine e integratori alimentari sia un metodo efficace per migliorare la salute e il benessere, per prevenire le malattie e contrastare gli effetti dell’avanzare dell’età e delle abitudini sbagliate, come lo stile sedentario, il fumo e l’alimentazione eccessiva. Ricerche di mercato indicano come questa categoria di integratori sia destinata a crescere nei prossimi anni.

È davvero così? Ne abbiamo parlato con Valeria del Balzo, biologa nutrizionista, specialista in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università Sapienza di Roma. “Esistono diversi profili di consumatori, che variano a seconda dell’età e che hanno diverse aspettative nei confronti degli integratori” – spiega del Balzo. Come riscontrato da un‘indagine svolta dal gruppo della Sapienza e pubblicata sulla rivista PLOS ONE, tra i giovani maschi prevale l’uso di integratori non vitaminici, soprattutto finalizzato alla reintegrazione di perdite minerali e all’accrescimento della massa muscolare, mentre le ragazze consumano soprattutto vitamine (26,5% del campione) per motivi medici o estetici.

“Man mano che l’età sale, gli obiettivi cambiano. Alcuni adulti sanno di mangiare male e pensano di poter sostituire gli alimenti con gli integratori, in genere si tratta di persone attente al proprio stato di salute. Per quanto riguarda gli anziani bisogna fare una distinzione: vengono classificati in questa categoria gli adulti di età superiore ai 60-65 anni, ma l’allungamento della vita e le migliori condizioni garantiscono una buona vitalità fisica e intellettiva a molti over 60. Questo spinge alcuni di loro a voler preservare il proprio stato di salute e a mantenere le proprie prestazioni fisiche il più a lungo possibile. In generale c’è molta attenzione verso la prevenzione e fiducia nell’idea che le vitamine possano evitare l’insorgenza di alcune patologie. Un discorso diverso riguarda gli ultra-75enni. Per questa categoria, oltre alla situazione sociale ed economica che potrebbe compromettere un’alimentazione varia ed equilibrata, si deve tenere conto di eventuali problemi legati alla masticazione e alle possibili difficoltà nel reperimento di alimenti freschi ogni giorno. In questo caso diventa quindi molto importante supplire alle carenze vitaminiche tramite integratori, che dovrebbero però essere assunti sotto indicazioni mediche”.

In un giovane o un adulto sano, ribadisce Valeria del Balzo, un’alimentazione varia è sufficiente ad apportare le vitamine necessarie, mentre gli stati di carenza andrebbero gestiti sempre sotto controllo medico, mai con il fai da te. “Numerosi lavori scientifici evidenziano l’importanza di assumere vitamine tramite l’alimentazione, perché è l’effetto sinergico di tutti i nutrienti che contribuisce al mantenimento di un buono stato di salute. La capacità del nostro organismo di utilizzare i nutrienti varia se questi provengono da alimenti oppure da integratori. Dobbiamo ricordare, infatti, che le reazioni chimiche si sono adattate nel corso dell’evoluzione per garantire le dosi giuste per una sintesi corretta delle molecole. L’introduzione di un tipo di vitamina, in eccesso rispetto alle altre, potrebbe quindi sbilanciare le reazioni fisiologiche”.

“Le vitamine devono essere assunte in quantità ben definite, come riportano anche le etichette sulle confezioni in commercio. Se queste quantità vengono superate, come può succedere in pazienti ortoressici, si rischia di andare incontro a sintomatologie gravi. La vitamina A, spesso assunta in compresse per stimolare l’abbronzatura, è una molecola liposolubile che si accumula nel fegato. Se la quantità supera il livello necessario al fabbisogno dell’organismo si altera il sistema, con conseguenze anche molto gravi: negli anni passati si sono verificati casi di epatopatie, che in un paio di occasioni hanno portato alla morte”.

Tra i casi di supplementazione approvati anche dal Ministero della Salute, vi è quello dell’acido folico, raccomandato per le donne in gravidanza con lo scopo di prevenire i difetti del tubo neurale nel feto. “In questo caso si può parlare di prevenzione vera e propria perché l’assunzione deve iniziare almeno uno o due mesi prima del concepimento, e non quando la gravidanza è già iniziata”, spiega del Balzo. Oltre all’acido folico, negli ultimi anni molti lavori si sono concentrati sulla vitamina D, aggiunge la nutrizionista. “Se da una parte gli studi scientifici stanno scoprendo sempre più funzioni organiche per questa molecola, dall’altra oggi siamo sempre più a rischio di carenze, perché passiamo sempre meno ore all’aria aperta e perché le protezioni solari, che utilizziamo quando ci esponiamo, riducono la capacità dell’organismo di sintetizzare la molecola. Anche in questo caso, però, dosi e frequenza di consumo dovrebbero essere sempre indicate dal medico: un aumento eccessivo della concentrazione di vitamina D, infatti, può causare danni all’organismo, come ad esempio la formazione di piccole micro calcificazioni nelle arterie”.

segui Francesca Camilli su Twitter

Foto: instagram

Questo articolo è stato pubblicato qui

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