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(In)ter(per)culturando: analisi confronto da ’Con la faccia di cera’ - Parte III

Parte III
Verde Nero e il progetto ’noir di ecomafia’.
Legambiente Ferrara e il ‘caso Solvay’: una città, un polo industriale, la plastica e le sue ‘segrete’ pericolosità.
 
Nella prima parte ho proposto un’analisi del romanzo ’Con la faccia di cera’, nella seconda la ’voce’ dell’autore, Girolamo De Michele. Ora, per concludere, alcune riflessioni collaterali.
 
Il progetto VerdeNero è sempre stato chiaro, a chi ne ha seguito nascita e sviluppi, ma anche per chi casualmente è incappato in uno dei libri della collana:
 
La possibilità di raccontare, con la libertà e l’immediatezza del linguaggio narrativo, i progetti “ecomafiosi” e i comportamenti sociali che li alimentano, diventa l’occasione per mettere efficacemente in primo piano il significato del patrimonio collettivo e la salvaguardia delle risorse comuni. E diventa l’occasione concreta per lanciare eventi e manifestazioni che diano voce alle componenti sociali più vive, contro l’apatia e contro il silenzio. (Fonte: pagina web ‘il progetto’ dal sito di VerdeNero).
 
E i nomi, gli autori, si sono susseguiti negli anni con storie diverse eppure unite dal cordone poliforme dell’ecomafia. Avoledo. Vichi e Gori. Macchiavelli. Troisi. Wu Ming. De Cataldo. Vinci. Colaprico. E.Baldini. Dazieri. Cacciatore, Gebbia e Palazzotto. Luccarelli. De Michele (appunto). Nel 2009: Varesi, Favetto, Carlotto, Fogli e Colitto (con questi ultimi due autori prossimamente un incontro-confronto qui su AgoraVox).
Tante storie dunque, intrecci, volti, voci e intenti.
Eppure nessuna tuta da super eroi. E lo chiarisce lo stesso De Michele:
 
"Se per “cambiare la società” intendi mutamenti drastici e immediati, no. Narrare storie è un compito senza fine e, spesso, senza fini: il narratore crea legature tra parole, tra cose e parole, tra corpi e cose che prima di lui non c’erano, o non erano viste. E queste legature prendono poi vita autonoma, una vita non facile da prevedere o da governare. Narrare storie mostra altri mondi possibili, oltre a quello in cui viviamo: come realizzarli è un compito diverso, per realizzare il quale anche i narratori, rimboccandosi le mani, devono cooperare nella social catena dell’umanità."
 
Ma anche, su Carmilla, il 3 Marzo scorso, in occasione del rinvio a giudizio per i dirigenti della Solvey di Ferrara:
[…]…una sorta di basso continuo, di rap proletario che sottende la trama. A chi sostiene la morte della funzione sociale del romanzo vorrei poter fare ascoltare le voci degli ex operai che mi hanno contattato dopo aver saputo di questo libro. Il compito che Walter Benjamin assegnava ai narratori di storie (con buona pace di chi crede che il critico berlinese intendesse fondare nuove metafisiche, o riviste per collezionisti di anticaglie) era nulla di meno che resuscitare la memoria degli oppressi che, dopo la loro morte, sono minacciati dall’oblio.

Di questo qui si tratta: di dare alle stirpi condannate a cent’anni di solitudine una seconda opportunità sulla terra.
 
Nella postfazione di ‘Con la faccia di cera’, Antonio Pergolizzi, Coordinatore Osservatorio Nazionale, Ambiente e legalità, Legambiente, enuncia ‘I fatti’. Un breve ma inciso viaggio nel petrolchimico a Ferrara. E dal punto di vista storico non è di certo questa la sede per addentrarsi tra meandri di aziende, decenni, crescite e cessioni. Qui da Wikipedia un breve riassunto imperfetto. Allo stesso modo, addentrarsi nei meandri del CVM, cloruro di vinile monomero, non è facile (sempre da Wikipedia, qualcosa qui).

La Solvey, nello specifico, iniziò a Ferrara negli anni cinquanta producendo PVC (polivinilcloruro), ottenuto dalla polimerizzazione del CVM.


La cancerogenicità del CVM però, non è stata scoperta recente. In particolare, due italiani ne hanno studiato gli effetti con risultati a lungo taciuti dalle aziende interessate (almeno fino ai primi anni ottanta). Silvio Viola, assunto dalla Solvey di Rosignano Marittimo (i cui primi risultati risalgono alla fine degli anni sessanta) e Cesare Maltoni, oncologo bolognese coinvolto dalla Montedison. A questo proposito consiglio la lettura di ‘Petrolkiller’ di Gianfranco Bettin e Maurizio Dianese (Feltrinelli, 2002), QUI visionabile anche on line, dall’immensa scatola magica che è la rete, google libri nello specifico. Difficile ignorare libri così.

Tornando a Ferrara, diverse sono state le inchieste che, nel corso degli anni, hanno ‘tentato’ di dimostrare il dolo. Tra le pagine delle indagini, alcune affermazioni più di altre restano indelebili nella memoria. Non tanto per particolare necessità di statistiche o numeri. Piuttosto per i sensi:

L’incidenza di morti tra gli operai del petrolchimico ferrarese è quattro volte superiore a quella registrata a Porto Margherita, e questo nonostante l’impianto Solvay potesse vantare caratteristiche tecnologiche superiori” (estratto dalla postfazione ‘I fatti’, pag.179 – ‘Con la faccia di cera’).
Quattro volte superiore
non è un modo dire, non sono parole piatte, sterili, inodore e insapore. Quattro vote superiore è un grido disperato. Laddove già a Porto Margherita la mortalità tra gli operai aveva raggiunto livelli più che preoccupanti.
Ma ci sono altre implicazioni, pur avendo chiuso gli stabilimenti nel 1998, le produzioni della Solvey a Ferrara paiono come un virus latente. Pronto a colpire. Invisibile e puntuale.
 
Inoltre, dopo sette anni di inchieste, è attualmente in corso un processo le cui parti civili riconosciute sono Legambiente, i sindacati chimici, e due ex operai sopravvissuti (Michele Mantoan e Cipro Mazzoni) ammessi come parti lese. Il prossimo 21 settembre sono attese le prime testimonianze ‘pubbliche’ degli ex operai citati (uno degli ultimi articoli pubblicati qui). Un processo che non restituisce corpi, vite o tempi. Ma che - forse - è un segnale, debole potrebbe ribatte qualcuno, ma c’è- è. Rimbomba. Varrebbe la pena di seguirne gli sviluppi.
 
Molte derivazioni, insomma, tentacoli subdoli, silenziosi. 
Tentando di scavare nell’attuale situazione di Ferrara, alcune domande restano a galla, attendono.
 
Nel 2009 è ancora possibile correre rischi cancerogeni lavorando a contatto con il CVM?
Esistono, ad oggi, rischi cancerogeni per gli abitanti di Ferrara e provincia?
E’ davvero possibile considerare il processo in corso, un tentativo di ristabilire ‘giustizia’ nonostante tutto?
 
Per chi volesse ascoltare alcune voci degli ex operai Solvey, voci che non sono verità assolute ma racconti, ricordi, riprese di un passato doloroso, alcune delle quali sono state recuperate dallo stesso De Michele in ‘Con la faccia di cera’, QUI una trascrizione.
 
 
Ringrazio ancora Girolamo De Michele, e le Edizioni Ambiente.

Credit photo: Fulmini e saette da Flickr, che si ringrazia.

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