Impegno civile: o di qua o di là!

Ne abbiamo parlato subito dopo l’esito referendario, e altri lo hanno fatto (secondo me con meno ragione, si tratta di altro in sostanza): il risultato che appare come un successo, altro non può che essere se non una base di partenza.

In tanti, in parte la teoria è sensata, hanno affermato che esiste una vasta capacità di mobilitazione civica a difesa del bene comune che come carburante si rifornisce di cittadini “vivi”.

Già dissi, pardon, scrissi, che ora bisogna proseguire, cittadini ed associazioni hanno da dimostrare di quale pasta son fatti, non basta percorrere il chilometro che ci distanzia dal seggio e mettere una croce su una scheda, se si vuole abbattere ilSistema, se si ha a cuore la democrazia, quindi, bisogna insistere, concretizzare, intervenire nelle proprie città (anche oltre) sui temi caldi, prendere esempio dalla Val di Susa, partecipare, proporre “combattere”… chi si ferma al solo voto referendario o non ha capito nulla o convive.

Partecipare ad un singolo voto, ad un singolo corteo, fare il ribelle semplicemente scrivendo su un blog o su fb vi convince di aver fatto il vostro dovere pienamente?

Non lo avete fatto, avete sparato cartucce a salve, la gioia del sistema, armi messeci a disposizione dal nemico per distrarci, per tacitare la nostra coscienza, che gli consentono, imperterrito, di proseguire la propria marcia.

“Chi combatte” in Val di Susa, organizza e partecipa attivamente ad appuntamenti contro le autostrade ed il consumo del territorio, chi milita attivamente nei movimenti unici della politica dal basso, le liste civiche, chi ci mette la faccia, i soldi ed il rischio di prendere botte o perdere un lavoro è “in”, gli altri “out”.

Se vogliamo liberarci dalla tecnocrazia e dall’autoritarismo, risentirci persone libere, abbiamo solo un approccio possibile: sentirci come i Talebani afghani, unirci e cercare di realizzare il cambiamento…altrimenti si può proseguire così, in questo caso, però, si è complici.