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Illegalità e sfruttamento: il colpo di spugna del Senato sulla legge contro il lavoro nero

Illegalità e sfruttamento: il colpo di spugna del Senato sulla legge contro il lavoro nero

L’Unione Europea aveva legiferato con chiarezza sul tema 7 mesi fa, il 18 giugno 2009. Per mezzo della direttiva 2009/52/CE [PDF], il Consiglio Europeo ed il Parlamento portavano alla luce una normativa uniforme e ben dettagliata sulla lotta al lavoro nero in tutto il territorio dell’Unione.

L’intero provvedimento era teso ad uniformare la legislazione dei vari paesi secondo un certo mix di principi di base:
  • introduzione di sanzioni minime per legge ai datori di lavoro che impiegano cittadini extracomunitari privi di regolari permessi, definite "efficaci, proporzionate e dissuasive", comprensive dei costi di rimpatrio per gli eventuali casi di espulsione;
  • pagamento di tutti gli arretrati dovuti ai dipendenti assunti "in nero", valutati secondo i contratti di lavoro vigenti in ogni paese, comprensivi di tutti i tributi non versati dall’assunzione;
  • possibilità per i cittadini irregolari di rivolgersi ai tribunali nazionali per le richieste di pagamento degli arretrati, con assegnazione di un permesso di soggiorno valido per la durata del processo;
  • divieto di partecipazione per il datore di lavoro colpevole alle gare d’appalto pubbliche e all’utilizzo di fondi europei, oltre alla chiusura degli stabilimenti;
  • procedimenti penali nei casi di sfruttamento, reiterazione, utilizzo massiccio di manodopera irregolare, impiego di minori;
  • tutela e garanzia di soggiorno secondo le singole tempistiche nazionali ai cittadini stranieri privi di permesso che denunciano le situazioni di sfruttamento o di impiego irregolare;
  • esecuzioni di ispezioni a carico dei singoli stati membri, obbligati e riferire i dati ogni anno alla Commissione Europea.
Il 20 gennaio, appena 9 giorni fa, diversi esponenti del Partito Democratico (prima firmataria Francesca Maria Marinaro) presentavano in discussione un emendamento al disegno di legge Ronchi sull’applicazione delle direttive europee, allo scopo di introdurre un articolo che imponesse al governo di emanare uno o più decreti legislativi di attuazione della direttiva in questione. Il termine massimo: quello previsto dalla direttiva stessa, 20 luglio 2011.

L’emendamento veniva approvato senza discussioni o sub-emendamenti con i voti della maggioranza stessa.

Due giorni fa, appena 8 giorni dopo l’approvazione unanime in Commissione, la maggioranza ed il governo compiono un inaspettato dietro-front e approvano la proposta di stralcio presentata dal senatore dell’UDC Gianpiero D’Alia. A difesa dell’approvazione dell’articolo di ricezione della direttiva europea contro il lavoro nero, isolati, Partito Democratico ed Italia dei Valori.

La prima motivazione del cambio di posizione, addotta dal capogruppo del PDL, Maurizio Gasparri, è legata ai fatti di Rosarno, che impongono, a suo dire, una riflessione più attenta sul tema. Una riflessione ed un’attenzione non richiesta 8 giorni prima quando il PDL votò istantaneamente la proposta emendativa dell’opposizione, sempre dopo i fatti di Rosarno.

La seconda giustificazione, espressa sempre nel dibattito di ieri mattina presso l’aula di Palazzo Madama, si legava al pacchetto di provvedimenti anti-mafia annunciato dal Consiglio dei Ministri riunitosi ieri a Reggio Calabria. Eppure, eccezion fatta per la decisione di incrementare i controlli sul lavoro nero nei campi agricoli del Meridione, nessuna delle norme annunciate ieri di fronte alla stampa va a coinvolgere, neanche indirettamente, le norme legislative in vigore sul lavoro irregolare.

Inoltre, l’articolo rimosso ieri in Senato avrebbe fornito al governo un periodo di tempo di ben 18 mesi per legiferare sul tema. Negando, così, ogni possibile contrasto tra applicazione delle norme europee ed eventuali provvedimenti anti-mafia.

La terza ha fondato le proprie basi su un discorso di tempistica: dal momento che il provvedimento avrebbe richiesto una lunga discussione sui decreti applicativi emanati dal governo, è stato ritenuto più opportuno ripartire direttamente da zero con un apposito disegno di legge da integrare nei prossimi mesi in aula, per poi sottoporlo ad un nuovo lungo ed esclusivo dibattito parlamentare. Con la flebile speranza di chiuderlo entro la data del luglio 2011.

Tre motivi ben condivisi da tutta l’UDC, che, ancora una volta in sintonia con il PDL e la Lega Nord sui temi della giustizia, vota in blocco contro le posizioni a difesa della legge espresse dalle opposizioni.

Una quarta e ben diversa motivazione è stata espressa pochi istanti dopo la decisione dello stralcio lontano dalle aule del confronto parlamentare e di fronte alla stampa sempre dallo stesso Maurizio Gasparri: "Non ci sarà nessuna affrettata sanatoria per extracomunitari o lavoratori in nero. Al Senato abbiamo stralciato l’articolo 48 della legge comunitaria affinchè su questi aspetti si continui ad agire nel solco della legge Fini-Bossi - ingresso di quote limitate e regole specifiche per il lavoro stagionale - e delle norme ulteriori introdotte a contrasto della clandestinità e per l’integrazione".

Traduzione per i non addetti ai lavori: nessuna tutela per i lavoratori irregolari che volessero denunciare situazioni di sfruttamento e di violazione del codice penale. Solo espulsioni.

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