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Il sol dell’avvenire: l’utopia comunista che ancora oggi ci rende felici

D'Alema dì qualcosa di sinistra esclamava Moretti davanti alla tv mentre berluschino blaterava al cospetto di D'Alema in un talk-show. 

Ora il comunque grande Moretti decanta la sinistra del '56, parla coi suoi resti o coi circoli che forse nessuno frequenta più, parla coi pariolini e coi borgatari, un po' meno con chi un lavoro non ce l'ha. Lo fa rimembrando o immaginando il circo ungherese Budavari che con un viaggio di 6 giorni “armi bagagli e animali” si reca a Roma mentre a Budapest i carri-armati sovietici sparano. E nel film infine viene celebrato Togliatti che, dapprima dubbioso guardando il popolo che lo aspetta, poi finalmente prende le distanze dai comunisti sovietici, essendo i comunisti italiani più puri, di vera sinistra. Quella del “sol dell'avvenire” disegnato sui murazzi del Tevere ad inizio film.

E' un grande “amarcord” questo film di Moretti: lui uguale a sé stesso, che non si sposta per farci vedere il film, lui assoluto protagonista che vuole essere regista anche nei film altrui, non si muove dai suoi dogmi, le sue proverbiali intemerate da 70enne che sembra aver visto e compreso tutto. In fondo è una pellicola da “celebration”, un'apoteosi come la marcia popolare finale che parrebbe anch'essa di sinistra ma che è disseminata da amici attori italiani, quasi una compagnia di giro.

Vabbé, aspetteremo altri 5 anni perché il simpatico regista fà un film nuovo in quel lasso di tempo, per rivedersi e rivedere come eravamo. Però what the fuck! (espressione mutuata dalla sceneggiatura): dacci magari qualche film più intimista, chessò, una Stanza del figlio o Mia madre o un Michel Piccoli troppo timido per fare il papa nuovo appena nominato dal Conclave.

 

 

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