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Il silenzio dell’informazione prima della tempesta

Il silenzio dell'informazione prima della tempesta

Oggi è il giorno del silenzio, il silenzio sommesso di chi non ha alcun desiderio di sottomettere la propria dignità, la propria missione - quella di informare senza limiti se non quelli del buon senso - e la propria libertà di parola e di pensiero alla "ragion di stato", che ragione non è.

La forma di protesta dello sciopero, del congelamento dell’informazione nazionale per 24 ore, ha incontrato numerose perplessità e svariate proposte alternative di mobilitazione. Ma quello di oggi non è un silenzio imposto, non è un silenzio breve che anticipa quello più lungo imposto dalle autorità politiche nazionali. Oggi partecipiamo ad un silenzio libero, una gelida quiete che precede una rumorosa, gigantesca e stravolgente tempesta.

E’ vero, è il silenzio che segue la beffa, l’inganno, la menzogna altisonante sparata con forza nelle radiofrequenze delle tv nazionali. Quella "bugia funzionale" che trasforma 5 mila cittadini in cerca di parità di trattamento e diritti primari in una masnada di teste calde, eversori e antagonisti. Un termine, quest’ultimo, privo di un reale esplicito significato, ma in grado di suscitare lo stesso nella mente degli ascoltatori sensazioni di preoccupazione, agitazione, forse anche paura. Gli "antagonisti": i personaggi cattivi degli action movie, delle graphic novel o delle più celebri opere di narrativa.

Oggi il mondo dell’informazione, in tutte le sue forme e diramazioni, vuole lasciare il posto delle notizie di ogni giorno al pensiero, alla riflessione. Nella speranza che i cittadini di questo paese possano comprendere fino in fondo ciò che è veramente in gioco. Un provvedimento realmente ai limiti dell’imbavagliamento collettivo mascherato da misure a tutela della privacy. Una privacy fondata sul carcere per i liberi informatori, sulle multe milionarie agli editori, sulla chiusura dei blog non allineati, sul carcere per chi denuncia un crimine prove in mano, sulla limitazione del potere d’indagine dei magistrati e su tante altre efferatezze giuridiche.

Oggi il mondo dell’informazione e della carta stampata (salvo le solite note eccezioni: Libero, il Giornale, il Foglio e il Riformista) protesta contro il feroce attacco al diritto all’informazione, quella fatta e quella ricevuta. Ad esso si aggrega una parte del mondo della politica, a partire da Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e Italia dei Valori che per tutta la giornata di oggi listano i propri siti web a lutto.

Le speranze di successo contro un provvedimento dal sapore di inizio ventennio non possono passare per le formali ma evanescenti prese di posizione a breve termine di qualche mina vagante della maggioranza di governo e, tantomeno, sulle inesistenti possibilità di uno strappo tra le istituzioni.

La vittoria della libertà d’informazione oggi passa per la misura con cui i difensori della Costituzione e del diritto alla libertà di espressione sapranno far valere le proprie ragioni, anche attraverso la più vasta azione di disobbedienza collettiva alle norme illegali di questo disegno di legge.

Oggi non è il giorno in cui si resta in silenzio, oggi è il giorno in cui si mostra a tutti quanti ciò che si rischia di perdere. Oggi è il giorno in cui si parla di ciò che oggi abbiamo e di ciò che a breve potremo non avere più. Oggi è il giorno giusto per spiegare le nostre ragioni e i loro torti. Oggi è il giorno in cui mostrare che non siamo disposti a barattare i nostri diritti, la nostra libertà, l’informazione con una nuova forma di fascismo moderno e medioevale al tempo stesso.

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