Il ritorno dei Bond Vigilantes
Un enigma si aggira per i mercati finanziari: perché le banche centrali tagliano i tassi e i rendimenti aumentano? Perché si teme che il debordante debito non sarà messo sotto controllo.
Siamo di fronte a un enigma, si fa per dire: le banche centrali tagliano i tassi e i rendimenti di mercato salgono. Il fenomeno è visibile in modo eclatante negli Stati Uniti, per motivazioni riconducibili al rischio che i primi atti di Donald Trump rappresentino uno shock di offerta, cioè inflazionistico, come pioggia di dazi ed espulsioni di massa di forza lavoro, ma anche di nuovi tagli delle tasse senza copertura che non sia la fiaba dell’autofinanziamento da crescita.
Dramma britannico
Ma il vero dramma è in Europa, segnatamente nel Regno Unito, dove i rendimenti dei Gilt sono in continua ascesa, col decennale ai massimi dal 2008, per timori di stagflazione a cui non è estranea la manovra di bilancio della Cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, di pessima qualità. Con 100 miliardi di sterline di spesa per interessi, Reeves si trova messa all’angolo da una regoletta non troppo intelligente, a cui la politica britannica si è impiccata: il calo del rapporto debito-Pil entro l’ultimo anno di legislatura, sommato al pareggio di spesa corrente entro il 2028-29.
Che già è pura divinazione al termine del periodo, figuriamoci all’inizio. Come che sia, oggi Reeves dispone di un margine di manovra fiscale di soli 9 miliardi, prima di veder fallire l’obiettivo immaginario per mano della non crescita e di tassi elevati a lungo. I mercati, ancora una volta, restano fedeli alle loro dinamiche di non linearità: non accade nulla, sin quando accade di tutto.
Sta di fatto che sul governo di Sua Maestà è tornato ad aleggiare lo spettro di Liz Truss, la svalvolata durata meno di una lattuga che voleva tagliare le tasse a deficit e che i mercati hanno sanguinosamente punito, usando come bastone un esoterico comparto delle solitamente sonnacchiose gestioni assicurative. La differenza è che oggi siamo davanti a un crash al rallentatore anche se vale, come detto, la regola “lentamente, poi improvvisamente”.
Vedremo che faranno Reeves e il suo premier, Keir Starmer, già alle prese col progetto di regime change di Elon Musk ai suoi danni. Avendo Reeves escluso nuove manovre sulle entrate fino all’autunno, resterebbero solo i tagli di spesa. E qui arriviamo al punto, che peraltro reitero da tempo, di fronte alla lievitazione del debito, in giro per il mondo: come tagliare la spesa in un momento in cui c’è una forte domanda di spesa pubblica, spinta anche da istanze populiste? Come presentarsi davanti agli elettorati affermando la necessità di sostenere imponenti esborsi per armi e tecnologie verdi o presunte tali, magari smantellando il welfare per trovare le risorse? Il paradiso degli arruffapopolo.
Aumentare le imposte? Forse, ma considerato che i veri ricchi sono finanziariamente apolidi perché muovono capitali con grande agilità e che i governi vogliono evitare letali deflussi, non resta che massacrare chi non può scappare, cioè l’internazionale dei kulaki, come ben sappiamo noi italiani a reddito fisso e soprattutto fesso.
Discorso analogo per forme di repressione finanziaria: non toccherebbero i veri ricchi ma solo i comuni mortali. Nel frattempo, nel Regno Unito, lo psicodramma prosegue e rischia di diventare dramma vero, con reminiscenze del cruento salvataggio del 1976 per mano del Fondo monetario internazionale. Solo che non siamo più nel 1976 e le società sono in ebollizione, opportunamente titillate da sobillatori che sembrano onnipotenti, oltre a uscire dai fottuti pixel di ogni social, di cui a volte accade che siano proprietari.
Nel frattempo, i deficit e la forza del dollaro hanno risvegliato i bond vigilantes anche in Brasile, paese che ha un rapporto deficit-Pil di ben il 10 per cento. I mercati non si fidano delle promesse di tagli di Lula, e la sofferenza prosegue.
Attenzione agli USA
Il Regno Unito rischia di essere il preview su scala ridotta di quello che potrebbe accadere negli Stati Uniti. Che tuttavia, in caso venissero sfidati dai mercati ben oltre l’attuale irripidimento della curva dei rendimenti, potrebbero reagire con misure tali da creare un inverno nucleare sul sistema degli scambi internazionali e sui mercati stessi, oltre che con fughe in avanti di aggressività militare.
Non facciamo correre troppo la fantasia nera, ma restiamo consapevoli che il mondo ha un problema di debito abnorme e che la soluzione di tale problema non pare essere la crescita, viste le pressioni protezionistiche e l’allontanamento dalle dinamiche prettamente economiche ed economicistiche che abbiamo visto durante il periodo della globalizzazione trionfante.
Come sempre, i mercati proseguono nel business as usual finché qualcosa non crea il break strutturale e il cambio di narrazione. In altri tempi, un dato di occupazione inferiore alle attese causerebbe un rally di sollievo, perché la regola del pollice dice che meno occupati uguale meno attività e meno attività uguale prezzi in raffreddamento. Ma oggi è diverso: un calo di occupazione può coesistere con pressioni inflazionistiche da protezionismo e strozzature nell’offerta di forza lavoro. E se il dato è forte, la brutta notizia raddoppia.
E poiché siamo entrati nell’era in cui la regola del pollice è sostituita da quella del medio, ecco l’oro che si apprezza senza sosta nonostante il forte aumento dei rendimenti reali. Il mondo al contrario, decisamente. Oppure, cambiato il paradigma, il mondo caotico, incattivito e impaurito di cui l’oro torna a essere sovrano.
Come finirà? Non lo so, ma è importante notare che gli Stati Uniti hanno un problema diverso rispetto all’Europa. Negli USA non c’è stagflazione, mentre nel Regno Unito sì. Nell’Eurozona, una crescita debole porta a minori entrate fiscali, mentre si dibatte di grandi investimenti e di come impedire che le nostre aziende prendano il volo verso gli States. Non sono sicuro che l’inflazione stia davvero diminuendo, nonostante il Pil anemico. Vedremo nei prossimi mesi.
Che altro, nello scenario? Forse gli alti tassi d’interesse causeranno un evento avverso di stabilità finanziaria, costringendo le banche centrali ad aprire l’idrante per l’ulteriore sballo dei mercati. Per ora, facciamoci bastare il fatto che i bond vigilantes non sembrano intenzionati a iniziare il lavoro dall’Italia.
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