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Il re dei video-poker e il sindaco più amato dai calabresi

Due notizie apparentemente slegate. La prima è di ieri. Il primo cittadino di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti (AN), votato alle ultime elezioni amministrative con percentuali bulgare, è il secondo sindaco più amato d’Italia dopo Sergio Chiamparino a Torino.
 
L’altra notizia è fresca di agenzia. Gioacchino Campolo, 70 anni, noto a Reggio Calabria e dintorni come “il re dei videopoker” è stato arrestato oggi, assieme alla moglie e al figlio, dalla Guardia di Finanza.
 
Gli sono stati sequestrati beni per oltre 35 milioni di euro, inclusi due appartamenti di lusso a Roma e Parigi e circa 40 altri beni immobili. L’accusa è di trasferimento fraudolento di beni.
 
Non è la prima volta che l’imprenditore dei giochi elettronici è al centro di indagini della magistratura: nel luglio dello scorso anno gli erano stati sequestrati altri beni e gli veniva contestato il fatto di avere contraffatto le slot machine, di cui era il monopolista assoluto in città, in modo da ottenere enormi proventi illeciti, ovviamente non dichiarati al fisco.
 
In realtà, sospettano gli inquirenti, Campolo non sarebbe altro che un prestanome della ‘ndrangheta che si serviva di lui per riciclare enormi somme di denaro attraverso i videogiochi e le slot machine.
 
Quanto ai rapporti tra Campolo e la criminalità organizzata, il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ha dichiarato oggi che “ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia che affermano una contiguità di Campolo alla cosca De Stefano”.
 
Quello che invece non è mai stato sottolineato a fondo è il rapporto tra Campolo e il sindaco di Reggio Calabria. Scopelliti ha utilizzato come ufficio, e non soltanto in campagna elettorale, la sede dell’ex Teatro Margherita, una struttura di pregio in pieno centro cittadino. Lo stabile, guarda caso, era di proprietà di Campolo che lo aveva offerto al sindaco e alla sua segreteria a titolo gratuito.
 
Scopelliti, primo cittadino di una delle città a più alto tasso mafioso d’Italia, non poteva non sapere delle frequentazioni pericolose del suo generoso benefattore. Ma a caval donato non si guarda in bocca. Soprattutto in campagna elettorale.
 
In un’altra città la liason dangereuse tra il sindaco e un uomo vicino alle cosche della ‘ndrangheta avrebbe fatto gridare allo scandalo. Non a Reggio. Per i reggini, a quanto pare, l’importante è che ci siano “panem et circenses”: i lidi affollati e aperti fino a notte fonda in estate, concerti e altri spettacoli nazional-popolari gratuiti, giochi di fuoco a go-go e, possibilmente, la Reggina in serie A.
Tutto il resto è noia.

Commenti all'articolo

  • Di Elia Banelli (---.---.---.59) 13 gennaio 2009 18:28

    Ottimo articolo Roberto. Da cittadino calabrese non posso che condividere in larga parte.
    Attenzione soltanto a non generalizzare troppo sui reggini. C’è sicuramente una buona fetta di società civile, giovani e meno giovani, che non si rassegnano a questo clima, che alzano la testa e cercano di reagire.
    Da Aldo Pecora al Movimento Ammazzateci Tutti, a pubblici ministeri come Nicola Gratteri, a tanti blogger e cittadini sensibili al problema della legalità.
    Non saranno ancora maggioranza a Reggio, ma un piccolo civile nucleo di resitenza c’è.
    Supportiamolo e speriamo che cresca sempre di più.

    Ciao, a presto.

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