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Il quartetto di Yotam Silberstein al Cotton Club di Tokyo

Il chitarrista israeliano, trasferitosi a New York nel 2005, Yotam Silberstein, è ritornato in Giappone e si è esibito per due giorni al Cotton Club. Assisto al primo set del primo giorno, meravigliandomi della poca presenza di spettatori.

 Guida un quartetto di giovani, talentuosi musicisti, tutti di stanza, anche se non nativi, a New York : Vitor Gonçalves, brasiliano di Rio de Janeiro, al pianoforte, tastiera e fisarmonica; Rick Rosato, canadese di Montreal, al contrabbasso; Daniel Dor, israeliano di Tel Aviv, alla batteria. L’amore per la musica popolare brasiliana , come affermerà il leader nel corso del set - “mi piace molto la musica brasiliana. Riflette quello che sento quando scrivo” - spiega la presenza in scaletta sia di brani di compositori celebri del grande paese sudamericano sia di suoi originali.

Ma il pezzo iniziale è “Milonga gris”, del pianista e compositore argentino Carlos Aguirre, assai movimentato e in cui si cominciano a percepire le qualità tecniche e stilistiche di Yotam e di Vitor, nello sviluppo dei loro assolo.

Il brano successivo, “Future Memories”, il primo originale, dà il titolo all’ultimo album di Yotam. E’ una nenia melodica, il chitarrista accenna a vocalizzi nell’esposizione tematica, Il batterista usa le spazzole e in un frammento, un glockenspiel, il piccolo metallofono, appoggiato sul timpano, che consiste in due file di lamelle metalliche che riproducono la tastiera di un pianoforte. Vitor abbandona ad un certo punto il piano acustico per abbracciare la fisarmonica dando vita ad un toccante, dolente assolo.

Ma il brano più frizzante della serata, che evidenza la predilezione per un modo di comporre “brasiliano”, è “Matchà”, un lemma che indica il tè verde giapponese di altissima qualità, che si beve nella “cerimonia del tè”. Il tema inizia a ritmo medio-veloce, sembra fermarsi con degli stop, rallenta passando dal tempo di 4/4 a quello di 6/8 e poi riparte spedito nelle improvvisazioni, efficaci e fantasiose, nell’ordine, di pianoforte, chitarra e contrabbasso. Anche il batterista, che instaura un rapporto intenso con il suo strumento, vorrebbe un momento solistico. E allora la ripetizione di un riff consente a Daniel di scatenarsi in un grintoso episodio percussivo.

Arriva il momento di rendere un doppio omaggio ad un genere particolarmente amato da Yotam, che mette in mostra il virtosismo del musicista, il “Choro”, originario di Rio de Janeiro, che cronologicamente precede la Bossanova, e ad uno dei suoi idoli, Jacob do Bandolim (Rio de Janeiro, 1918 – 1969), nel primo pezzo,“Receita do Samba” , dall’andamento veloce e dal carattere felice. Il secondo, lento e malinconico, è tratto dal nutrito canzoniere di Paulinho da Viola (Rio de Janeiro, 14 settembre 1943), uno dei maestri veterani. Entrambi i motivi sono eseguiti soltanto da Yotam alla chitarra e Vitor al pianoforte.

E’ il momento dei saluti e allora il quartetto al completo esegue un samba elettrizzante di Yotam, “Joao”. Il ritmo è sostenuto, affiorano sincopi e contrappunti, finché il finale ripete ad libitum un riff di otto misure dapprima ad una velocità crescente, infine ripetuto in alternanza, prima lento poi velocissimo.

Applausi come al solito generosi preludono al bis di rito. Yotam sceglie “Karate”, di Egberto Gismonti, una composizione a ritmo di Frevo, un genere musicale originario del Nordest, legato alla danza e al Carnevale, assai diverso da quello carioca, contrassegnato da un insistito tempo di marcia, ben eseguito da Daniel.

Il quartetto sarà tra poco ospite del festival Jazz di Padova, nella stessa formazione, salvo il bassista : Petros Klampanis sostituisce il convincente Rick Rosato.

Photo by Yuka Yamaji

 

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