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Il proscioglimento di Vendola nella giornata delle minacce

Il proscioglimento di Vendola nella giornata delle minacce

La vicenda, nota ai più come la "sanitopoli pugliese", si avvia, nel silenzio generalizzato della stampa nazionale, alla chiusura di un primo importantissimo atto: l’archiviazione ufficiale della posizione del governatore pugliese Nichi Vendola dalle indagini.

La Procura di Bari, diretta da pm Antonio Laudati, ha fatto richiesta 5 giorni fa al GUP del capoluogo pugliese di abrogare ogni attività di indagine sul candidato del centrosinistra e portavoce di Sinistra Ecologia Libertà.

L’intera questione, che affonda le proprie radici nel febbraio del 2009, il mese delle indiscrezioni e delle dimissioni dell’ex assessore alla Sanità e attuale parlamentare PD Alberto Tedesco, assume per parecchi mesi i connotati stilistici (solo quelli) di un vero e proprio golpe novecentesco: il frastuono, le voci confuse e la copertura estenuante della stampa durante i primi rintocchi e, a seguire, ad ogni nuovo evento più o meno veritiero. Ed il silenzio, il disinteresse, l’abitudine progressivamente crescente giorno dopo giorno.

Ripercorrere passo dopo passo l’intera vicenda, oltre ad essere un buon esercizio di memoria, è necessario per comprendere pienamente il senso della notizia nascosta delle ultime ore: il proscioglimento del Presidente pugliese Nichi Vendola da indagini mai tecnicamente esistite.

Il 6 febbraio 2009 l’assessore alla Sanità della giunta regionale pugliese, il dalemiano Alberto Tedesco, da molteplici indiscrezioni giornalistiche viene dato per indagato dalla DDA di Bari, per uno scandalo relativo agli appalti nella sanità regionale. Lo stesso giorno, Tedesco rassegna le dimissioni, immediatamente accettate dal Presidente Vendola.
Oltre due mesi più tardi, il 22 aprile, durante un blitz della Guardia di Finanza nelle ASL di mezza regione, viene notificato l’atteso avviso di garanzia ad Alberto Tedesco.

Il 30 giugno 2009, mentre il Presidente Vendola si trova in Canada, nuove indiscrezioni colpiscono il vicepresidente Frisullo ed altri esponenti. Il governatore pugliese torna frettolosamente in Puglia e in meno di 24 ore azzera la giunta, ricostruendola ex-novo pochi giorno dopo, con l’ingresso di 5 nuovi assessori "sostituenti". Sandro Frisullo è fuori.

Passano più di quattro mesi e l’inchiesta pugliese riprende le posizioni di testa in tutti gli organi di stampa. L’11 novembre Libero, con l’articolo "Vendola prende la scossa", pubblica in esclusiva la notizia dell’indagine a carico di Nichi Vendola, a partire da un’informativa dei Carabinieri nascosta nei cassetti dell’ufficio del pm Desirè Digeronimo, e la notizia si diffonde con una rapidità sensazionale su tutti gli organi di stampa, che la danno per certa.

Il Corriere della Sera titola: "Appalti e nomine, l’indagine a Bari punta a Vendola". La Stampa sceglie "Sanità, Vendola nei guai per le nomine". L’agenzia di stampa Reuters, come molti altri, lo considera già "denunciato".

Poche ore più tardi il focolaio viene spento dal procuratore capo, Antonio Laudati, in veste di insospettabile pompiere. "Vendola non è indagato. E l’informativa è una delle tante...". Aggiunge, però, che prenderà seri provvedimenti contro le fughe di notizie che nascono dagli uffici del pm Digeronimo.

In questo senso, 10 giorni più tardi, affiancherà alla Digeronimo altri due pubblici ministeri: Francesco Bretone e Marcello Quercia.

Passano appena 3 mesi e il deja-vu si ripresenta agli occhi degli ignari lettori e telespettatori italiani. La notizia esplode con una fiammata improvvisa che devasta tutto. E che rende irrintracciabile l’origine. E’ il 19 gennaio 2010, mancano 5 giorni alle primarie pugliesi istituite per incoronare il candidato Presidente del centrosinistra, in una sfida tra l’uscente Vendola e il prescelto di D’Alema e Bersani: Francesco Boccia.

Agenzie di stampa, quotidiani, siti internet e telegiornali rilanciano la notizia data per certa: il governatore Vendola è indagato.

Il Corriere titola "Concussione, Vendola indagato". "A Bari Vendola è indagato", titola La Stampa. La Repubblica, in linea con i colleghi, titola: "Sanità, indagato Vendola. E’ accusato di concussione". A difesa di Vendola sembra quasi accorrere paradossalmente Il Giornale, che sceglie di dare la notizia così: "In Puglia decidono i pm: Vendola indagato".

La notizia non ha chiare origini e non è suffragata da nulla. Ma si diffonde con la stessa efficacia e rapidità di una pandemia inarrestabile. Nel tardo pomeriggio torna in campo nuovamente il procuratore capo Antonio Laudati. Questa volta, oltre ad escludere una formale imputazione a carico di Vendola, lancia un j’accuse molto duro contro la stampa e la sua stessa procura: "La Procura prende atto delle possibili strumentalizzazioni delle indagini per finalità diverse da quelle processuali, così come delle precedenti fughe di notizie sugli accertamenti in corso. A tal riguardo sarà compiuto ogni sforzo al fine di identificare eventuali responsabili in relazione alle conseguenti ipotesi di illecito configurabili".

Sabato l’ultimo evento. Questa volta non è Libero a pubblicare l’indiscrezione, ma è uno dei cosiddetti "contrappesi giornalistici". L’Unità, sul proprio sito internet, pubblica la notizia della decisione della procura di Bari di archiviare ogni attività di indagine sul governatore pugliese. Le presunte prove addotte dal pm Desiré Digeronimo, terminata sotto l’occhio interno della stessa procura dopo le innumerevoli fughe di notizie verso Libero ed altri organi, in una potenziale chiave anti-Vendola, vengono ritenute insussistenti dall’intero pool e dal procuratore capo.
La notizia resta isolata. Nessuna agenzia di stampa riporta la notizia, come invece fatto con le indiscrezioni di Libero. Il saltello di notizie infondate da un organo di stampa all’altro, avvenuto con rapidità da record il 19 gennaio scorso, questa volta non avviene. Nessuno ripropone la notizia.

Nell’agosto dello scorso anno, il Presidente Vendola scrisse ed indirizzò una missiva [PDF] alla pm Digeronimo, responsabile dell’inchiesta; una lettera in grado di far deflagare gli equilibri politici del paese, portando Antonio Di Pietro ad associare il governatore pugliese ai colleghi Bassolino e Loiero e portando il celebre giornalista Marco Travaglio ad affibbiare al leader di Sel il soprannome di "Berlusconi rosso".

Oggi, mentre viene automatico chiedersi se quella lettera, certamente inopportuna, fosse poi così tanto inopportuna, la "vicenda Vendola" si chiude nel silenzio. Quel silenzio indifferente che segue, dopo mesi, il fragoroso rumore dei cannoni.

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