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Il primo anno di presidenza Biden

Il primo anno di Biden è stato difficile tra lo stallo legislativo al Senato, il ritorno della pandemia e la sua impopolarità.

di Lorenzo Ruffino

Il 20 gennaio 2021 Joe Biden ha giurato come 46esimo presidente degli Stati Uniti, dopo una aver vinto le elezioni con 7 milioni di voti di vantaggio su Trump e 306 grandi elettori. Oggi, a un anno esatto di distanza, proviamo a tracciare un bilancio dei suoi primi 12 mesi alla Casa Bianca.

Biden è impopolare

Un anno di presidenza ha portato Joe Biden a essere impopolare. Secondo la media di FiveThirtyEight, il sito diretto da Nate Silver, attualmente solo il 42% degli elettori americani approva l’operato di Biden come presidente, mentre il 52% lo disapprova. Con un tasso di approvazione netto di -10 punti, Joe Biden è il presidente più impopolare di sempre dopo Donald Trump. Insieme al suo predecessore è anche l’unico che a questo punto del mandato aveva un tasso di popolarità negativa: per fare un confronto, Barack Obama dopo un anno dall’insediamento era a +5 punti. 

La popolarità di Biden è stata tendenzialmente stazionaria tra gennaio e maggio 2021 e poi ha iniziato a scendere per precipitare tra luglio e agosto, mentre in Afghanistan si consumava il disastro militare. La sottovalutazione statunitense di quanto stava accadendo nel Paese ha infatti portato al collasso del governo afghano e alla vittoria talebana dopo vent’anni di occupazione americana. 

Il tasso di popolarità si è poi stabilizzato tra settembre e ottobre e da lì non è più risalito significativamente. 

 

Il programma legislativo è fermo

Il programma legislativo di Biden è ormai fermo da diversi mesi. A inizio mandato Biden era riuscito a far passare al Congresso l’American Rescue Plan – una legge di stimolo economico da 2.000 miliardi di dollari – e poi tra l’estate e l’autunno la legge sulle infrastrutture.

Le ambizioni di Biden erano però maggiori, perché puntava a far approvare l’American Families Plan, un’altra legge da 2.000 miliardi dedicata a combattere la povertà infantile, a rendere più accessibile l’istruzione e la sanità e a introdurre il congedo familiare e di malattia. Ad opporsi alla legge però sono stati i senatori Dem Joe Manchin della West Virginia e Kirsten Sinema dell’Arizona, facendo così mancare la maggioranza al Senato. I Democratici hanno infatti solo 50 voti su 100 e la maggioranza è garantita dalla vicepresidente Kamala Harris che può votare solo in caso di pareggio. 

Inoltre, al Senato degli Stati Uniti si può portare avanti all’infinito l’ostruzionismo (il filibuster), che può essere fermato solo con 60 voti su 100. Per governare realmente serve quindi una maggioranza di 60 voti e non di 51, perché altrimenti non si può nemmeno arrivare al voto per via dell’ostruzionismo – anche se i regolamenti del Senato permettono delle eccezioni, facendo bastare 51 voti su alcune materie.

Anche le proposte dell’ala progressista del Partito Democratico e di Joe Biden per modificare almeno parzialmente il funzionamento del filibuster sono state bocciate da Manchin e Sinema. In questo modo o si trovano dieci voti tra i Repubblicani o al massimo possono essere approvate leggi a tema economico ma con limitazioni. Biden, ad esempio, vorrebbe far approvare una legge che ampli l’accesso al voto (attualmente è in gran parte controllato dai vari Stati), ma il GOP si oppone e i voti Democratici non sono sufficienti.

 

La pandemia è tornata a colpire

Oltre all’immobilismo legislativo, la presidenza Biden è stata messa in difficoltà dall’arrivo della variante Omicron. Gli Stati Uniti hanno toccato gli 800 mila casi in media la scorsa settimana, un numero pari a otto volte quello di un mese prima.

A differenza dei paesi europei, negli Stati Uniti il cosiddetto “disaccoppiamento” tra le curve dei casi e quelle degli ospedalizzati o dei decessi è stato minore. Le persone ospedalizzate sono infatti cresciute rapidamente arrivando a toccare un nuovo massimo e i decessi sono rimasti su alti livelli. 

Uno dei motivi di questo andamento risiede nel fatto che gli Stati Uniti hanno tassi di vaccinazione più bassi di quelli di molti altri paesi. Ha infatti ricevuto almeno una dose il 75% della popolazione, è completamente vaccinato il 63% e ha avuto la dose booster il 38%. In Italia, per fare un confronto, ha ricevuto almeno una dose l’83% della popolazione, il 79% è completamente vaccinato e il 45% ha ricevuto la dose booster. 

L’amministrazione Biden non è riuscita a prendere particolari misure per combattere la pandemia, nonostante in campagna elettorale Joe Biden avesse promesso un’azione diversa da Trump. Nell’ultimo mese la percentuale di elettori che disapprova il modo in cui Biden sta gestendo la pandemia ha superato, per la prima volta da quando è presidente, quella di chi lo approva. 

Inoltre, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha invalidato pochi giorni fa l’obbligo vaccinale o di test settimanale che Biden aveva imposto sulle imprese con oltre 100 dipendenti, ritenendo che non è nei poteri del governo federale senza un passaggio dal Congresso. L’obbligo era stato infatti imposto attraverso un regolamento dell’Occupational Safety and Health Administration e non con una legge. La decisione è stata presa con i sei voti dei giudici conservatori contro i voti dei tre giudici liberal. Allo stesso tempo, però, la Corte Suprema ha dato il via libera per l’obbligo vaccinale per i lavoratori delle strutture sanitarie che ottengono fondi federali o lavorano con programmi federali come Medicare.

 

A novembre ci sono le elezioni di metà mandato

A novembre negli Stati Uniti si terranno le elezioni di metà mandato, con le quali si rinnoverà tutta la Camera e un terzo del Senato. Si tratta storicamente di elezioni molto difficili per il partito al governo che viene tendenzialmente sconfitto, in particolar modo se il presidente non gode di buona popolarità: per esempio, nel 2018 i Democratici ottennero il 54% del voto popolare con Trump presidente, guadagnando 5 punti percentuali rispetto a soli due anni prima. 

I Dem hanno già una debole maggioranza alla Camera con appena 222 deputati a fronte di 435 seggi, per cui è sufficiente che pochi collegi cambino partito per portare il Partito Repubblicano a diventare lo schieramento di maggioranza.

Al Senato, invece, la situazione per i Democratici va meglio, avendo in ballo 16 seggi contro i 20 del Partito Repubblicano. I seggi considerati in bilico sono quelli di Arizona, Georgia, Nevada (attualmente Dem) e di North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin (attualmente del GOP).

Questo articolo è stato pubblicato qui

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