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Il nostro futuro (illustrato tra sacro e profano)

Gli italiani hanno dovuto, radicalmente, cambiare, nel corso degli ultimi anni, la loro tipologia di vita e questa genesi sicuramente proseguirà nel futuro prossimo, anche più drasticamente che nel passato. A vederla con estrema fiducia si lavorerà occasionalmente, presi a calci in culo e con retribuzioni che qualche anno fa non avrebbe accettato nemmeno un’apprendista e si pagheranno i contributi Inps già consapevoli di non avere diritto a maturare alcuna pensione. 

Se non ce le avranno prelevate prima banche o istituti di riscossione, venderemo le nostre case per far fronte ai debiti e continuare a mangiare un paio di volte al giorno cibi preconfezionati. La benzina avrà un prezzo paragonabile a metà stipendio, ma tanto noi non avremo più auto da rifornire, per muoverci utilizzeremo, chissà, auto di proprietà di qualche grande catena, che ci trasporteranno esponendoci offerte concorrenziali tipo “low cost”, con alla guida degli irregolari, disposti a farlo solo, a titolo pressoché gratuito, per non essere lasciati senza un tozzo di pane indurito.

Oh certo, avremo un vantaggio a pensarci bene, non terremo più di perdere linea, la tavola sarà sempre meno imbandita ed il salto del pasto diverrà addirittura uno sport olimpico a portata di tutti… pensate, non dovremo più nemmeno preoccuparci di quanti ci insultavano quando fumavamo in pubblico, scusate il francesismo, prossimamente fumeremo tutti, ma solo in inverno. E’ molto probabile che traslocheremo spesso, inseguendo il contratto a termine in voga a quel momento, ma ci costerà ben poco, poiché saremo proprietari di ben pochi oggetti, una buona carriola potrebbe bastarci per il trasporto. Cambiate le nostre “abitudini” che vi sarà anche una modifica lessicale, discutendo dei nostri modelli di vita si parlerà di “sistema di sopravvivenza”.

Mesi fa alcuni operai vennero manganellati mentre gridavano: “Un operaio, una famiglia”. La famiglia, quello status, più o meno felice, ove ognuno sa di avere un ruolo importante e primario anche se fuori dalle sue quattro mura viene solo considerato un numero, un rifiuto organico da “smaltire” e nulla più, la famiglia, quell’oasi sicura dove rifugiarsi alla fine di una giornata, un luogo dove cercare, se si riesce ancora, sentimento, emozione, vita.

La famiglia è stata da sempre vittima di questo sistema, ha ceduto dapprima quella allargata, che viveva dei propri prodotti e si faceva forza sui rapporti umani, dilaniata dal lavoro salariato in fabbrica, dall’incapacità dell’individuo di sopravvivere dopo il passaggio allo “stipendio”, quando fin poco prima viveva senza grande fatica in un sistema dove il denaro serviva solo a sovvenzionare l’autoproduzione o a supplire lo scambio ed il dono, quando l’umanità della collettività non riusciva a supportarlo. Oggi come allora la famiglia sta pagando, vittima della crescita e del progresso che vedono in essa un ostacolo all’individuo consumatore. La si uccide dal suo interno, provocandogli mancanza di lavoro o causandoglielo scarso e malpagato… attraverso la rabbia e lo stress si porta al suicidio qualunque legame possa avere il nostro individuo, fiaccandolo, lasciandolo solo, plasmabile ai meri interessi della macchina economica.

La società, nemmeno troppo tempo fa, si basava su valori tarati sulle qualità morali, oggi l’unica scala valoriale universalmente accettata è quella economica, si compara tra vincente e perdente, uomo di successo e anonimo, ricco e povero, chi lavora e chi è disoccupato.

Oggi tutti siamo vittime di un inasprimento di questo sistema, eppure raramente, a parte alcuni suicidi disperati e a qualche rivolta locale, non vediamo alcuna reazione a quanto succede… perché?

Immaginiamo che gli ultimi due premier “politici”, Berlusconi e Prodi, ci avessero mazzolato la metà di quanto sta facendo Monti; l’ometto di Arcore, nel 2001 rischiò una vera e propria insurrezione popolare, con gli scioperi generali, per aver ventilato una possibile soppressione dell’art.18 e il professore ci andò vicino a fine 2006, scatenando un'invasione di Roma, in risposta alla sua “morbida” finanziaria.

Oggi Monti ed il suo governo aumentano le tasse, assottigliano i diritti, ci lasciano in braghe di tela e non si notano poderose levate di scudi, perché?

Forse perché l’italiano, se non c’è nessuno che lo chiama a raccolta e lo accompagna in piazza, a protestare non ci va.

E come mai nessuno chiama a raccolta?

Il “Nostro”, evidentemente, si è coperto bene le spalle verso i soggetti che potevano ostacolarlo: Parlamento, sindacato, giornalisti, “intellettuali”, tuttologi vari e magari anche associazioni di consumatori.

Il silenzio dilaga assordante, salvo le azioni isolate di qualche minatore e di qualche No-Tav.

Intanto che ancora la hanno, gli italiani stanno ordinatamente in casa a farsi fregare, attendendo una chiamata che non udranno mai, ignari (o colpevolmente consapevoli) del fatto che la propria salvezza se la debbono congegnare da soli, autodeterminandosi, scegliendo tra il mettersi in gioco personalmente nello scenario politico partendo dal basso o l’invasione delle piazze, senza generali, ma con tanti forconi, senza che nessuno li porti là con l’autobus.

Io spesso e volentieri, nel mio piccolo, richiamo alla prima di queste ipotesi, lo faccio anche ora, ma ogni volta ricordo anche che il tempo scarseggia sempre più e prima o poi potrebbe succedere anche il peggio, con la convinzione personale che dalle rivoluzioni armate raramente si esce meglio di quando ci si è entrati, quindi cittadini, che ci stimassimo italiani, cisalpini, calabresi o metapontini vediamo di pararci il sedere tutti insieme, in questo frangente il nemico è uno solo.

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