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Il meraviglioso secolo asiatico di Khanna

Parag Khanna è uno stratega politico indiano e nel 2019 ha pubblicato un saggio superlativo: “Il secolo asiatico?” (Fazi editore, euro 25, 471 pagine effettive).

Da alcuni anni non esiste un paese egemone, ma ci sono alcune nazioni che possono condizionare i rapporti tra le nazioni vicine e quelle più lontane attraverso le armi della persuasione e le armi tradizionali (anche nucleari). In ogni caso i paesi asiatici si sono resi conto che “hanno molto più da imparare gli uni dagli altri che dai paesi occidentali” (p. 108). Naturalmente, “nonostante le loro differenze, gli asiatici hanno capito che la loro geografia condivisa è una realtà molto più permanente delle promesse inaffidabili degli Stati Uniti” (p. 38). Inoltre le sanzioni internazionali imposte dagli americani (e dagli alleati) alla Russia “hanno avuto l’effetto di spingere la Russia tra le braccia dei cinesi” e degli indiani (p. 122).

Nel maggio 2017 a Pechino si sono riuniti 68 paesi per il primo vertice della Belt and Road Initiative (BRI). I leader asiatici, europei e africani che rappresentano la metà del PIL mondiale hanno inaugurato le nuove Vie della Seta, “il progetto diplomatico più significativo del XXI secolo, l’equivalente di ciò che la creazione delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale e del Piano Marshall ha rappresentato per il XX secolo” (p. 16). La BRI è nata in Asia e sarà gestita da paesi asiatici. Inoltre “la Cina è diventata il più grosso investitore nella zona economica del Canale di Suez, a capo di un gruppo di investitori asiatici tra cui la Malesia e l’Indonesia, che vogliono utilizzarlo come testa di ponte per incrementare le loro vendite nel Mediterraneo” (p. 140).

Nel continente asiatico, allargato al Giappone e alla Nuova Zelanda, si è concentrata i “due terzi della crescita economica globale. Tra il 2015 e il 2030 si prevede che i consumi della classe media incrementeranno di 30.000 miliardi di dollari e si stima che il contributo delle odierne economie occidentali sarà di appena 1.000 miliardi” (p. 19). L’Asia rappresenta i due terzi della popolazione mondiale e quindi anche “la maggior parte degli eserciti più grandi del mondo. Ha dieci volte più abitanti dell’Europa e dodici volte più abitanti del Nord America” (p. 19).

L’Asia ha rafforzato il proprio sistema diplomatico e finanziario attraverso due istituzioni principali: l’Asian Investment Infrastructure Bank (con 90 paesi) e la Regional Comprehensive Economic Partnership, in pratica “la più grande area di libero scambio al mondo sia in termini di PIL, che di volume degli scambi” (p. 24). La Cina è diventata la prima economia del mondo considerando la parità del potere di acquisto (PPP). Però, nonostante gli enormi investimenti nelle infrastrutture e nei progetti umanitari asiatici, “la Cina è ben lontana dal conquistarsi la fiducia e la lealtà dei suoi vicini. Il concetto di “Asia a guida cinese” è inaccettabile per la maggior parte degli asiatici quanto lo è la nozione di “Occidente a guida statunitense” per gli europei” (p. 40).

Nel corso della storia le civiltà indù, buddhista, cinese, islamica, ortodossa e giapponese hanno spesso “intrattenuto rapporti stabili, improntati alla fluidità piuttosto che alla gerarchia… più il mondo diventa multipolare, più il futuro globale assomiglia al passato dell’Asia” (p. 35). Anche gli americani prima o poi capiranno che ogni grande nazione “detiene diversi tipi di potere, quantità di potere e aree geografiche di potere”. Potere militare, logistico, diplomatico, culturale, economico, finanziario, scientifico, geografico, navale, universitario, eccetera.

Forse gli asiatici “non sono in cerca di conquista, ma di rispetto. Un certo grado di rispetto per gli interessi degli altri paesi è più che sufficiente” (p. 30). Ma i cinesi vanno osservati con molta attenzione. Khanna è il nipote di un diplomatico e forse tende ad essere troppo ottimista anche se non esclude eventuali conflitti. Comunque lo studioso indiano ha ragione da vendere nel sottolineare i vantaggi del sistema diplomatico asiatico nato dal basso, che valorizza la reciproca minimizzazione dei rischi tra un numero sempre maggiore di coppie di paesi asiatici (p. 29). Questo sistema in teoria dovrebbe evitare l’allargamento di eventuali contrasti e conflitti tra nazioni appartenenti a diverse civiltà. Ma la nascita di una vera Unione Asiatica sarà molto improbabile. 

Difficilmente gli Stati Uniti entreranno in conflitto con la Cina, e probabilmente un nuovo conflitto tra le principali superpotenze nucleari rimarrà confinato a livello cibernetico e mediatico, oppure con un attacco dimostrativo in una zona desertica o quasi disabitata di una nazione avversaria. Oltretutto “mentre Israele un tempo cercava di separarsi dal mondo arabo e di autoproclamarsi avamposto dell’Europa nella regione, oggi il paese sta diventando sempre più parte del sistema asiatico” (p. 141). In pratica si sta relazionando e alleando con i paesi arabi a maggioranza sunnita.

Comunque “nei dintorni di Londra e di Washington permangono ancora delle sacche di ignoranza altezzosa che persistono nella convinzione che l’Asia si disgregherà sotto il peso del rallentamento dell’economia cinese e delle rivalità nazionalistiche” (p. 41). Del resto “oggi gli occidentali preferiscono il motto “ordine globale basato sulle regole”, mentre gli asiatici prediligono l’espressione cinese “comunità di destino comune”. Domani ci renderemo conto che sono due facce della stessa medaglia e che dobbiamo scrivere insieme sia le regole che il nostro destino comune” (p. 471). Tutti i paesi dovranno investire molte più risorse nelle loro sedi diplomatiche.

In conclusione non esiste solo la concorrenza multipolare: “gli Stati Uniti e l’Europa stanno raccogliendo i frutti dell’afflusso di investimenti e di talenti asiatici” (p. 470). Gli scambi reciprocamente vantaggiosi sono il cuore della vera economia e del sistema finanziario globale.

 

Parag Khanna è uno stratega geopolitico nato in India nel 1977 che collabora con la CNN. Per approfondimenti: https://twitter.com/paragkhanna. Per visionare alcuni video recenti (2019: www.youtube.com/watch?v=UFSM8tdp0L4; www.youtube.com/watch?v=R_jYmvsuZfE. La rete internazionale che ha aiutato Khanna con innumerevoli informazioni e ricerche è davvero incredibile. I principali collaboratori italiani sono stati Irene Tinagli, Francesco Silvestri, Carlotta Clivio, Marta Poletti, Francesco Mancini, Giovanni Andornino (www.tochina.it, www.twai.it).

Nota economica – L’India ospita il più grande acceleratore di start up al mondo con 1.200 imprese: www.deshpandefoundationindia.org. La Russia e la Cina stanno integrando la Via della Seta (BRI) e l’Unione Economica Euroasiatica (UEE) russa “per garantire un commercio fluido in tutta l’area dell’ex Unione Sovietica” (p. 120). La Cina non è mai stata una vera potenza coloniale, ma è molto interessata alle risorse e ai mercati esteri (p. 39). Questo genere di invadenza ha spinto molte nazioni a respingere e a rinegoziare i progetti e i debiti fatti con i cinesi (p. 41). “In Indonesia e Vietnam i lavoratori guadagnano meno di dieci dollari al giorno” e in Cina quasi 30 (p. 214). Per maggiori informazioni sulle relazioni internazionali della Cina: www.twai.it/journals/orizzonte-cina.

Nota militare – Le principali potenze nucleari sono alcuni paesi europei, tramite la NATO e Francia, Regno Unito, Russia, India, Cina, Stati Uniti, Pakistan e Israele (arsenale non dichiarato). Gli Stati Uniti hanno un ruolo egemone “nell’Asia marittima, ma non sono una potenza asiatica” (p. 38). I cervelli americani pensano alla finanza e i migliori cervelli stranieri pensano alla conoscenza. Oltretutto gli americani vogliono rincarare le spese della loro occupazione militare in vari paesi (anche europei). Khanna potrebbe avere ragione a breve e a medio termine sull’unità dell’Asia, ma prima o poi scoppierà almeno una bomba demografica o religiosa più o meno sanguinosa. Oppure succederà qualcosa a medio termine: “diverse città cinesi esauriranno l’acqua pulita entro il 2020”, e la Cina, dopo aver deviato un fiume in Tibet e aver costruito le dighe sul fiume Mekong deciderà di deviare i “potenti fiumi della Russia verso le città e i terreni agricoli della Cina” (p. 252). A quel punto scoppierà la Prima Grande Guerra Asiatica e i cinesi verranno puniti per i loro eccessi.

Nota ottimistica – Di guerre nazionali e internazionali e di funerali ce ne sono stati già abbastanza. In teoria gli umani hanno imparato una lezione fondamentale: non serve a niente farsi molto male. E “nella lotta per la sopravvivenza e il potere… ciò che gli altri pensano di noi è tanto quanto ciò che siamo realmente” (Hans Morghentau, politologo realista statunitense, 1948, p. 73). La filosofia orientale è più basata sull’interdipendenza e sulla comunità, mentre quella occidentale preferisce concentrarsi sulla singola persona e tende a sottolineare le differenze tra le cose e i vari sistemi. La Cina dopo aver imperversato con l’arma monetaria e finanziaria, ha impugnato l’arma mediatica: “Pechino compra e finanzia quotidiani e tv all’estero, e forma schiere di giornalisti stranieri per raccontare bene la Cina” (Internazionale, settimana dal 22 al 28 marzo 2019).

Nota culturale – Cos’è l’Asia? “L’Asia è così grande e complessa che mi sento come se mi stessi muovendo attraverso un vasto mosaico di micro mondi, liberamente intrecciati da forze al di là della mia comprensione” (Paul Salopek, esploratore, premio Pulitzer, p. 20). L’Asia è una macroregione che va dal Mar Rosso al Mar del Giappone. Quasi tutti i russi e gli australiani possono essere considerati degli asiatici bianchi. Comunque l’Italia potrebbe facilitare gli scambi culturali con la Russia attraverso la concessione di permessi di soggiorno più lunghi, o con la totale apertura delle frontiere, per integrare meglio i russi in Europa prima che possano diventare un po’ troppo asiatici. Circa l’80 per cento dei russi abita nel 20 per cento del territorio europeo a ovest degli Urali. In Europa sono troppo lenti per capire e per attuare certe cose. Molte risorse sono limitate, ma lo scambio delle conoscenza scientifiche arricchisce tutti e risulta produttivo per tutte le culture e tutte le nazioni. I russi che non ottengono un visto in Europa vanno a spendere in Asia. L’America si è decentrata a causa delle cattive strategie politiche e militari, e la Cina, “che confina con più Stati di qualunque altro paese del mondo”, ha la strada spianata per pilotare l’economia.

Nota finale – I negoziatori del controllo degli armamenti utilizzano la tattica della “graduale reciprocità nella riduzione della tensione”, che consiste nel “fare una piccola concessione unilaterale con l’invito a ricambiarla” (Steven Pinker, Illuminismo adesso, 2018, p. 395). I russi sono abbastanza bravi nel tessere le loro reti diplomatiche e hanno fondato il Valdai Discussion Group, che ha organizzato il suo primo forum internazionale a Teheran (Iran), nell’aprile 2018. “Il mese successivo, l’Iran è stato ammesso nell’Unione Economica Euroasiatica” russa (p. 123). Il fondatore cinese di Alibaba ha deciso di aprire uno dei sette nuovi laboratori di ricerca a Mosca (p. 121). Per approfondire un evento strategico: http://valdaiclub.com/events/own/russian-indian-conference (martedì 9 aprile, Mosca).

Foto: Ted Conference/Flickr

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