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Il giovane favoloso

Questo film forse non porterà vere e proprie torme di studenti al cinema per conoscere Leopardi, uno spettacolo di Benigni potrebbe risultare più acconcio per avvicinar loro un grande della nostra letteratura e renderlo piacevole fuori dai “barbosi” banchi di scuola, ma Martone ha nei suoi film la virtù di rigorose indagini storiche e uno dei suoi meriti ne Il giovane favoloso è quello di presentare Leopardi come essere umano ancor prima che come poeta. E’ come se gli si fosse seduto accanto a studiare, similmente al fratello minore e all’amatissima sorella Paolina, sua speciale consigliere e supporter, e avesse parlato con lui, ritraendone momenti della fanciullezza e della gioventù passata in casa nella ricchissima biblioteca di famiglia.
 
Scriveva all’amico letterato Pietro Giordani, che scoprì e apprezzò tra i primi i suoi scritti: "Trovo felicità nello studio. Soffrirei indicibilmente se non lo facessi. E’ il mio unico divertimento". Eppure ad esso fu costretto ancora bambino insieme ai fratelli dal padre, il conte Monaldo. Se questi era severo, benché avesse già intuito il valore del figlio e lo sostenesse negli studi, la mamma lo era ancora di più, con in aggiunta le “catene” dei valori religiosi, i sacramenti e la cristiana rassegnazione. Giacomo non veniva lasciato uscire solo, era quasi sempre accompagnato dal fratello o da altro personale, ciò apparteneva all’etichetta dei Conti ma lui era anche il primogenito gracile. Nel povero centro di Recanati la sua famiglia si distingueva, oltreché per i libri, le carrozze e i cavalli, anche per gli abiti che, ai primi dell’800 e in varie epoche del passato, erano indicativi del grado sociale.

Leopardi è nel film prima bambino dedìto ai giochi coi fratelli e poi giovane adolescente. Ha come dirimpettaia una bellissima ragazza che morirà presto e con la quale parrebbe aver potuto intessere una relazione, forse fu lei a ispirare la sua musa Silvia, che si dice essere la figlia del cocchiere di casa Leopardi. L’adolescente è pervaso dai venti di rinnovamento che provengono dall’Europa - "Odio questa vile prudenza",  dirà coraggiosamente davanti a suo padre - ma soprattutto dal desiderio di tutti gli adolescenti di affrancarsi dal giogo dei genitori, andarsene, scoprire il mondo o almeno l’Italia, relazionarsi a chi condivideva i suoi interessi. Le città in cui risiederà per un tempo, mostrate nel film, sono prima Bologna poi Roma e infine Napoli, dove vivrà con l’amico Antonio Ranieri.

La natura deve essergli sembrata benevola se egli la interrogava sui destini dell’uomo e il senso del nascere e della vita, come fa parlando alla luna che osserva il vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo o l’ermo colle che gli fu sempre caro. Ma furono le sue condizioni fisiche e l’immensa malinconia che lo accompagnarono a fargli definire la vita umana infelice e la natura matrignaIo non ho bisogno di stima, di gloria o di altre cose simili. Io ho bisogno di amore, di entusiasmo, di fuoco di vita. Sperando e sognando la felicità, l’ha cantata come nessun comune mortale meglio avrebbe potuto fare. Lui che non possedette il bello della vita, lo descrisse come solo chi lo apprezza sa fare (la gioventù del loco lascia le case e per le vie si spande, e mira ed è mirata e in cor s’allegra).

Martone ha inquadrature accurate e lente. Ha chiamato Elio Germano a impersonare Leopardi: l’attore recita in modo eccellente la sua parte, ma il suo viso appare scanzonato, disilluso, spesso ironico pure di fronte alle negazioni subite o a possibili gelosie, ad esempio il bacio mai avuto e solo immaginato di una donna, amante dell’amico Ranieri. Se i nostri giovani li imitassero, viene detto nel film parlando dei letterati: se i nostri ragazzi lo volessero conoscere, saprebbero il valore di molte cose che hanno e danno per scontate. Piccolissima riflessione: vivere appena 39 anni – è successo a molti altri geni delle arti in genere o persone utili all’umanità – ed essere ricordati per l’eternità.

 

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