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Il fallimento della politica dello Smartphone e del tweet

Sono tutti bardati di iPhone e iPad di ogni tipo, non ce ne è uno che usi un Nokia o un Motorola, o un più obamiano Blackberry. Basta gettare un occhio alle sedute del parlamento o alle conferenze stampa per accorgersi che il miglior amico del politico italiano è lo Smartphone o il Tablet targato Apple. Un po’ perché è uno status symbol, un po’ perché è la moda del momento, un po’ perché è l’articolo più caro e più cool sulla piazza, fatto sta che la tipologia dell’eletto contemporaneo non può più fare a meno degli smartphone e soprattutto dei social network che essi possono veicolare in maniera immediata. Giorno dopo giorno le piatte scatolette, con angoli smussati ideate da Steve Jobs stanno sostituendo nell’immaginario collettivo la figura del politico classico che si presenta ad ogni appuntamento con la pila di quotidiani sotto al braccio. 

La praticità è indubbia, e come potrebbero coloro che dovrebbero governare i fenomeni sociali ad non essere al passo con i tempi? Certo è che la politica dello Smartphone non ha rivoluzionato soltanto la superficie della politica ma ne ha cambiato anche gli usi stravolgendone i mezzi e gli strumenti ma soprattutto i linguaggi a scapito (il più delle volte) dei contenuti.

Un tempo i partiti e soprattutto le idee politiche si confrontavano (spesso si scornavano) nelle piazze, nelle sedi dei movimenti o nei momenti salienti in Parlamento, adesso è tutto un fiorire di tweet o di post. Casini ha twittato per Monti, Maroni ha scritto sul suo profilo un affondo contro il Premier, Alfano ha ringraziato il suo Presidente con un post. Berlusconi ha due milioni di amici, Grillo ha una migliaio di seguaci falsi, è questo che conta e che si sente sempre più spesso. Il deputato o il senatore X di qualsiasi orientamento si sta però via via smaterializzando, a forza di cibarsi di internet e social network. Da interpreti dei bisogni reali delle persone, i politici italiani (ma il fenomeno è europeo è più in generale occidentale) sono diventati i decodificatori degli umori dei propri followers. Sicuramente l’apripista di questa tendenza è stato Obama. Così i nostri eletti come tanti piccoli Obama si sono messi in fila indiana sulle orme del presidente americano con la speranza di accrescere il proprio consenso ed il numero dei propri simpatizzanti, non avendo però la maestria e la professionalità nel maneggiare gli strumenti che la rete mette a disposizione.

Peccato infatti che il mezzo (Twitter e Facebook su tutti) ha preso il sopravvento sul contenuto. Questioni complesse che meriterebbero lunghe discussioni vengono trattare in un tweet e lo spazio di una battitura lanciata nel flusso continuo del web, sostituisce l’approfondimento che sarebbe necessario. La stampa ha preso l’abitudine di fare interi articoli sui post dei politici o di fare i resoconti dei tweet, interpretando non il pensiero di un ragionamento ma di frasi estemporanee. Ecco così che nella smania di comunicare ed esternare si perde il senso del filo logico che accompagna o dovrebbe sostenere il dibattito pubblico.

Facciamo un esempio: la legge elettorale. Un segretario di partito comunica che sostiene le preferenze, l’altro ribadisce in tempo reale che le preferenze portano corruzione, un altro ancora dice che per il proporzionale, il quarto afferma che bisogna avere il maggioritario uninominale, uno chiede il doppio turno alla francese, l’altro il tedesco, poi arriva lo spagnolo ed il neozelandese. Ognuno si sente in dovere di esternare e dire la propria, peccato però che il cosiddetto Porcellum che nessuno vuole e su cui tutti parlano rimane lì dove è mentre il numero di tweet e dei post aumentano di giorno in giorno. A primo acchito non sembra esistere più una posizione concordata di partito, di schieramento, o di coalizione, che in una certa misura porterebbe chiarezza e pragmatismo, è tutto un cinguettare di singoli, con l’intento di trovare la miglior frase ad effetto che attiri l’attenzione dei media e degli elettori “amici”.

Certo gli Smartphone che ci tengono agganciati sempre alle piattaforme web hanno allargato le possibilità di creare iniziative di aggregazione, sicuramente però la vanità diffusa e la possibilità di lanciare messaggi istantanei per politici che invece dei prossimi 5 minuti dovrebbe occuparsi dei prossimi 10 anni hanno creato un mix micidiale colmo di banalità, e pensare che Smartphone significa telefono intelligente. Che credibilità può avere un leader che invece di articolare un pensiero, cinguetta? Basta guardarsi intorno per avere una risposta.

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