Il caso italiano dello ius soli
Nel bene o nel male, il governo ha preso per i fondelli gli italiani con una sceneggiata politica ed ha ridotto la democrazia nell’alveo del parlamentarismo bieco e bigotto, della farsa e del panegirico linguistico. Si può non delinquere nei fatti, ma lo si può comunque quando si usano i toni ed un lunguaggio propensi alla distruzione del senso civico.

Il governo ha solo sondato il terreno, per vedere come avrebbe reagito la nazione. Sull’onda della campagna elettorale, ora ogni partito si prepara alla resa dei conti del 4 marzo 2018. Colgo un notevole senso di ridicolo nel leggere le critiche ai partiti di governo mosse da parte dei loro stessi militanti, a volte mediocri e passivi, stritolati dalle promesse inconcludenti dei loro compagni e dirigenti di cordata, che hanno dibattuto la questione dello ius soli con argomentazioni capziose, favorendo il compiersi di una dinamica mentale gretta ed istintiva, per mezzo della quale la maggioranza di governo ha contribuito a far risorgere con forza la pratica fascista, sotto la veste del pensiero neo liberale, del conflitto tra i poveri e del razzismo come strumento di mantenimento dell’integrità della razza e delle sue origini. In definitiva, ha stimolato la lotta all’insegna del concetto più retrogrado di “nazionalismo”, col quale si è acuito il conflitto tra popoli.
In gran parte d’italia si avverte oramai, come compiuta, l’opera della disgregazione sociale e della confusione intellettuale intorno al tema degli stranieri in Italia, a vantaggio del loro isolamento e dell’emarginazione. Il governo italiano ha scelto questa strada, seppur in agonia, nell’interesse della propria salvezza e di tutte le organizzazioni governative e non, ma ben contigue al sistema, ad eccezione di quelle invece non allineate marginalizzandole sul piano degli aiuti umanitari concreti e fattivi.
La questione dello ius soli è stata partorita scientificamente nel dato momento storico attuale con lo scopo di distrarre gli italiani dalla più intensa e feroce dinamica dei rapporti di forza nel mondo, dal lavoro, alla tutela della salute, dell’integrità del territorio e di altro ancora. Ed è questo il segno colpito: il gioco del “dagli al negro” serve a fare defluire, in sostanza, ogni forma di resistenza dal trend dello sfruttamento del lavoro e della forza lavoro, a fare abortire l’incipiente conflitto di classe, del quale invece il nostro tempo chiede a gran voce il nascere, affinché questo conflitto sia di nuovo il terreno della lotta sotto l’egida del nazionalismo progredito e dell’integrazione metodica. L’UE economica e finanziaria vuole tutto questo, per accrescere il controllo sugli stati membri ed affievolirne la sovranità politica, economica e culturale. L’autodeterminazione è un concetto ormai desueto nel linguaggio politico della democrazia ed osteggiato dal sistema liberale e liberista.
A tal proposito è stato ben detto da alcuni, che sta mietendo più vittime la diretta europea Bolkestein, che non lo stesso vento di razzismo soffiato dai governi della globalizzazione. Il razionalismo politico, finanziario e tecnologico ha definito le linee del del sopravvento degli interessi di pochi sui bisogni dei molti, dei poveri e del nuovo ceto medio. Una forma di controllo nello specifico chiamata biopolitica, strumento unto dall’etica conservatrice e che spesso tocca punte di massimo accanimento nel tentativo di restaurare la dittatura sotto la forma del revisionismo ideologico e culturale.
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