Il caminetto e la Giorgia fumante
La premier italiana strepita contro i caminetti e la conventio ad excludendum a danno dell'Italia o meglio dei suo governo pro tempore, con argomenti assai poco politici e abitualmente vittimistici

All’approssimarsi del Consiglio europeo che deciderà i cosiddetti top job dell’Unione, la premier Giorgia Meloni informa, come da prassi, il parlamento sulla posizione italiana. La sintesi è che il presidente del consiglio si agita come una forsennata perché ha un disperato bisogno di accettazione e cooptazione in sede europea ma, in questa sua agitazione, si rende protagonista di alcuni svarioni e dimostra di avere scarsa comprensione non tanto per i meccanismi di funzionamento della Ue quanto per quelli alla base della formazione di maggioranze. E dire che fa politica da sempre.
ABBIAMO VINTO, FATECI SPAZIO
Il casus belli è la decisione dei capi di stato e di governo rappresentativi delle forze di teorica maggioranza (quella cosiddetta “Ursula”, cioè popolari, socialisti e liberali) di chiudersi in una stanza o in una videoconferenza, e stabilire gli incarichi. Meloni ribatte che le elezioni europee sono andate in ben altro modo e che l’Italia deve essere considerata e, per certi aspetti, cooptata nella maggioranza. Anche se poi non lo si potrebbe dire e manifestare esplicitamente, altrimenti sarebbero problemi anche interni al gruppo ECR, presieduto da Meloni, di cui alcuni membri con Ursula von der Leyen non vogliono avere nulla a che spartire. Ad ennesima riprova che i contenitori ideologici, in Europa, sono ancora più evanescenti che nei singoli stati.
L’inizio della comunicazione è lievemente impreciso:
Il livello di attenzione e di gradimento tra i cittadini europei per le istituzioni comunitarie è sempre più basso. Il gradimento è oggi intorno al 45%, un dato sensibilmente più basso di quello che si registrava qualche decennio fa, mentre la disaffezione si è plasticamente materializzata anche con un astensionismo in costante crescita. Lo abbiamo visto in Italia, dove è andato a votare il 48,3% degli aventi diritto, con una diminuzione di oltre 6 punti rispetto alle europee di cinque anni fa, del 2019, il dato più basso di sempre e con una partecipazione che per la prima volta scivola sotto il 50%. Ma è un fenomeno che ha attraversato molte Nazioni in tutto il Continente, e che non può lasciarci indifferenti.
A dirla tutta:

Meloni prosegue: la Ue è autoreferenziale, burocratica, la sua quota del Pil mondiale è in costante calo. Un gigante burocratico che fa scelte ideologiche. Qui Meloni pare ignorare che le “scelte” della Ue sono le scelte di 27 paesi, a maggioranza e per faticosi compromessi. Argomentare in questo modo sembra suggerire che Meloni creda che il problema di tutto sia la Commissione, che vive di prevaricante vita propria. Ehm, no, e men che mai con questa Commissione, direi. Alla fine, è il Consiglio dove si forma la direzione, secondo la famigerata (per alcuni) logica intergovernativa.
FARE MENO MA CON PIÙ SOLDI ALL’ITALIA
E quindi, come cambiare la Ue?
Personalmente continuo a ritenere che la risposta a questo declino stia nella necessità di fare meno e di farlo meglio. Concentrarsi su poche, grandi materie, quelle cioè sulle quali gli Stati nazionali non sono in grado di competere da soli, e lasciar invece decidere agli Stati nazionali ciò che non ha bisogno di essere centralizzato.
Questo è l ‘equivoco di base, di cui ho scritto qui: provate ad assegnare alla Commissione poteri esclusivi e predominanti su quelli dei singoli paesi su Difesa, sicurezza ed esteri, o anche sulla stessa energia, ad esempio sul mix energetico dei paesi: vedrete quanti minuti durerà. Varrebbe anche per Meloni, se si trovasse di fronte una Commissione che decide su immigrazione in modalità “e più non dimandate“.
Peraltro, fare meno e fare meglio ma contemporaneamente aumentare il bilancio comunitario e fare o lasciar fare più deficit all’Italia. Siamo sovrani, non intromettetevi ma sussidiateci. Meloni prosegue chiedendo alla Ue meno burocrazia, come starebbe facendo il suo governo al grido “non disturbare chi vuole fare”. E vabbè, basta crederlo. Ma ecco l’idea:
Penso che il nuovo presidente della Commissione Europea dovrebbe immaginare una delega specifica alla sburocratizzazione, dando così un segnale immediato del cambio di linea che intende imprimere.
A essere maliziosi, si potrebbe ipotizzare che questo è il suggerimento a Von Der Leyen per iniziare a rasserenare l’Italia: un bel commissario alla sburocratizzazione, alla Calderoli quando bruciava col lanciafiamme leggi disapplicate da decenni ma mai formalmente abrogate.
La Ue deve combattere lo schiavismo e l’immigrazione gestita dalle mafie, prosegue Meloni. Ottima idea, e magari “per tutto il globo terracqueo”. Oppure prendendo spunto e indirizzando grandi fondi al leggendario Piano Mattei, con cui l’Italia sta cambiando l’Africa, anche se in Africa da Tunisi in giù, nessuno al momento se ne è accorto, impegnati come sono nelle aree subsahariane a dare le chiavi di casa alla Russia, ma transeat.
Sempre della serie “date li sordi ai progetti italiani”, Meloni ricorda l’altro Sarchiapone della sua politica, dopo il Piano Mattei: quello dell’Italia hub energetico del Mediterraneo. Utile che arrivino soldi europei soprattutto per evitare che Eni immobilizzi capitale in iniziative che potrebbero finire su un binario morto. Ma è tutt’altro che certo che così andrà.
OLIGARCHIA, PORTALA VIA
Poi, Meloni arriva alla critica serrata della “logica del caminetto” e delle “oligarchie”, nel senso che
Se c’è un dato indiscutibile che è emerso da questa tornata elettorale è la bocciatura delle politiche portate avanti dalle forze di governo in molte delle grandi Nazioni europee, che sono anche, molto spesso, le forze che hanno impresso le politiche dell’Unione di questi anni.
Questo giudizio negativo emerge dal peso dei seggi ottenuti dai partiti di governo sul totale degli eletti: in Francia le forze di governo hanno eletto soltanto il 16% dei parlamentari europei spettanti a quella Nazione, in Germania il 32%, in Spagna il 34%. Solo l’Italia, tra le grandi Nazioni europee, ha un dato positivo con quasi il 53% degli eletti che è espressione delle forze di governo.
Se il popolo ha sempre ragione, e il popolo ha dato la maggioranza a tre raggruppamenti, che sono quelli che hanno sorretto la Commissione uscente, non è chiaro di quale “oligarchia” Meloni parli. Forse, come avrebbe detto il grande Vujadin Boskov, “oligarchia è quando non c’è Italia”, ma credo che le cose non funzionino così. O forse Meloni ha scoperto la derivata seconda elettorale, quella che impone di fare spazio a chi ha aumentato i voti, anche se non è parte di una coalizione maggioritaria. Non sono certo che questo modo di argomentare abbia una radice politica.
Poi Meloni rivendica che, in passato,
[…] gli incarichi apicali, Presidente del Consiglio, della Commissione, del Parlamento, più Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sono stati normalmente affidati tenendo in considerazione i gruppi con la dimensione maggiore – e quindi tenendo in considerazione il responso elettorale – indipendentemente da possibili logiche di maggioranza o opposizione. Perché la logica della maggioranza e dell’opposizione si materializza nel parlamento, con maggioranze che, tra l’altro, cambiano da dossier a dossier data la complessità del quadro europeo.
Qui Meloni intende che, visto che il gruppo ECR ha superato i liberali imbarcando alcuni personaggi da bar di guerre stellari, allora al gruppo ECR deve andare uno degli incarichi apicali. E, poiché ECR è guidato dagli italiani, unite voi i puntini. Un peccato che questa logica dimensionale nell’assegnazione dei top job non sia sempre valsa, in passato:

Ma, a parte ciò, se politicamente esiste un accordo tra gruppi di maggioranza uscente, invocare una malferma aritmetica serve davvero a poco se non a evidenziare la montante frustrazione per una sceneggiatura di pura fantasia. Meloni ha comunque ragione: la logica di maggioranza e opposizione si materializza nel parlamento. Pertanto, nulla osta a che la sua grande abilità di persuasione possa dispiegarsi nei prossimi dossier, sovvertendo le maggioranze iniziali. Daje.
Meloni contesta inoltre la […] logica dei caminetti nei quali alcuni pretendono di decidere per tutti, sia per quelli che sono della parte politica avversa, sia per quelli di Nazioni considerate troppo piccole per essere degne di sedersi ai tavoli che contano. Una sorta di “conventio ad excludendum” in salsa europea, che a nome del Governo italiano ho apertamente contestato e che non intendo accettare.
In effetti, Estonia e Portogallo, che avranno la rappresentante della politica estera (si fa per dire) e la presidenza del Consiglio sono grandi paesi.
Ma, dopo tutto, Meloni ha ragione: basta con questi veti, anche se provengono dalla maggioranza assoluta dei gruppi del nuovo parlamento europeo e dei rispettivi governi. La verità è che qui si ostacola sempre l’Italia, esattamente come già accaduto per mano di tutti i paesi che hanno approvato la riforma del MES:

FATECE LARGO CHE PASSAMO NOI
In sintesi, quindi: Meloni va a ripetere il programma elettorale di Fratelli d’Italia, annaffiandolo dell’abituale vittimismo e rivendicazioni aritmetiche e pressoché anti-politiche. Probabilmente, per calcolo di Von der Leyen, otterrà qualche posizione di peso, anche se per quelle concorriamo con la Francia, quindi non sarà semplicissimo.
Leggo persino di richiesta italiana del commissario alla concorrenza, il successore di Margrethe Vestager. Che non sarebbe male, per un paese da sempre (ben prima di Meloni) all’avanguardia nella promozione della competizione, il cui governo pro tempore sta tentando una difficilissima operazione di liberalizzazione facendo scudo col proprio corpo (e le tasse degli italiani, quando arriveranno le sanzioni) ai balneari, gli Steve Jobs d’Italia, contro le forze della conservazione. Ah no, aspetta.
È tutto un fatece largo che passamo noi, in pratica. Ma Meloni ha di fronte a sé una sontuosa scorciatoia: porti il suo partito nel PPE, e vedrà che diventerà tutto più semplice, e il caminetto riscalderà anche lei. Questa è una battuta di fantapolitica, ma mai dire mai.

Photo by governo.it – Immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT
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