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Il Potere della delega/deroga e il popolo drogato

Il dietro le quinte della gestione totalitaria del territorio.

Il Potere della delega/deroga e il popolo drogato

La microfisica del potere contemporaneo è fatta di piccolezze, di dettagli, di apparenze e stigmatizzazioni. Essa sfrutta la società per quello che è. Un aggregato di individui-atomo, che non si sentono toccati da nulla, se non nelle cosiddette emergenze. E allora il potere si adagia sulle persone. Non è la gente a scegliere e a interrogare quotidianamente il potere su ciò che fa, su come agisce. No. È l’esatto contrario.
 
L’efficacia del potere “democratico” contemporaneo sta nel rendere inefficaci le proteste di quelle poche persone capaci di interrogare la realtà grazie al proprio pensiero pulito e alla propria anima non in metastasi. Il trionfo del marketing e della politica-gossip è il motore del pensiero unico. La vita diventa un prodotto da vendere. Si vendono corpi, pensieri, idee, ideali, territori, riserve protette. Via tutto. Dentro la tranquillità di avviarsi lentamente alla morte. In apparenza.
 
La routine è lo scintillio delle luci al centro di una città in decadenza, mentre tutto attorno la cancrena divora anime e territori. La meccanica di questo gioco di potere ha la superficie in vetro. Suddividiamo uno Stato in Regioni, le Regioni in Comuni, e poi creiamo assessorati, consiglieri, dipartimenti per la protezione di questo e quello, ecc ecc. Esportare il potere chilometro per chilometro. Ogni porzione avrà il suo barone di riferimento. Il suo giullare, il suo portaborse. Li facciamo stare tranquilli. Credete alla figura che sta in alto e starete tranquilli. Esportate il vostro credo in cambio del posto di lavoro. Ne ricaverete una magica piccola quotidianità.
Le urne sono la scatola dei sogni. Riponete dentro la grandezza di una casettina in periferia, di una delega in bianco della gestione delle vostre vite. E se qualcuno non è d’accordo? E se qualcuno capisce che dentro le urne c’è solo una macchina che si alimenta delle deleghe in bianco dei cittadini inermi a cui dare in pasto una vita tranquilla (apparentemente)? Niente paura. Creeremo le emergenze. Quel sovrappiù di potere, quella bacchetta da rabdomante capace di muovere le folle meglio di Hitler e Stalin messi assieme.
 
Dentro le emergenze c’è l’oltre-totalitarismo. La delega più la deroga. Via il patto sociale, via la legge che tiene ancorata la fiducia dei cittadini alle istituzioni. Via il dialogo, via la democrazia. Dentro la paura. L’insicurezza. La dose quotidiana di angoscia. Il popolo drogato dall’emergenza. E ripiegato sempre più in se stesso. Grazie all’emergenza, la politica è morta. Ha aperto il sedere al soldo che gira. E dove scorre denaro vige la legge della cecità. Potrete portare la monnezza sotto casa. Potrete costruire case con la sabbia al posto del cemento. Potrete bucare le montagne per far passare treni chic. Potrete cementificare le foci dei fiumi per costruirvi centri commerciali. Alle persone non importerà più di nulla. Basta che le diate un posto. Un ruolo. Una quotidianità con cui aspettare la morte. Il potere contemporaneo è questo. E chi si ribella è il folle, il camorrista, il disadattato, il no-global. Per lui rimarrà solo la dolcezza di un manganello in faccia. In questa poltiglia creata ad arte per restringere le vie del dissenso, sarà la purezza degli anormali a salvarci?

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