• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il PD si scopre giustizialista: dal "processo breve" al (...)

Il PD si scopre giustizialista: dal "processo breve" al "processo immediato"

Il PD si scopre giustizialista: dal "processo breve" al "processo immediato"

Per alcuni rappresenta l’extrema ratio necessaria per colpire l’annoso problema tutto italiano della drammatica durata dei processi penali, per altri si tratta di una pericolosa mannaia in grado di annientare, con una montagna di archiviazioni immediate, centinaia e centinaia di procedimenti in corso.

Da qualunque ottica la si voglia guardare, la proposta di legge sul "processo breve", costruita attorno alla drastica riduzione dei termini di prescrizione per tutti i processi penali, si avvia a passo spedito verso una seconda approvazione parlamentare (dopo quella al Senato del 20 gennaio scorso), che dovrebbe arrivare non più tardi della prima metà di aprile.

La celerità con la quale le due aule della rappresentanza popolare si sono apprestate finora a discutere il provvedimento ideato dall’onorevole Maurizio Gasparri costituisce un fatto del tutto inedito; non è frequente, difatti, incontrare proposte di iniziativa parlamentare approvate in Senato dopo neanche 2 mesi di dibattito parlamentare.

La spada di Damocle dei processi penali a carico del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a cominciare dal determinante "caso Mills", che sembra gravare pericolosamente sugli articoli e i commi di questo provvedimento estremamente provvidenziale per il premier, ne costituisce una valida spiegazione.

I tentativi da parte di una grossa fetta del Partito Democratico di aprire un profondo dialogo su leggi esclusivamente ad personam come "legittimo impedimento" e "Lodo Alfano costituzionale" in cambio del ritiro di un provvedimento che finirebbe per coinvolgere l’intera popolazione non ha dato i frutti sperati.

Il gioco a rialzo dell’intera maggioranza nella strenua difesa degli interessi di un singolo resta improntata ancora oggi su più binari paralleli. Tutti percorsi alla medesima "velocità folle".

Eppure, la partita politica del dialogo e dei baratti istituzionali, quell’abitudine tipica italiana dello scambio delle carte tra avversari per vincere entrambi le sfide di proprio interesse (l’immunità da una parte, le riforme istituzionali dall’altra), oggi trova un ostacolo che non si chiama Antonio Di Pietro.

A remare contro le possibilità di una convergenza e a sbattere le porte in faccia ai provvedimenti berlusconiani sulla giustizia è lo stesso Partito Democratico.

Con una proposta di legge presentata alla Camera il 20 gennaio scorso da un nutrito gruppo di deputati democratici (dal primo firmatario Ricardo Levi alla Presidentessa PD Rosy Bindi, dalla recentissima vittima della censura RAI Giovanni Bachelet all’ex Presidente RAI Roberto Zaccaria ed altri ancora), accompagnati dal promotore di Alleanza per l’Italia Bruno Tabacci, una grossa fetta democratica dà il suo schiaffo morale ai colleghi "dialoghisti".

Il provvedimento prende in prestito l’esigenza rilanciata a più riprese dal premier di "poter governare senza essere interrotto in eterno da procedimenti giudiziari interminabili", per fornire però una soluzione del tutto inaspettata e diametralmente opposta a quella espressa dal Popolo della Libertà.

Il primo articolo, nucleo dell’intera proposta di legge, recita quanto segue:
"Al fine di garantire il libero e ordinato esercizio delle prerogative e delle competenze connesse all’esercizio del mandato parlamentare, ai sensi degli articoli 67 e 68 della Costituzione, la presente legge riconosce priorità assoluta ai procedimenti penali a carico di membri del Parlamento, in sede di formazione dei ruoli di udienza e di trattazione dei processi".

Sarebbe sufficiente una legge simile per consentire al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e ai tanti altri rinviati a giudizio che popolano le aule della rappresentanza parlamentare, di essere sottoposti in tempi rapidissimi ad un giudizio penale così tanto atteso, garantendo, di conseguenza, in caso di assoluzione, il diritto ad esercitare liberamente il proprio incarico politico ed amministrativo.

La buona fede del premier Berlusconi non è certo in discussione. Pertanto ora, grazie ai suoi oppositori, ha la possibilità di dimostrare di non avere nulla da nascondere e di tenere solo ed esclusivamente al bene del paese.

Non rimane che attendere una sicura conferma della sua certa buona volontà con un’approvazione parlamentare rapidissima ed unanime di tale provvedimento.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares