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 Home page > Tribuna Libera > Il Movimento 5 Stelle: come passare dalle parole ai fatti?

Il Movimento 5 Stelle: come passare dalle parole ai fatti?

A volte ci domandiamo come abbia fatto il Movimento 5 stelle ad avere tutto quel successo di consensi in così pochi anni, tanto da passare in poco tempo da uno sparuto gruppo di fans di un comico ad un partito (diciamo movimento perché del partito non ha le caratteristiche), che gareggia per la guida del prossimo Governo del nostro Paese.

 La mia spiegazione è semplice: aggrega nel movimento tutti gli italiani che si dichiarano scontenti della politica praticata fino ad oggi, indipendentemente da chi governa o ha governato in passato. Eccetto solo chi si riconosce nelle parole crude della Lega o chi è ancora affascinato dal Grande Vecchio, tutti gli altri che si oppongono finiscono nei 5 Stelle.

Tutti tranne sparuti gruppi di una sinistra (non tanto estrema, vista la posizione del PD), condannati a non avere né un leader così carismatico da riuscire ad unire le varie anime, né alcuna possibilità di cambiare qualcosa per il loro scarso peso numerico e quindi politico.

La politica dei 5 Stelle è quella tipica delle opposizioni: elencare le magagne del nostro Paese. E non è poi così difficile elencarle, sono molte e di solito permanenti. Il problema sarà poi cercare di risolverle , e qualcuno in verità sta già pagando in popolarità (e in voti) la mancata risoluzione di molte di esse, ma di questo eventualmente si occuperanno dopo, per ora si limitano ad elencarle.

La composizione degli aderenti, o meglio dei votanti 5 stelle è molto variegata. Almeno inizialmente credo che la maggior parte sia stata rappresentata dai delusi e dagli astensionisti. Gente che per anni non è andata a votare non riconoscendosi in nessun partito (sono tutti uguali, tutti rubano, guadagnano troppo e non fanno nulla eccetera). Il Movimento è apparso a costoro come qualcosa di nuovo, di diverso, nemmeno si chiamava partito e quindi hanno deciso di schierarsi. Un modo per sentirsi comunque partecipi, dopo anni di rifiuto totale della politica. Poi ci sono, o almeno c’erano agli inizi, molti elettori di sinistra delusi dalla incapacità e dalle promesse mai mantenute da parte di partiti inconcludenti, litigiosi, o partecipanti a coalizioni odiose, che hanno sperato in un cambiamento vero della politica italiana. Attratti da parole nuove, da nuovi e giovani volti sconosciuti e soprattutto dal principio fondamentale del Movimento, quella che è stata la loro parola d’ordine: onestà e trasparenza. Un tema, quello dell’onestà e della moralità della vita pubblica che Enrico Berlinguer sollevò come punto essenziale della crisi del paese già molti anni fa, era il 28 luglio 1981:

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Non sembra cambiato molto a distanza di trentasei anni! Poi ci sono i 500 parlamentari che hanno cambiato casacca, le discusse alleanze verdiniane, i continui litigi di una sinistra che ha incrementato di molto il suo processo disgregativo e divisivo in tante piccole formazioni che non possono che essere definite personalistiche, gli scandali e le corruzioni che un tempo erano appannaggio della destra e che, per non fare torto a nessuno, oramai si considerano di tutti. Tutto questo non ha fatto che portare acqua al loro mulino. E mentre nei sondaggi il Partito Democratico rientra nei suoi argini dopo l’alluvione Renzi, il Movimento è diventato il primo partito della Repubblica.

C’è da dire che nei loro siti c’è molta informazione ma anche tanta cattiveria. Credo che questa sia però diffusa un po’ ovunque in Rete e fa capire quanto sia cambiata la società. Il fatalismo dei nostri nonni è morto e sepolto, la salute è diventata un diritto da pretendere (la salute, dico, non la cura, che rimane tale), la scontentezza e l’aggressività diffusa ovunque, l’onore e la dignità personale invocate oramai solo quando c’è un avviso di garanzia, la vergogna scomparsa e sostituita dalla sufficienza. Il lavoro è visto come un diritto e preteso per decreto legge. Ma non lo è, il lavoro è sempre una conquista e non un diritto. Lo Stato non può garantire il lavoro, non è suo compito. Suo compito è quello di garantire ad ogni cittadino l’accesso a tutte le strutture pubbliche indispensabili alla sua preparazione culturale e professionale, per dare a tutti i cittadini la possibilità di diventare una persona consapevole, informata e professionalmente capace, preparata a svolgere il lavoro che liberamente avrà scelto. Lo Stato dovrebbe anche favorire, attraverso le sue competenze, quella scalata sociale che da molti anni è ferma, in una società dove il figlio del medico fa il medico, quello dell’avvocato l’avvocato e quello dell’operaio fa l’operaio, se va bene, o il disoccupato, se va peggio.

Per molti cittadini insicuri, indecisi, lontani dalla politica, ignoranti e naturalmente scontenti del proprio stato forse basta una foto come quella inserita per abbracciare il nuovo credo. Ma anche per chi la politica la segue con passione non è una bella foto. Pone degli interrogativi, dopo che è passata l’amarezza. Sembra infatti un segno inequivocabile di fallimento, il segno di decenni di accumulo di privilegi personali nelle segrete stanze, di anni luce di lontananza della politica dai cittadini. Tutto questo nonostante i continui, ossessionanti, polipartitici, entusiastici proclami su quello che si sta progettando di fare, naturalmente a breve. E se tutte queste promesse non mantenute si associano allo stipendio di 336 mila euro e alla pensione di 8500 euro del sindacalista, ora pensionato, Bonanni, al prelievo forzoso dallo stipendio del cittadino evasore ma non del parlamentare, ai 5.500 euro/die al giorno di Fabio Fazio, alle denunce quotidiane di Sergio Rizzo su sprechi, malapolitica e corruzione si capisce come questa novità sia vista con una benevolenza sempre maggiore, almeno per la loro diversità.

E fin qui ci siamo e si spiega il loro successo. Che poi passare dalle critiche ai rimedi sia un’altra storia non solo è logico ma è anche testimoniato dalle esperienze in essere non proprio positive di Raggi e Appendino a Roma e Torino.

Non ci ingannino comunque gli ultimi risultati elettorali, le amministrative, dove per vincere bisogna essere conosciuti e avere dietro soldi e un’organizzazione collaudata. Il Movimento non è morto, credo invece goda ottima salute.

 

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