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Il Liguristan non è solo virtuale. La storia di Giuliano Delnevo

La mor­te di Giu­lia­no Del­ne­vo, il ven­ti­cin­quen­ne li­gu­re con­ver­ti­to al­l’i­slam uc­ci­so ieri in Si­ria men­tre com­bat­te­va tra le fila di un grup­po in­te­gra­li­sta, ha ria­per­to le di­scus­sio­ni sul­l’e­stre­mi­smo mu­sul­ma­no. Tut­ta­via, è for­se la pri­ma vol­ta che un ita­lia­no muo­re com­bat­ten­do per la ji­had, o quan­to­me­no che la no­ti­zia è pub­bli­ca. Que­sto aspet­to ap­pa­re pre­pon­de­ran­te nei com­men­ti, nei qua­li ci si chie­de cosa pos­sa aver­lo spin­to a tan­to.

 

Cre­sciu­to in una fa­mi­glia cat­to­li­ca di Ge­no­va, Del­ne­vo si era con­ver­ti­to al­l’i­slam nel 2008 as­su­men­do il nome di Ibra­him, dopo aver co­no­sciu­to al­cu­ni im­mi­gra­ti di re­li­gio­ne mu­sul­ma­na. Ave­va quin­di pre­so una stra­da in­te­gra­li­sta, al­l’in­se­gna di un islam bel­li­co­so, an­ti-oc­ci­den­ta­le, au­ste­ro ed eroi­co. Al­cu­ni suoi vi­deo era­no sta­ti pub­bli­ca­ti sul ca­na­le You­tu­be Li­gu­ri­stanTVIn uno di que­sti com­men­ta­va la pub­bli­ca­zio­ne del­le vi­gnet­te di Char­lie Heb­do au­gu­ran­do la mor­te ai “cri­mi­na­li” che ave­va­no of­fe­so l’i­slam e at­tac­can­do i kuf­far (in­fe­de­li).

Dal 2009 il gio­va­ne era in­da­ga­to per so­spet­ta par­te­ci­pa­zio­ne ad at­ti­vi­tà di re­clu­ta­men­to e pro­pa­gan­da a fini ter­ro­ri­sti­ci, vi­sto il suo at­ti­vi­smo ra­di­ca­le su in­ter­net. Nel­la con­ver­sio­ne al­l’i­slam in­te­gra­li­sta e nel­l’e­sal­ta­zio­ne del ji­had ar­ma­to Del­no­vo ave­va tro­va­to una ra­gio­ne di vita e un idea­le qua­si ro­man­ti­co, come scri­ve Ga­brie­le Ro­ma­gno­li ieri su Re­pub­bli­ca. Si era quin­di de­ci­so a par­ti­re per la Si­ria per com­bat­te­re a fian­co dei ri­bel­li con­tro Ba­shar al-As­sad. Sei mesi fa ave­va det­to alla fa­mi­glia di re­car­si in Tur­chia per que­stio­ni uma­ni­ta­rie, ma di lui si era­no per­se le trac­ce. Il pa­dre si dice “or­go­glio­so” del fi­glio, mor­to men­tre ten­ta­va di aiu­ta­re un com­mi­li­to­ne fe­ri­to.

Se­con­do le sti­me, cir­ca 600 per­so­ne, so­prat­tut­to da Gran Bre­ta­gna, Fran­cia, Bel­gio, Olan­da e Ita­lia, sa­reb­be­ro an­da­te in Si­ria per par­te­ci­pa­re alla guer­ra ci­vi­le: cir­ca 40-50 sa­reb­be­ro par­ti­te dal no­stro pae­se. Non è il pri­mo e non sarà l’ul­ti­mo caso di gio­va­ne che per­de la vita in nome di un’i­dea­le. An­che per­ché quan­do si è gio­va­ni si ha for­se più vo­glia di bat­ter­si e in non po­chi casi an­che di me­na­re le mani. Ma in que­sto caso l’i­dea­le, ri­cor­dia­mo­lo, è il do­mi­nio to­ta­li­ta­rio di un’i­deo­lo­gia re­li­gio­sa. Si ha un bel dire, nel caso del ter­ro­ri­smo a ma­tri­ce re­li­gio­sa, che la re­li­gio­ne non c’en­tra nul­la, che quel­la non è la “vera” re­li­gio­ne. Non è vero, e non solo per­ché sta­bi­li­re cosa è la “vera” re­li­gio­ne è tut­to som­ma­to un pun­to di vi­sta sog­get­ti­vo. Ma per­ché, piac­cia o no, la re­li­gio­ne è esat­ta­men­te il pro­pel­len­te di de­ci­sio­ni come quel­la di Del­ne­vo.

Gli stes­si in­te­gra­li­sti, pro­prio se­guen­do alla let­te­ra i te­sti sa­cri, di­co­no di se­gui­re la re­li­gio­ne nel sen­so più com­ple­to e pro­fon­do, sen­za com­pro­mes­si. E con­te­sta­no ai cre­den­ti meno ri­gi­di di pren­de­re quel­lo che gli fa più co­mo­do dal­la fede, fa­cen­do­ne sca­de­re il sen­so ori­gi­na­rio. In par­ti­co­la­re i con­ver­ti­ti, che pos­so­no vi­ve­re dei di­sa­gi, han­no l’e­si­gen­za di dare una scos­sa alla loro vita ri­spet­to a un pas­sa­to che re­pu­ta­no in­sod­di­sfa­cen­te e, cre­den­do di com­pie­re un ge­sto an­ti­con­for­mi­sta, as­su­mo­no spes­so pose fon­da­men­ta­li­ste e co­min­cia­no a se­gui­re uno sti­le di vita mol­to ri­gi­do in op­po­si­zio­ne al “ma­te­ria­li­smo” o alla man­can­za di idea­li che im­pu­ta­no alla so­cie­tà.

Que­ste scel­te pu­ri­ste ed estre­mi­ste dei neo­con­ver­ti­ti tal­vol­ta met­to­no in im­ba­raz­zo le stes­se con­fes­sio­ni di mi­no­ran­za cui si av­vi­ci­na­no, tan­to che l’i­mam del­la mo­schea Al-Wa­lid di Mi­la­no, Ya­hya Ser­gio Yahe Pal­la­vi­ci­nicom­men­ta che oc­cor­re fare “pre­ven­zio­ne” nei con­fron­ti di al­cu­ni “gio­va­ni idea­li­sti” tra­via­ti da “fal­si mae­stri”.

Ma chi sta­bi­li­sce chi è un “fal­so mae­stro”? Mol­ti te­sti sa­cri con­ten­go­no af­fer­ma­zio­ni e rac­con­ti vio­len­ti che pos­so­no na­tu­ra­li­ter spin­ge­re qual­cu­no (spe­cial­men­te se gio­va­ne e bel­li­co­so) a fare al­tret­tan­to, com­met­te­re azio­ni ter­ro­ri­sti­che o vio­len­te. Un’e­vi­den­za da cui non si può usci­re se non con la mes­sa in di­scus­sio­ne del­la “sa­cra­li­tà” di quei te­sti. Il che non im­pli­ca che le re­li­gio­ni sia­no ne­ces­sa­ria­men­te vio­len­te, tut­te. Per una biz­zar­ra coin­ci­den­za Del­ne­vo è mor­to lo stes­so gior­no di un al­tro con­ver­ti­to, Clau­dio Roc­chi, sto­ri­co chi­tar­ri­sta del rock pro­gres­si­ve ita­lia­no di­ven­ta­to mo­na­co in­dui­sta. Due vite agli an­ti­po­di.

 

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