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Il Festival di Sanremo: da “Icona a vergogna della musica italiana”

Il Festival di Sanremo: da “Icona a vergogna della musica italiana”

La canzone italiana e il nostro "Festival" hanno perso il valore che avevano fino a pochi anni fa, quando a votare erano delle persone competenti e in grado di dare un giudizio tecnico.
 
Il pubblico è sovrano, ma si dovrebbero scindere le due cose e questo non viene fatto solo perché i voti degli spettatori riempiono le tasche di chi sta ai vertici della Rai e di tutti coloro che hanno interessi in questo senso.
 
Il 60° “Festival di Sanremo” è stato il “Festival della svolta”, dove a trionfare non sono stati i migliori, ma coloro che hanno fatto parlare il pubblico che stava dietro gli schermi. Fino a 3 anni fa venivano premiati gli Artisti che si presentavano con delle canzoni significative e che dimostravano di avere delle doti canore particolari. In finale, invece, sono stati eliminati artisti di un certo calibro e meritevoli di vincere come Malika Ayane, che oltre ad avere avuto un look impeccabile, si è presentata con un brano vincente e di qualità dal titolo “Ricomincio da qui”. E ancora Noemi, giovane cantante che, dopo la trasmissione di X Factor e il successo riscosso in questi ultimi mesi nelle radio italiane, è arrivata al Festival con il brano “Per tutta la vita”, del quale ha offerto una bellissima interpretazione e dove ha dimostrato le sue incontestabili capacità artistiche. Altri nomi che hanno fatto la differenza, Nino D’Angelo & Maria Nazionale con “Jammo Ja”, canzone dialettale interamente napoletana; Simone Cristicchi con il brano “Meno male” dedicato alla first lady della Francia, Carla Bruni e al compagno, Sarkozy; Povia con un pezzo dedicato ad Eluana Englaro “La verità”, cantata con tanto amore e passione.
 
Queste le canzoni che hanno fatto parlare la critica prima del Festival. Nel dopo Festival si parla, invece, di altre canzoni e di altri interpreti. Si è parlato molto del trio Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici, che col brano dedicato all’Italia, “Italia amore mio”, hanno sollevato critiche pesanti da una parte e apprezzamenti dall’altra. Sul trio, il pubblico, si è diviso. C’è chi si sente offeso dalle parole cantate dal principe Filiberto e chi invece ne va fiero e, addirittura, alza al cielo la Bandiera Italiana quando sale sul palco dell’Ariston.
 
Il vincitore del Festival, Valerio Scanu, diciannovenne Maddalennino, che si è presentato col brano “Per tutte le volte che…” è stato apprezzato dal 50% del pubblico e disprezzato dalla restante metà. Il suo brano è stato giudicato dalla critica come poco significativo perché acerbo e immaturo.
 
Stando ai dati Auditel, il Festival ha riscosso un grande successo ed è stato seguito anche più dell’anno passato, con grande soddisfazione di Paolo Galimberti, presidente della Rai, e della presentatrice, Antonella Clerici, che ha, però, pubblicamente espresso la sua non-volontà di condurre la prossima edizione del Festival.
 
Nonostante i dati Auditel, la maggior parte del pubblico non è rimasto contento del giudizio finale e dei primi 3 classificati: Valerio Scanu; Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici; Marco Mengoni.
 
Anche io mi trovo in disaccordo con il giudizio finale. La cosa che mi ha spinto a fare questo articolo e dar voce ai miei pensieri non è racchiusa nell’esito della 60° edzione del Festival di Sanremo ma il fatto che questo riflette ciò che sta accadendo in tutti i settori della società italiana, dove non vengono più riconosciute la professionalità e lo spessore delle persone, ma chi è più forte, chi riesce a comprarsi il posto di lavoro.
 
La “Bella Italia” sta perdendo la sua anima, il suo cuore. Ciò che rimane è solo l’esteriorità, ciò che si vede in superficie. E’ una sagoma inserita in una carta geografica, è un manichino messo in bella mostra. Quando non basterà più la sagoma, quando non ci si potrà più nascondere dietro le parole e si dovrà giocare a carte scoperte, l’Italia sarà un lontano miraggio per i suoi cittadini e un vago ricordo per chi l’ha amata.
 
L’Italia ha bisogno di sentirsi ancora una nazione, con le sue tradizioni e la sua cultura. Cultura che si perde nella tv spazzatura e nei discorsi di critici che non sono più intellettuali, ma personaggi che affrontano temi di gossip, scandali e lasciano l’amaro in bocca.
 
Rivogliamo il Festival di un tempo, con artisti di valore e dove ad essere premiati sono i migliori!

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