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Il Fatto Quotidiano e i suoi blog

A pochi click di distanza si scoprono cose interessanti.

Sul sito internet del Fatto Quotidiano,il giornale di Padellaro e Travaglio, nella sezione "blog" compare lo spazio personale di John Perkins.

Chi è John Perkins?

E’, per sua ammissione, un “killer economico” pentito, ovvero un professionista strapagato che lavorava sotto mentite spoglie: la sua vera mansione era celata lavorando per una società privata, la Chas. T. Main di Boston, in cui assumeva il ruolo di economista capo; ma il suo vero lavoro consisteva nello stipulare contratti, cioè fare prestiti ad altri paesi per somme talmente alte che fossero impossibili da restituire. (Per approfondire guarda "Chi è John Perkins?").

Sfogliando la sezione” economia” del sito del FQ si può intuire subito da quale angolazione la redazione veda l'"andamento dei processi economici" o a chi attribuire la colpa (provate a fare un nome…) se le casse dello Stato italiano sono perennemente vuote.

Ma cosa scrive John Perkins qualche click più in là?

I politici non cambieranno il mondo

di J.Perkins sul Fatto Quotidiano

“Molti di voi mi hanno chiesto cosa penso dell’amministrazione Obama

Sarò breve: il fatto di essere passati da un petroliere conservatore repubblicano a un afroamericano, liberale e democratico dell’Illinois e – nonostante ciò – ritrovarci con pochi e lentissimi cambiamenti, è una conferma di quanto ho spiegato in dettaglio nel mio libro “Hoodwinked”.

Il nostro presidente ha pochissimo potere effettivo.

Negli ultimi tempi la geopolitica è cambiata; sono cambiate le regole della “corporatocracy”, il potere delle lobby economiche.

Democratici e repubblicani sono entrambi soggiogati dalle corporazioni multinazionali.

Siamo entrati un un’epoca di profonde mutazioni, simile a quando le città-stato si unirono per formare le prime nazioni. Solo che stavolta il fenomeno è di portata globale; gli Stati stanno perdendo la loro importanza. I nuovi leader sono gli amministratori delle multinazionali, membri appunto della “corporatocracy”.

Come enormi nubi che si addensano intorno alla terra, i loro tentacoli raggiungono ogni continente, Stato e villaggio. Non esiste confine nazionale o normativa specifica che possa fermarli. Nonostante molte di queste corporazioni risiedano negli Stati Uniti e siano protette nei loro interessi dall’esercito americano, non hanno sentimenti di lealtà verso nessuno. Si associano con i cinesi e i taiwanesi, con gli israeliani e i Paesi arabi, con i brasiliani, gli australiani, i russi, gli indonesiani e i congolesi – insomma con chiunque possieda le risorse o gli affari che gli interessano.

Come ha dimostrato il caso Halliburton, non esitano a trasferirsi in posti come Dubai dove pagano meno tasse.

Assumono armate intere di lobbisti che riescono a influenzare qualunque politico di Washington e di ogni altra città. Possiedono i principali media o li controllano attraverso i loro investimenti pubblicitari.

Una buona notizia: per la prima volta nella storia questo nuovo impero non è stato creato da un potere militare, ma attraverso il commercio di beni e servizi. E il mercato è democratico – se si decide di vederlo in questo modo. E’ l’ultima cabina elettorale. Le multinazionali esistono solo perchè le “votiamo” nei loro negozi, nei grandi magazzini e su Internet.

Siamo noi a decidere quali società avranno successo e quali falliranno.

I politici non cambieranno il mondo perchè sono legati alle multinazionali. E le multinazionali dipendono da tutti noi.

Circa 150 anni fa il nostro Paese votò per Abraham Lincoln e poi ha dovette combattere una guerra civile per liberarsi dalla schiavitù. In seguito le nostre donne alzarono picchetti per il loro diritto di voto, seguendo il presidente Woodrow Wilson ovunque andasse; gli impedirono di inviare le truppe a difesa della democrazia in Europa durante la Prima Guerra mondiale, almeno fino a quando “non avesse attuato la democrazia ‘qui a casa’ anche per le donne”.

Abbiamo organizzato dibattiti per mostrare a Richard Nixon e al Paese la farsa che era diventata la guerra del Vietnam. Abbiamo vinto quelle battaglie perché il popolo ha obbligato i leader a cambiare. Negli ultimi decenni abbiamo obbligato le multinazionali a ripulire i fiumi inquinati, a togliere dal mercato gli spray che danneggiavano lo strato d’ozono e a eliminare i grassi dannosi dal nostro cibo.

Oggi noi, i cittadini, siamo di nuovo chiamati a far sentire la nostra voce. Quando tocchiamo il fondo, modifichiamo i prezzi delle merci e attiriamo l’attenzione dei consigli di amministrazione. Questi ultimi poi, influenzano le decisioni che si prendono nelle stanze della politica.

Non dobbiamo aspettare che il presidente Obama cambi il mondo
. Dobbiamo farlo noi – dobbiamo obbligare chi ha il potere a scegliere nuovi obiettivi per le popolazioni del pianeta: creando un mondo equo, pacifico e sostenibile per tutti coloro che vivono in questa speciale stazione-spaziale che chiamiamo casa.

Forse il più bel regalo che ci avrà fatto il presidente Obama sarà di averci dato una lezione di democrazia. Siamo noi, i cittadini, a doverci prendere le responsabilità. Non possiamo aspettare che sia un presidente a cambiare il mondo. E’ compito di ognuno di noi farlo.

Hoodwinked, l’ultimo libro di Perkins”
 
Piu chiaro di cosi…..

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.112) 17 marzo 2011 14:11
    SONO UN ELETTORE DELLA LEGA NORD CHE SI SENTE PROFONDAMENTE PENTITO 
    DI AVER DATO FIATO PER L’ARIA SPORCA CHE SI RESPIRA, PER UNA DITTATURA NEL DECIDERE DELLA SORTE DEL NOSTRO PAESE,IL NUCLEARE CHE NESSUNO VUOLE.
    MI SCUSO CON L’ITALIA
    SONO PROFONDAMENTE DELUSO DEL MIO EX GOVERNO.E CHIEDO SCUSA A TUTTA L’ITALIA
    NO AL NUCLEARE - MI VERGOGNO DELLA LEGA E BERLUSCONI.

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