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Il Capitalismo è morto. W IL CAPITALISMO

Di fronte all’aggravarsi della già pesante crisi economica e sociale dovuta alla pandemia, da più parti e da più fonti fino a qualche tempo fa inimmaginabili, arrivano commenti critici sul Capitalismo e sull’ideologia che lo ha ispirato: il Neoliberalismo. 

Le crisi, economica, pandemica, ecologica, sociale, tutte sono oggi attribuite al modello di Capitalismo ispirato dal Neoliberalismo. La domanda che sorge spontanea è: cosa si intenda con Neoliberalismo? Come si evince dal prefisso Neo deve intendersi il nuovo Liberalismo nato come superamento del precedente Liberalismo, per capirci quello in auge fino agli anni ‘70. Sempre secondo commentatori ed analisti mainstream il Neoliberalismo nasce come soluzione alla crisi del modello economico ispirato da Keynes: politica monetaria espansiva, politica fiscale, interventi pubblici finalizzati a sopperire la carenza di investimenti privati. Dalla lettura delle dichiarazioni del neo Presidente degli USA, Biden, si evince che sta mettendo in campo politiche economiche ispirate al Liberalismo prima del Neoliberalismo, ossia politiche ispirate a Keynes, varando massicci interventi di spesa pubblica a sostegno della domanda per consumi ed investimenti.

Quali sono le differenza tra Liberalismo e Neoliberalismo?
Le differenze, in modo molto sintetico, ruotano attorno al ruolo dello Stato e delle funzioni che esso è chiamato a svolgere a sostegno del sistema Capitalista. Il punto per il maistream culturale, mediatico, finanziario e politico non è come superare il Capitalismo ma come rilanciarlo dopo le crisi che esso stesso produce. Da questo approccio evinco che la questione, ancor prima che di modello economico, è di Weltanschauung, ossia di “visione del Mondo”, e che il «Whatever it takes» di Draghi altro non è che la diga eretta per salvare Capitalismo e Liberalismo. La funzione propria del Liberalismo, ideologia egemone al punto tale che è possibile parlare di un vero e proprio Liberaltotalitarismo, non è il superamento del Capitalismo ma il suo rilancio dopo le crisi. Se analizziamo sinteticamente la storia di tale sistema economico si scopre che le crisi del sistema capitalista sono di tipo ciclico e che il Liberalismo, nelle sue molteplici declinazioni, si è sempre caricato l’onere di rafforzarlo presentandolo come l’unico sistema economico possibile capace di tutelare la libertà individuale. 

Leggendo Kondrat’ev e la sua teoria dei cicli economici penso che ci stiamo avviando verso una fase di crescita. La transizione ecologica, le innovazioni tecnologiche stanno creando nuove opportunità di investimenti e crescita. Il punto è che oggi mancano una cultura e una organizzazione politica capaci di evitare che il ciclo economico favorevole alla crescita si traduca in una riproposizione tout court del Capitalismo e dei rapporti di classe pre crisi. Il mainstream tende a presentare la questione in termini di modelli economici sostenendo appunto di passare dal Neoliberismo a un qualcosa che richiami in qualche modo il Liberalismo pre crisi con l’intervento dello Stato attraverso politiche monetarie espansive. Non a caso si tende a presentare in modo positivo ciò che fa Biden negli USA in contrapposizione invece ad una U.E. avara; però si omette di dire che i miliardi di dollari impegnati da Biden non sono una cifra affatto superiore a quella impegnata dall’UE e dai singoli Stati che ne fanno parte e che quindi, come si evince dal PNRR del Governo Draghi, la differenza la fa il modo in cui le risorse finanziarie vengono spese. Da questi dati evinco che la questione è di cultura politica e non di modello economico.

Se la cultura politica dominante continuerà ad essere quella Liberale vedremo la ripresa economica ma non avremo nessun cambiamento sostanziale rispetto agli assetti sociali pre crisi. Il liberalismo per continuare ad essere egemone deve necessariamente continuare a porre al centro delle Istituzioni politiche, economiche e sociali la difesa del diritto di proprietà inteso in primo luogo come proprietà di se stessi. Se non fosse chiaro: individualismo, difesa della proprietà privata, gerarchia sociale rispetto alla ricchezza posseduta vanno di pari passo e sono l’essenza del Liberalismo e del Capitalismo.

Se la questione è di tipo culturale la riflessione deve partire da ciò che è l’idea del diritto di proprietà privata propria del Liberalismo e del modello economico che esso propugna, il Capitalismo appunto. Una prima traccia di discussione viene offerta da Paul Mason nel saggio dal titolo Postcapitalismo scritto negli anni della crisi greca e delle manifestazioni del popolo greco in Piazza Syntagma ad Atene contro il finanzcapitalismo e la tecnocrazia UE. Nel suo saggio Mason sviluppa il suo ragionamento richiamando espressamente la teoria dei cicli economici di Kondrat’ev ed evidenziando come, appunto, siamo in una fase che rende prevedibile la crescita economica. Il saggio di Mason pubblicato nel 2015 ha anticipato ciò che di fatto sembra profilarsi oggi. C’è voluta la crisi pandemica in aggiunta a quella economica perché ritornasse in auge l’intervento dello Stato. 

Nella recensione al saggio di Mason scrive Cristina Morini per la rivista “Doppiozero” << Ciò che Mason chiama postcapitalismo è la presa d’atto del disfacimento del capitalismo a partire dallo scompaginamento della legge del profitto e la crisi della teoria del valore e a partire dalle innovative valenze implicite nelle sue stesse infomacchine che introducono gli effetti del “costo zero” e lo scenario della gratuità, così come la difficoltà a creare nuovi mercati quando quelli vecchi si sono esauriti: “quello a cui assistiamo è un infocapitalismo che cerca affannosamente di sopravvivere […]. Un’economia basata sull’informazione con la sua tendenza a generare prodotti a costo zero e diritti di proprietà deboli non può essere un’economia capitalistica”. È, insomma, la focalizzazione di un processo, inarginabile, di transizione verso un Altrove>> Riporto alcuni passi del saggio di Mason dai quali si evincono spunti di riflessione sul concetto di proprietà privata. A proposito del sistema finanziario scrive << La complessità finanziaria è al cuore della vita economica moderna;include strumenti come future e opzioni, e mercati globali altamente liquidi attivi ventiquattr’ore al giorno. Include anche il nuovo rapporto che, come lavoratori e consumatori, abbiamo instaurato con il capitale finanziario. E’ per questo motivo che a ogni crisi finanziaria gli stati sono costretti a ritoccare al rialzo la garanzia implicita di salvataggio pubblico a sostegno di banche, fondi pensione e assicurazioni. Moralmente parlando, se i rischi sono socializzati, dovrebbero esserlo anche i benefici. Ma non c’è alcun bisogno di abolire in toto la complessità finanziaria: laddove questa porti alla speculazione e acceleri inutilmente la velocità del denaro, la si può addomesticare>>.

Mason sulla questione avanza proposte che richiamano il ruolo dello Stato, che sono riassumibili come la nazionalizzazione delle banche centrali con l’obbligo di fissare un obiettivo esplicito di crescita sostenibile e un obiettivo di inflazione intorno al livello più elevato delle medie recenti. In aggiunta alle funzioni classiche ( politica monetaria e stabilità finanziaria), la banca centrale dovrebbe fissare un obiettivo di sostenibilità producendo per ogni decisione un modello di valutazione dell’impatto climatico, demografico e sociale. I suoi capi dovrebbero essere eletti democraticamente e ben controllati. La politica monetaria delle banche centrali deve diventare aperta, trasparente e controllata dalle istituzioni politiche. Il sistema bancario dovrebbe essere ristrutturato creando una combinazione di società di servizi pubblici con un tetto ai profitti realizzabili, banche locali e regionali senza fini di lucro, banche di credito cooperativo, agenzie di prestiti peer – to – peer e una istituzione pubblica che fornisca un’intera gamma di servizi finanziari. Lo Stato dovrebbe svolgere esplicitamente la funzione di prestatore di ultima istanza per queste banche. Le proposte avanzate da Mason sono molteplici e toccano diversi aspetti, trovo particolarmente interessante questa relativa al sistema finanziario perché tocca uno dei gangli vitali del capitalismo contemporaneo. Che il tema sia la riflessione sul diritto di proprietà ne è prova ulteriore il dibattito che vede il ritorno in auge dell’idea dei beni comuni. L’economista francese Beniamin Coriat ha ad esempio curato un’antologia di interventi, frutto di tre anni di ricerche, dal titolo significativo “ Le retour des comuns. La crise de l’ideologie proprietarie” per adesso solo in edizione francese. Che siamo all’alba di un nuovo ciclo economico e di mutamento della struttura sociale ed economica è un dato certo, che essi, in mancanza di un pensiero critico alternativo, possano determinare il superamento del Liberalismo e del Capitalismo è altra cosa. Perché ciò possa accadere serve una cultura politica Socialista e Democratica che rivendichi con forza il suo essere alternativa al Liberalismo e al Capitalismo. 

Foto di Michael Bußmann da Pixabay 

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