Il 7 Ottobre divide Israele
Accade troppo spesso che sia disumanizzata la narrazione che leggiamo sui media dopo il 7 di ottobre.
Stiamo assistendo allo sgretolamento della serenità israeliana e alla disgregazione di quella falsa democrazia tanto decantata da numerosi governi tra cui quello italiano, le manifestazioni dei parenti degli ostaggi che spesso si sono tenute assediando addirittura l’abitazione del primo ministro Benjamin Netanyahu hanno rivelato finalmente al mondo intero la vera faccia del sionismo. Il 6 settembre mentre il ministro israeliano Itamar Ben Gvir passeggiava sulla spiaggia di Tel Aviv con famiglia al seguito è stato aggredito verbalmente da alcuni suoi concittadini al grido di “Assassino”, oramai è evidente che la stessa popolazione di questo governo non approvi la gestione degli accordi per la liberazione degli ostaggi e soprattutto la violenza utilizzata durante le manifestazioni promosse dalle famiglie dei rapiti. Le numerose testimonianze video in merito alla liberazione degli ostaggi nel novembre 2023, potremmo citare come esempio la più recente, quella di Noa Argamani dove provò grazie ad una deposizione ufficiale la falsa riga tenuta delle agenzie di stampa sino ad oggi, la ragazza infatti ha testimoniato di non essere mai stata abusata e anzi di essere stata tutelata dalla resistenza palestinese, provvedendo alla sua salute psico-fisica e trattandola con profondo rispetto.
Dovremmo quindi porci una domanda fondamentale: l’ordine dei giornalisti precisamente che funzione ha in questo paese?
Quel 7 ottobre ha dato il via a saltimbanchi televisivi, falsa propaganda di autodifesa e alle manipolazioni politiche basate sulla violenza e sul razzismo aprendo così le finestre di tutto il mondo su una catastrofe annunciata da circa cento anni. Le lezioni nell’arco di quasi un anno di massacri ci sono state impartite sia dalle vittime palestinesi, sia dai politici occidentali e sia dagli ostaggi nascosti sulla Striscia di Gaza. Si sono mescolate grida di dolore, di rabbia, di paura e di ipocrite e false narrazioni. Mentre chi conosceva la Palestina stava comprendendo la gravità della situazione ed aveva ben chiaro dentro se cosa sarebbe accaduto, siamo di fronte al famoso punto di non ritorno dove probabilmente l’occidente ne uscirà con le ossa rotte.
Da Novembre 2023 molte persone hanno provato confusione nel comprendere durante il primo scambio di prigionieri cosa stava realmente accadendo, mentre la resistenza cercò in tutti i modi di salvaguardare la vita degli ostaggi, il governo israeliano continuava imperterrito a violare i diritti umani dei detenuti palestinesi picchiandoli ed affamandoli, tutto contrastava invece con la realtà che si mostrava dalla Striscia di Gaza attraverso i video resoconti pubblicati in mondo visione, mostrando la gentilezza con cui si salutarono israeliani trattenuti illegalmente ed i membri della resistenza, strappandosi anche qualche sorriso.
Quelle immagini che piaccia o meno ai sionisti di tutto il mondo resteranno intrisi nella memoria, nonostante si cercò di divulgare falsi stupri e violenze di ogni sorta sulle donne rapite e mentre i bambini esplodevano sotto le bombe e gli ospedali venivano disintegrati dall’ IDF, gli ostaggi israeliani risultarono sani e ben nutriti, per la diplomazia occidentale anche questo non fece alcuna differenza. Fu destabilizzante per chi non conosce l’Islam analizzare ogni singolo evento sia da una fazione che dall’altra e cercare di comprendere a mente fredda l’evolversi dei fatti senza mai tralasciare le vittime, sarebbe stato più semplice comprendere immediatamente che lo stupro sarebbe una pratica impura ed inaccettabile per quella religione, nonostante questo il massacro mediatico contro il popolo palestinese continua ancora oggi intensificando la disinformazione sul genocidio e le culture differenti creando vere e proprie voragini, portando sullo stesso piano musulmani ed Isis.
Negli ultimi giorni Israele è riuscito ad alzare nuovamente un polverone per permettere ai giornalisti parziali di assicurarsi le prime pagine attraverso notizie fuorvianti e tralasciando l’importanza della voce degli ostaggi, come ad esempio il video messaggio di Lubnov Alexander e Carmel Gat inviato al primo ministro d’Israele, come fecero in passato i loro connazionali accusando il governo e l’esercito di volere la loro morte, nel video è stato evidenziato il loro trasferimento avvenuto per ben 10 volte effettuato dalla resistenza palestinese nel salvaguardare la loro incolumità, entrambi nel video messaggio risultano provati, stanchi e sfiancati. La sensazione di solitudine si annida in ogni singola parola ed espressione e non è certo colpa della segregazione ma nel sentirsi inascoltati dallo stesso popolo dopo aver prestato servizio da sempre in religioso silenzio, la loro speranza si è dissolta come una goccia di sangue nel fango.
Gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza sono stati testimoni per la prima volta in prima persona della disperazione vissuta dal popolo palestinese e forse era proprio questo inizialmente l’intento della resistenza, quella di costringere chi da sempre ha vissuto dall’altra parte del muro a rendersi conto attraverso la propria disperazione di essere stati designati a ricoprire un ruolo privilegiato da sempre.
Durante l’attacco del 7 ottobre vennero rapite 251 persone, quanti siano in realtà oggi i sopravvissuti non lo sappiamo con certezza ma il numero potrebbe essere di circa 91, una cosa è certa, il governo con a capo Benjamin Netanyahu e la collaborazione del presidente Joe Biden a quasi un anno dall’inizio del genocidio non hanno volontariamente ottenuto vantaggi per le persone rapite e le loro famiglie, gli israeliani deceduti nell’enclave sono stati assassinati proprio dalla coalizione costituita per il loro salvataggio.
Siamo di fronte alla disumanizzazione di qualsiasi civile non sia coinvolto nella vita politica di rilevanza, gran parte delle agenzie di stampa soprattutto italiane si sono trasformate in questi mesi nell’ufficio stampa israeliano, senza mai tenere conto delle richieste di aiuto sia dei palestinesi in Cisgiordania, di quelli sulla Striscia di Gaza e ancora meno degli ostaggi israeliani. Il 7 ottobre 2023 ha scoperchiato il tanto temuto vaso di Pandora facendoci comprendere che le persone oramai non contano, i numeri si invece, e che il cronometro gira ostinato e inesorabile, rischiando la cancellazione del diritto internazionale e dei diritti umani basici per una mera sopravvivenza, anche quella futura dei nostri figli.
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