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I veri obiettivi dell’attacco all’Articolo 18

La modifica allo statudo dei lavoratori permetterà alle imprese di licenziare senza giusta causa. Ai lavoratori andrebbe un indennizzo economico per "evitare le lungaggini dei processi". Ma è sempre più chiaro il piano del governo di formalizzare, per via legislativa, la linea di Marchionne

Finito l’anno del massacro ai diritti del lavoratore, ecco l’anno del’articolo 18, dei licenziamenti facili, e dei posti di lavoro persi: ottocentomila secondo Confindustria.

Dopo la marcia indietro del ministro Fornero si pensava che la questione dell’articolo 18 fosse stata accantonata, ma non è così. L’articolo 18 è un tema strategico per l’impresa, e per il mondo politico che l’appoggia. E allora puntuale è arrivata la riproposizione del problema, in linea con la proposta Ichino, che non vuol sopprimere l’articolo 18, ma solo modificarlo .

In particolare viene modificata la sanzione per il licenziamento senza giusta causa. Il ripristino del posto di lavoro, che punisce l’abuso conto una persona, viene sostituito con il risarcimento danni, che è la monetizzazione della lesione del diritto alla prestazione lavorativa. Tutto ciò viene giustificato con la necessità di superare le lungaggini processuali connesse al giudizio sul licenziamento ingiusto, di favorire il giusto dimensionamento delle aziende, di attrarre gli investimenti esteri in Italia.

Il problema è la lungaggine dei processi?

Se il problema è la lungaggine dei processi, si intervenga su questo problema, e non sull’articolo 18. Il dimensionamento di un’ azienda non si gioca sulla licenziabilità, ma sul fatturato, sull’auto finanziamento, ecc. ecc.

Se l’articolo 18 è un ostacolo agli investimenti e alla produzione di posti di lavoro, il governo dica quanti investimenti e quanti posti di lavoro produrrà la sua eliminazione.

In ogni caso la scarsa propensione ad investire è determinata dalle difficoltà di accesso al credito, dalle lentezze della giustizia civile, dalle lungaggini burocratiche e non dai licenziamenti facili. Se il problema è parificare i precari con i lavoratori a tempo indeterminato, esiste solo questa strada? Non ci sono altre vie per raggiungere il medesimo obiettivo? E perché parificare al ribasso?

Ma al di là di queste problematiche, i veri obiettivi dell’attacco all’articolo 18 sono imporre più lavoro, più straordinari, meno salario e meno diritti in fabbrica e eliminare i sindacati scomodi e ogni ostacolo che si frappone al dominio incontrastato dell’imprenditore all’interno dell’azienda.

Se per una manciata di soldi si può fare licenziamento ingiusto, chi o che cosa impedisce all’impresa di liberarsi di un lavoratore scomodo che difende i suoi diritti, o di un sindacalista? Se per una manciata di soldi si può fare licenziamento ingiusto, chi o che cosa impedisce all’impresa di imporre al lavoratore, con il ricatto del licenziamento, ore di straordinario non previsto negli accordi o l’accettazione passiva di un ritardo nell’erogazione della busta paga? Se per una manciata di soldi si può fare licenziamento ingiusto, chi o che cosa impedisce all’impresa di imporre al sindacalista, con il ricatto del licenziamento, un atteggiamento più accomodante?

Tutto ciò comporta la mano libera in fabbrica. In sostanza è la formalizzazione legislativa della linea Marchionne.

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