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I due fidanzamenti di Virginia Woolf

I due fidanzamenti di Virginia Woolf

Il 17 febbraio 1909 Lytton Strachey si presenta al numero 29 di Fitzroy Square, a Londra, nel quartiere di Bloomsbury e fa a Virginia Woolf (che vive lì con il fratello Adrian) una proposta di matrimonio.
 
Scrittore raffinatissimo, omosessuale, Lytton considera il matrimonio con Virginia come una soluzione al problema della sua tormentata e complicata vita privata, come un approdo ad una sorta di vagheggiato “paradiso della pace coniugale”.
 
Ma è l’illusione di un momento.
 
Capisce quasi subito di aver fatto un errore.
 
Il pensiero del sesso con Virginia lo terrorizza, è turbato anche solo all’idea che lei possa baciarlo.
 
Virginia capisce immediatamente la situazione e, dimostrando grande sensibilità e comprensione, aiuta l’amico a fare marcia indietro.
 
C’è un secondo incontro pochi giorni dopo, durante il quale Lytton si decide a confessare all’amica di non poterla sposare. Virginia gli assicura di non essere innamorata di lui e lo tranquillizza.
 
I due concordano quindi una amichevole rottura del fidanzamento.
 
 
Per Lytton la storia finisce lì. Per lui è poco di più di un refuso: basta correggerlo e tutto è a posto.
 
Per lei, però, è diverso.
 
Pur avendo comunicato a Lytton di non essere innamorata di lui, continua a lungo a considerare la possibilità di sposarlo.
 

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Il nipote di Virginia, Quentin Bell, nel suo “Virginia Woolf”, documentata biografia della scrittrice, così scrive:

“Come doveva ammettere più tardi, nelle questioni sessuali era sempre stata pavida e la sua unica esperienza della sessualità maschile era stata terrificante e disgustosa. Tuttavia voleva veramente sposarsi: aveva 27 anni, era stanca di essere zitella, stanchissima di vivere con il fratello, e molto affezionata a Lytton. Aveva bisogno di un marito che potesse rispettare intellettualmente: apprezzava l’intelligenza sopra ogni altra cosa e sotto questo aspetto nessun rivale aveva ancora fatto la sua comparsa. L’omosessualità di Lytton poteva rivelarsi persino rassicurante: come marito non sarebbe stato sessualmente esigente e la loro unione, quasi fraterna nello spirito, poteva forse diventare un po’ alla volta qualcosa di reale, di solido, poteva diventare un affetto profondo”.

Tre anni dopo Virginia accetterà la proposta di matrimonio di Leonard Woolf, amico fraterno di Lytton.

Ecco come andarono le cose.

Nel gennaio del 1912 Leonard Woolf si accorge di essere innamorato di Virginia Stephen, che frequenta da alcuni mesi. Le telegrafa (con risposta pagata) preannunciandole il suo arrivo. I due si incontrano, lui le chiede di sposarla.

Virginia non ha una risposta pronta, chiede tempo per conoscerlo meglio. Leonard nei giorni successivi le scrive più di una lettera. In una di queste scrive:
 
“Non credo di essere così egoista da non riuscire a vedere la cosa anche dal tuo punto di vista. In quanto al mio, ora sono sicuro che, a parte il fatto di essere innamorato... varrebbe la pena di correre qualsiasi rischio per sposare te”.
 
Più sotto aggunge:
 
“Dio, se lo vedo, il rischio di sposare uno come me. Sono egoista, sensuale, bugiardo, crudele, e probabilmente peggio ancora. Può darsi che tu sia vanitosa, egoista, insincera, come tu dici, ma questo non è niente in confronto con le tue alte qualità, grandezza intelligenza spirito bellezza franchezza. Dopo tutto ci piace stare insieme, ci piacciono le stesse cose e le stesse persone, siamo tutti e due intelligenti e soprattutto sono le cose reali che noi comprendiamo e che sono importanti per noi”.
 
 
Poco tempo dopo i due si sposano e restano insieme fino al 28 marzo del 1941.
 
Quel giorno Virginia si riempe le tasche di sassi e si annega nel fiume Ouse non lontano da casa, lasciando una toccante nota al marito:
 
“Carissimo. Sono certa che sto impazzendo di nuovo. Sono certa che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. Comincio a sentire voci e non riesco a concentrarmi. Quindi, faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni senso tutto quello che un uomo poteva essere. So che ti sto rovinando la vita. So che senza di me potresti lavorare e lo farai, lo so… Vedi non riesco neanche a scrivere degnamente queste righe… Voglio dirti che devo a te tutta la felicità della mia vita. Sei stato infinitamente paziente con me. E incredibilmente buono. Tutto mi ha abbandonata tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinare la tua vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi”.

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