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I benefici "netti" dell’Euro

Il 2014 inizia con buone notizie per l’Italia: lo “spead” che ha terrorizzato i nostri sogni per quasi tre anni è finalmente sceso sotto i 200 punti base e, grazie all’avvio dell’Unione Bancaria e a breve del nuovo Parlamento e della nuova Commissione con le prossime elezioni di aprile/giugno, potrebbe inaugurare una nuova stagione, dove le riforme e le politiche necessarie e indispensabili a quei giochi cooperativi tra Governi siano finalmente realizzate e magari ci facciano superare il dibattito sull’austerità (che fa male), per concentrarci davvero sulle opportunità di crescita che rappresenta il mercato unico europeo.

Per queste ragioni conviene riparlare di Euro in chiave positiva e per farlo ripartiamo dalle sue ragione e dai suoi fondamentali.

L’Euro, nasce per consentire a tutti i componenti dell’unione di ottenere dei benefici che sono essenzialmente riconducibili alla maggior crescita che deriva dall’integrazione con altre economie; dovrebbe consentire ad ogni paese di spingere nella specializzazione delle proprie virtù (in Italia ad esempio, nell’aggregazione delle realtà che formano le PMI e nelle eccellenze del Made in Italy); nella creazione di economie di scala o di scopo. Chiaramente i predetti benefici “netti” sono realizzabili al meglio quando sia il mercato (ossia la competizione e la concorrenza) che stimola e selezione, sia il welfare (la solidarietà e la coesione sociale), sia la cooperazione delle altre politiche dei Governi nazionali, siano coerenti con un "fil rouge", fino ad oggi spesso assente.

La nascita della moneta unica resta un’incompiuta, i Paesi Europei sono infatti accomunati dall’adozione di un’unica valuta senza aver costituito nel tempo politiche di bilancio comuni; e come la storia e la scienza economica insegnano o procederemo con integrazioni politiche che unifichino l’Europa dei popoli e che non si basino esclusivamente su quella monetaria tenuta dalla BCE o, semplicemente, falliremo.

In questo quadro, quindi, i benefici si cumulano nel tempo, mentre i costi e i rischi maggiori si hanno soprattutto all’inizio, in questo periodo stiamo sopportando criticità causate dalla crisi, da politiche incoerenti di tipo nazionale e qualche volta, come nel caso dell’Italia, da cattivissime amministrazioni che hanno generato debito sociale tra generazioni e materiale, sbilanciando fortemente i costi di uno Stato poco funzionale e poco leale verso i propri cittadini che demagogicamente cerca di scaricare le colpe del nostro sistema nazionale su un’ Europa che può sembrare distante e cattiva, ma che resta ancora oggi l’unico strumento veramente riformatore della nostra società, e questo non dovremmo dimenticarlo. Come dovremmo ricordare che alla richiesta europea di tagliare il nostro debito noi continuiamo a preferire nuove imposizioni e tasse, all’eliminazione dei tanti sprechi (circa 300 miliardi di euro da recenti studi) che certo non mancano; allora non sarebbe più serio, e politicamente utile, se nei prossimi anni riuscissimo, tutti noi, a decidere cosa intendiamo fare assieme all’Europa? Ne condividiamo già la stessa moneta, riusciremo ad averne anche gli evidenti benefici in termini di crescita dell’occupazione e del reddito? E soprattutto di trasparenza e di una società più giusta e coesa?

 

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