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Guerra in Libia: l’Italia riprende in mano la situazione

Meglio tardi che mai. Berlusconi e Frattini rispolverano l’orgoglio nazionale che sembravano aver smarrito, e vanno all’attacco di Sarkozy. Eravamo stati presi in contropiede, ma ora siamo pronti a giocare la nostra partita. Non facciamoci sfuggire l’occasione.

Meglio tardi che mai, si dice in questi casi. L’Italia, seppur con un po’ di ritardo, ha ritrovato quell’orgoglio nazionale che sembrava smarrito ed appiattito sulle logiche di conquista francese. Sembravamo un cagnolino pronto a prendere ordini da Sarkozy e dallo sbiadito Cameron, convitato di pietra al banchetto del Presidente transalpino. Checché ne dicesse Ignazio La Russa, l’Italia era diventata l’affittacamere di lusso dei presunti volenterosi; le sue basi erano a disposizione di danesi, inglesi, norvegesi e belgi.

In cambio, nulla. Esattamente: neppure il Comando operativo a Napoli. Oggi, però, le cose sono un po’ diverse. Improvvisamente, il nostro Governo ha raddrizzato la schiena, e si è accorto che forse un po’ di orgoglio e di dignità, un po’ di amor di Patria andavano recuperati.

E così il Ministro degli Esteri Frattini prima, e Silvio Berlusconi poi, hanno ripreso la situazione in mano, chiedendo a gran voce che il Comando delle operazioni passi al più presto alla Nato. Di più, perché Frattini ha posto un vero e proprio ultimatum: “O le operazioni vengono gestite dall’Alleanza Atlantica, o le nostre basi ce le controlliamo da soli.

Raramente un esponente di primo piano italiano si è mostrato così duro in un summit internazionale. E i primi effetti si sono visti subito. Dalla Camera dei Comuni di Londra, Cameron sosteneva che “la Gran Bretagna vuole passare il comando alla Nato”, mentre il vacanziero Obama affermava che “l’Alleanza Atlantica sarà presto coinvolta”.

sarko silvio 2L’Italia è stata in qualche modo costretta ad entrare in questa sciagurata guerra. Costretta da una risoluzione Onu e dalla sua vicinanza alle coste libiche. Un’Italia colta in contropiede, convinta con ogni probabilità che la Russia avrebbe posto il veto su ogni documento che prevedesse un attacco su Tripoli. Non è andata così, ed in un paio di giorni ci siamo ritrovati malvolentieri a contribuire ai raid sul serbatoio privilegiato di gas e petrolio per il nostro Paese. Un controsenso, una pazzia. Ma non si poteva fare altro.

Il rischio di veder andare in fumo i nostri affari e le nostre commissioni in Libia era altissimo nel caso di cacciata di Gheddafi da parte del tandem anglo-francese. Non avremmo potuto più mettere becco, non ne avremmo avuto alcun diritto. “Meglio poco che niente”, sussurravano anonimi diplomatici alla Farnesina. Sostanzialmente, una volta sferrato l’attacco, sarebbe stato difficile per noi rimanerne fuori.

E così, dopo i primi giorni di sbandamento, stiamo reimpostando la rotta, facendo capire anche a Sarkozy che l’Italia è uno Stato sovrano e che nessuno, neppure lui, può permettersi di fare il bello ed il cattivo gioco con noi. Siamo ancora in tempo per dire la nostra in questa partita. Non facciamoci sfuggire l’occasione.

 

 

 


 

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Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.251) 23 marzo 2011 13:08
    Truman Burbank

    Il passo dell’ubriaco
    L’Italia si muove nel suo cammino politico-bellico con il passo dell’ubriaco.
    Prima Berlusca bacia la mano a Gheddafi e stringe patti di amicizia.
    Poi partecipa ad un’aggressione criminale, fornendo pure le sue basi militari ai nemici (si nemici perchè avevamo un patto di non aggressione con la Libia e pure accordi economici che saltano).
    Poi l’Italia si ricorda che esiste la NATO e le operazioni militari andrebbero concordate all’interno della NATO.
    Poi l’Italia si ricorda che esiste il Parlamento, (lo ricordate il Parlamento? Dovrebbe rappresentare il popolo sovrano) e valuta l’idea di riferire in Parlamento quello che sta succedendo.

    Nel frattempo la maggioranza di governo si spacca, con la Lega che si dissocia dall’intervento bellico. Qui il partito unico PD-PdL mostra la sua faccia di vero partito, coeso sugli aspetti di sostanza e diviso in due solo quando si va in scena sul teatrino.

    La sovranità di cui si parla nell’articolo mi sembra come la verginità di una donna somala stuprata dai marines americani. La sovranità si difende prima, perchè dopo non si riconquista.

  • Di Truman Burbank (---.---.---.251) 23 marzo 2011 13:21
    Truman Burbank

    Sul valore legale della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’ONU è il caso di citare uno dei maggiori esperti italiani di diritto internazionale, Danilo Zolo.

    È sufficiente una rapida lettura della risoluzione 1973 del 17 marzo, con la quale si è deciso il «No-Fly Zone» contro la Libia, per cogliervi una gravissima violazione della Carta delle Nazioni Unite, oltre che del diritto internazionale generale. La violazione della Carta è evidente se si tiene presente che il comma 7 dell’art. 2 stabilisce che «nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano alla competenza interna di uno Stato». È dunque indiscutibile che la «guerra civile» di competenza interna alla Libia non è un evento di cui possa occuparsi militarmente il Consiglio di Sicurezza.

    www.blitzquotidiano.it/dai-b...

  • Di pv21 (---.---.---.82) 27 marzo 2011 12:58

    Senza veli >

    Il potere di Gheddafi è solo nelle sue armi.
    La no fly zone non mette a tacere i cannoni, non ferma i carri armati e neppure i cecchini.
    Per Gheddafi il cessate il fuoco segnerebbe l’inizio della sua fine.
    Insorgerebbe anche la Tripolitania e per il Rais tanto varrebbe fuggire all’estero.

    In questo teatro di "rivolta civile" non c’è spazio per la mediazione politico-diplomatica.
    Se Gheddafi non viene disarmato di certo c’è solo la “spaccatura” della Libia.
    Con buona pace dei nostri interessi nazionali (politici ed economici).

    La voce delle armi è più forte del Consenso Surrogato frutto dell’imprinting mediatico …

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