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Costa Concordia: Francesco Schettino scarica il suo secondo Roberto Bosio

Al processo per il tragico naufragio ieri l'imputato Francesco Schettino è stato interrogato dai legali delle Parti Civili.

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Ieri mattina nell'aula ricavata nella sala del Teatro Moderno di Grosseto ove si tiene il processo di primo grado a Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia al momento del suo tragico naufragio presso l'Isola del Giglio, si è assistito all'ennesimo colpo di scena. Il comandante, originario di Meta di Sorrento, interrogato in maniera incalzante dai legali delle parti civili costituitesi in giudizio ha chiamato in causa, addossandogli buona parte della colpa, il suo secondo Roberto Bosio di Ventimiglia che da qualche mese ha patteggiato dinnanzi al Gip di Grosseto una lieve condanna, non certo paragonabile a quella che rischia Schettino, cioè vent'anni di reclusione.

L'imputato, incalzato, dagli avvocati Bulgheroni e Gabrielli, ha sottolineato come il comandante della nave non possa essere considerato responsabile nel caso in cui i suoi sottoposti lo tengono all'oscuro di particolari esiziali per la sicurezza della navigazione o non capiscono i suoi ordini. Materia del contendere, in udienza, è stato il malfunzionamento di uno, o addirittura di due, dei quattro radar del bastimento sin dalla sua partenza da Civitavecchia.

"Il mio secondo, e cioè Roberto Bosio, doveva immediatamente informarmi della circostanza e nel caso fosse stato all'oscuro di tutto questo, considero la cosa di estrema gravità" ha, in sostanza, affermato Schettino che, poi, ha aggiunto come la pratica dell'inchino fosse richiesta dal "management" di Costa Crociere al fine di valorizzarle turisticamente. Già nelle passate udienze Schettino aveva "scaricato" l'Ufficiale di coperta Ciro Ambrosio, ora, forse nel tentativo di evitare una pesante condanna, si comporta al medesimo modo con Bosio.

Il ligure, dal canto suo, durante la sua testimonianza al processo contro Francesco Schettino ha ricordato come il comandante fosse rimasto inerte di fronte al compimento della tragedia, cioè dell'affondamento della nave, tanto che dovette essere lui medesimo a pigiare il famoso bottone 10, cioè l'abbandono - nave. Nella tragedia causata dalla collisione dello scafo della nave contro i noti scogli delle Scole, durante le manovre d'avvicinamento all'Isola del Giglio per il famoso inchino, morirono trentadue passeggeri.

La tragedia avvenne il tredici gennaio del 2012 ed al suo compimento drammatico non fu certo estranea l'incapacità di manovra da parte del timoniere della Concordia, e cioè l'indonesiano Rusli Bin che non solo non capiva molto gli ordini impartiti in lingua italiana, con forte accento campano, di Francesco Schettino ma neanche quelli che il medesimo gli impartì nella lingua internazionale per eccellenza, cioè l'inglese.

Almeno ciò è quello che vuole far credere alla Corte la difesa del comandante di Meta di Sorrento contro la cui ignavia, incapacità e codardia si scagliano invece le parti civili. Al termine dell'udienza l'avvocato Bulgheroni ha sottolineato che "Schettino se vuole evitare vent' anni di reclusione deve raccontare tutto precisamente come è andato e quindi indicare pure le corresponsabilità altrui".

D'altronde per le stesse Parti Civili è stato uno scandalo che gli altri imputati, patteggiando, "se la siano cavata con poco, tanto da non finire in prigione".

 

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