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Grecia: dal "sì" o dal "no" dipende il suo futuro

Il futuro della Grecia è nelle mani del popolo che, con il loro "sì" o "no" decideranno le sorti della stessa Europa.

Sì! No! Affermazione o negazione.

Il quesito referendario greco del 5 luglio pone, nelle mani del popolo, una decisione che scriverà la storia del paese e dell’intera Unione europea. Come in passato è successo in Italia, con il referendum in cui si sceglieva la Repubblica o la Monarchia, il paese ellenico oggi affronta una decisione vitale per il futuro della nazione. Però la Grecia si trova di fronte a un quesito referendario che, comunque vada, li condurrà dritti in una crisi politica i cui effetti sono di difficile previsione.

La questione del referendum è di facile comprensione. Con il "sì" viene accettata la proposta delle Istituzioni europee, accogliendo le direttive imposte dalla Troika che prevedono nuove riforme e una maggiore politica di austerità. Di contro, con il "no" si respinge al mittente la proposta dell’Europa. In effetti, il quesito referendario è facilmente comprensibile mentre è tutt’altro che semplice capire che succederà in un caso o nell’altro.

Il significato del "sì" o del "no"

A sentire i molti pareri, soprattutto di coloro che si reputano "persone informate sui fatti" sembra che una vittoria del "no" debba per forza significare che la Grecia lascia l'euro e anche l'Unione Europea; di contro, una vittoria del "sì" significa la caduta del governo, nuove elezioni e l’accettazione integrale del piano imposto dalla Troika in Grecia.

Purtroppo, la vicenda è più complessa di quel che si pensa e nessuno sa prevedere con certezza quel che potrebbe accadere da oggi in avanti. È chiaro che chi si esprime a favore del "sì" vede con benevolenza un intervento diretto da parte dell’Europa sulle politiche economiche e finanziarie della Grecia, togliendo quel poco di sovranità rimasta al popolo ellenico. Posizione legittima, non v’è dubbio, ma è anche quella sostenuta dal 2011 ad oggi, cioè dal primo intervento di "salvataggio" che ha determinato la situazione attuale. Che vantaggi si potranno mai avere a proseguire con delle misure che sappiamo già non serviranno a molto e non si è nemmeno certi che possano mai funzionare?

Gli effetti del "sì" all’Europa

Non è certo che il "sì" garantisca gli effetti sperati dagli europeisti, di fatto il governo di Alexis Tsipras risulterebbe battuto e inevitabilmente ci saranno conseguenze gravi, come il pericolo di dimissioni in massa. Mentre non vi è la certezza sull’eventualità delle dimissioni del premier, quelle del suo ministro delle finanze, Yanis Varoufakis, le ha già preannunciate. Tra i dimissionari ci troveremo di fronte anche i ministri legati al partito dei Greci Indipendenti che, assieme a Syriza, detengono la maggioranza in Parlamento. Costoro sono euro scettici da sempre e, per di più, odiano la Troika. Quindi uno Tsipras che resta saldo al potere e a fare il premier anche di fronte a una vittoria del "sì", è un’ipotesi abbastanza incerta. E' altrettanto innegabile il fatto che una vittoria dei "sì" certificherebbe il fallimento inequivocabile dell’azione di governo portata avanti da uno Tsipras che, a quel punto, sarà diventato un soggetto "bruciato" agli occhi di Bruxelles, in quanto interlocutore per nulla credibile. Tsipras potrebbe anche decidere di non rassegnare le dimissioni e di nominare altri ministri, ma questa è un’ipotesi assai azzardata e fantasiosa e, in più, lo costringerebbe all’isolamento internazionale, cosa che la Grecia non potrebbe mai permettersi, nemmeno se ottenesse l’appoggio di Russia e Cina.

A quel punto le elezioni anticipate diventano l’unica strada percorribile, ma esse non potranno avere luogo prima di 2/3 mesi. A quel tempo in Grecia, che sarà ormai ridotta al lumicino, torneranno di moda i partiti che piacciono tanto alla UE della Merkel, tipo l'ex primo ministro greco Antonis Samaras che potrà, così, tranquillizzare tutti noi creditori. Attenzione! Sempre che non aumenti il consenso a favore dell’estrema destra, i neonazisti di Alba Dorata, il che ci porta a presumere che la Grecia, in quel caso, vivrà tempi ancora peggiori.

In pratica il"sì" all’Europa porta caos, confusione, ingovernabilità e aggraverà ulteriormente la crisi. Però la Grecia tornerà a essere "gestibile", un’opzione assai gradita più per la Germania che non per la stessa UE. Sarà così che la Troika tornerà ad aiutare la Grecia come ha sempre fatto, cioè finanziandola affinché possa pagare i creditori e, nel contempo, aumentando così il suo debito pubblico.

Gli effetti del "NO" alla democrazia e alla dignità

Per Syriza, partito del primo ministro Alexis Tsipras, la ragione del "No" sta tutta in due parole: democrazia e dignità. Il "No" interpreta la possibilità di ottenere più forza negoziale per un accordo migliore con i creditori e, nel contempo, garantisce una prova di fiducia indissolubile che legherà ancor di più il popolo greco al suo leader di governo. Non è vero che se vince il "No" la Grecia si pone fuori dall’euro e dall’Unione europea, anzi, è vero esattamente il contrario. Tsipras vuole il NO per governare il paese e per determinare le politiche economiche e finanziarie, applicabili al SUO popolo, assieme agli altri partner europei. Il problema, quindi, non è Tsipras in sé, ma una sua rinnovata ‘forzainfluenza e potere’ che poi potrà impiegare in Europa.

È questo il fatto che fa infuriare la Troika, mica altro. Tsipras, un piccolo leader di un piccolo paese, ha sfidato apertamente i poteri forti di banchieri, funzionari, burocrati e politici fra i più potenti al mondo. Costoro, come possono permettersi di essere trattati in questo modo? E, infatti, non lo permettono, per questo la Grecia non uscirà dall’euro e dall’Unione europea, bensì verrà o espulsa oppure sarà fatto in modo che se ne esca comunque.

Ironia della sorte

A fronte dell’enorme dibattito che segna le tappe del referendum greco del 5 luglio, ci siamo dimenticati tutti di una cosa importantissima, anzi, potremmo definirla addirittura vitale. Per una strana ironia della sorte, c’è chi dice che lo strumento del referendum greco è un grave errore politico. Eppure la Grecia attua uno strumento assolutamente democratico, cioè la consultazione popolare. Noi tutti, europeisti o euro scettici, dovremmo lodare l’iniziativa democratica scelta dal governo ellenico, anziché criticarlo solo per la nostra convenienza del momento. La Grecia di oggi potrebbe essere l’Italia o il Portogallo o la Francia o la Spagna di domani. Oggi sono in molti che "pericolosamente" vogliono far apparire la Grecia come un paese debole, insignificante, irresponsabile e che, per questo, si deve piegare ai voleri forti dei paesi più grandi.

Pericle

I Greci, però, sono la Patria del filosofo Pericle, padre del pensiero democraticoFra i tanti suoi illuminanti pensieri, uno di questi cita testualmente (II, 64):

“Ricordate anche che se il vostro paese ha il nome più importante del mondo, è perché non si è mai piegato di fronte a dei disastri; perché ha speso più vita e più forze in guerra rispetto alle altre città e si è conquistata un potere maggiore rispetto a quegli altri finora conosciuti”.

Quindi, di certo anche Pericle voterebbe +"No"!

Questo articolo è stato pubblicato qui

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