• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Media > Giornalisti: uomini e donne da marciapiede

Giornalisti: uomini e donne da marciapiede

Marco Pastonesi, storica firma della Gazzetta dello Sport, spiega a un giovane cosa serve per diventare giornalisti...

 

Luca ha ventidue anni, un’altezza da seconda linea, il sorriso di chi si affaccia su un balcone in montagna. Solo che il balcone non è in montagna, ma sulla vita, e allora Luca deve essere avvertito. E’ venuto in “Gazzetta” per parlare di giornalismo sportivo: la sua passione. Ne parliamo per un’ora e mezzo. Prima, però, gli mostro la redazione: che alle nove di mattina ha un aspetto falso, perché è pulita come una clinica e deserta come un faro. Davanti alla gigantografia di Coppi e Bartali, resistiamo alla tentazione di rubargli la borraccia.

Luca viene da Isorella, che è vicino a Calvisano, che è vicino a Brescia. Non propriamente la capitale del giornalismo. Ma forse questo è il primo dei tanti luoghi comuni in cui inciampo: perché una volta stare a Milano era una fortuna, un privilegio, un dovere, perché qui stavano le sedi delle case editrici e le redazioni di quotidiani e periodici, ma adesso basta collegarsi su Internet e ritrovarsi a New York e a Ouagadougou, a Parigi e a Adelaide.

A Luca tento di spiegare che gli conviene allungare di altri due anni la sua maratona universitaria – Lettere e Filosofia, con indirizzo di giornalismo, e con tesi di ciclismo (il Brixia Tour) – e così costruirsi un alibi per capire se riuscirà a entrare in questo mondo. Che non è solo scrivere, e non è neanche pubblicare, ma prima è imparare, e prima ancora è avere passione, curiosità e pazienza. Passione ce l’ha. Curiosità, a occhio, anche. Ma di pazienza non ce n’è mai abbastanza.

Se non si è figli di, se non si è nipoti di, allora si può contare soltanto sulle idee. Non è poco, non è molto, ma è abbastanza. Farsi venire in mente idee di pezzi, sommarle e proporle. Su dieci, almeno una funzionerà. E rivolgersi a giornali e riviste, di carta o in rete. Timidezza: zero. Se l’accesso alla professione si è ristretto (ammesso che si possa parlare ancora di professione, di categoria, di ordine, di casta: il posto fisso è ormai solo un antico privilegio nobiliare), l’accesso al mestiere si è allargato, si è esteso, si è moltiplicato. Internet: l’unica autentica rivoluzione. Purtroppo spesso si scrive per poco o niente.

Certo: bisogna sbattersi, e poi stringere la cinghia, e poi leggere e studiare per imparare, anche imparare a copiare, adattare o interpretare, comunque ispirarsi, perché c’è poca gente disposta a insegnare, e poi investire su se stessi, e poi quando si giunge a un bivio imboccare tutte e due le strade. Questo è un lavoro che, se ha senso, è battendo la strada. Uomini e donne da strada, da marciapiede, da scarpe. Ma tanti – e bravi – sono a spasso. E fanno salti mortali per tirare la fine del mese. Con tanto di affitto, di figli a carico, di crisi economica.

Luca oscilla fra il lei e il tu: adesso ringrazia, poi mi dirà.

Blog e twitter, iPhone e smartPhone. Chissà come sarà cambiato il giornalismo fra due anni. E il suo mondo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares