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Giordania: feriti 15 giornalisti dalle forze dell’ordine. Una nuova primavera?

32 è il numero di giornalisti uccisi dall'inizio del 2011 in tutto il mondo. I pericoli del mestiere esistono anche per chi si preoccupa di informare, di far circolare le notizie, di non lasciare un paese al proprio destino e le persone nelle proprie carceri. 

Nel 2010 la Giordania risulta essere al centoventesimo posto nella graduatoria della libertà di stampa stilata ogni anno da Reporters without borders, scesa di quasi dieci posizioni dal 2009. L'Italia, per avere un'idea, si trova al cinquantesimo posto. 

Nonostante in Giordania non ci sia una particolarmente viva libertà di stampa (la stampa infatti è controllata dal Governo e i giornalisti sono costretti ad aderire all'Associazione della Stampa), la conta dei professionisti uccisi, imprigionati o feriti era, fino allo scorso venerdì 25 luglio, pari a zero. Infatti, in occasione della manifestazione organizzata in favore di una riforma politica, economica e anti-corruzione (chiamata Agenda Nazionale, ancora da attuarsi), nel centro di Amman sono avvenuti degli scontri tra la polizia e i manifestanti e in particolare coi giornalisti. La conta ufficiale dei feriti totali sarebbe di 17 persone, 15 dei quali erano giornalisti.

Il fatto ha suscitato parecchio scalpore, sia in loco che a livello internazionale. Tra i manifestanti infatti si trovavano anche degli inviati di testate straniere, tra cui il New York Times e Al Jazeera. In vista della manifestazione l'Associazione dei Giornalisti e il Centre for the Defence of Journalists avevano preso precedentemente accordi con la polizia: i membri della stampa avrebbero portato dei gilet arancioni con su scritto PRESS per evitare di essere scambiati coi manifestanti nell'ipotesi di eventuali scontri. Ma come ha affermato Tareq Momani, dell'Associazione Stampa Giordana, "mi scuso con i giornalisti per aver concordato con il dipartimento di polizia di fargli indossare il gilet. Questo è stato, apparentemente, nient'altro che una trappola". 

Al Jazeera, diretta interessata nell'aggressione, ha parlato di un'azione organizzata solo da alcuni membri della polizia, i quali l'avrebbero fatto per ottenere un indennizzo più elevato per prestare servizio d'ordine alle manifestazioni. 

La Giordania è posizionata in una striscia che si sta facendo sempre più rovente, tra lo Stato d'Israele, la Siria, l'Iraq, l'Arabia Saudita e l'Egitto. Un territorio che si sta rivoltando. La striscia di Gaza, la primavera egiziana e ora i violenti scontri in Siria. Il re King Abdullah II sembra temere un occupazione delle piazze, come già successe in piazza Tahrir e quindi il suo successivo spodestamento. Per questo le manifestazioni stanno destando tanta preoccupazione. La situazione economica fortemente instabile del paese rischia di essere un focolare per un'altra primavera araba. Nonostante la Giordania sia conosciuta per essere il paese più sicuro dell'area del Giordano, dopo gli attentati del 2005 e la caduta di Saddam Hussein nel 1999, si è trovata a dover affrontare un'economia fragile, essendo un territorio privo di giacimenti petroliferi, instabilità religiose e la consapevolezza di essere sempre un bersaglio possibile per gli estremisti nel caso di un non allineamento col fronte comune islamista, come infatti ha scelto di fare il re seguendo le orme del padre e portando avanti una politica filo-occidentale. 

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