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Georgia, quando la tortura finisce in televisione

 

E così anche la Georgia ha la sua piccola “Abu Ghraib”. Niente a che vedere, si spera (anche se le autorità giudiziarie del paese sono state sollecitate ad approfondire), con la dimensione e la sistematicità del sistema di tortura praticato dalle forze statunitensi in Iraq ed emerso nel 2004; ma qualcosa di simile per quanto riguarda lo scandalo prodotto dalla diffusione di riprese filmate di pestaggi e stupri di detenuti (di cui qui mostriamo solo una parte).

La scorsa settimana, Maestro Tv e Canale 9 hanno mostrato a un pubblico attonito le immagini delle torture praticate un mese fa nella prigione n. 8 della capitale della Georgia, Tbilisi. Si vedono prigionieri picchiati da una quindicina di guardie carcerarie mentre altri sono in attesa del loro turno in una stanza adiacente. In un’altra sequenza, due prigionieri vengono sodomizzati con un bastone e un manico di scopa e la violenza continua nonostante urlino di farla cessare.

Il 19 settembre il procuratore generale della Georgia, Murtaz Zodelava, ha comunicato l’avvenuto arresto di 10 persone, tra cui il vicecapo della direzione penitenziaria Gaga Mkurnalidze, il direttore della prigione n. 8 Davit Khutchua e il suo vice. Sull’onda dello scandalo, la ministra per la Giustizia e le carceri, Khatuna Kalmakhelidze, si è dimessa.

Le due emittenti televisive hanno dichiarato di aver ricevuto il filmato da Vladimir Bedukadze, ex funzionario della direzione penitenziaria, che dall’estero ha accusato direttamente il ministro dell’Interno Bacho Akhalaia di aver ordinato le torture. Questa circostanza ha inizialmente spinto il governo a sostenere la tesi del complotto straniero e di torture ricostruite su un set cinematografico, allo scopo di danneggiare il paese in vista delle elezioni parlamentari del 1° ottobre.

L’indignazione provocata dalle immagini e dalla goffa difesa del governo hanno spinto migliaia di cittadini in piazza e costretto il presidente Mikhail Saakašvili a promettere una profonda riforma del sistema penitenziario e dure condanne per i responsabili delle torture.

Gli attivisti georgiani sostengono che quello che si è visto nelle immagini è solo la punta dell’icebergOltre 20 organizzazioni non governative hanno denunciato l’assenza di indagini, nonostante 700 detenuti di un’altra prigione, la n. 15, avessero firmato una lettera di protesta.

A dar loro ragione è arrivata una dichiarazione del Difensore civico della Georgia, Giorgi Tugoshi, che il 19 settembre ha parlato di “varie forme di trattamento improprio, disumano e degradante” praticate sistematicamente nella prigione n. 8.

La dichiarazione cita anche le prigioni n. 2, n. 15 e n. 18, dove sono stati riscontrati casi simili a quelli rivelati nella prigione n. 8, e non solo ultimamente.

Che il fenomeno della tortura nelle prigioni della Georgia sia strutturale, lo testimoniavano già nel 2005 un rapporto del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e sugli altri trattamenti o pene crudeli, disumani e degradanti, e l’anno dopo un altro rapporto del Comitato Onu contro la tortura.

A quei rapporti, la Georgia replicò nel 2007 presentando un piano d’azione che aveva l’obiettivo di individuare misure concrete per prevenire i maltrattamenti e la tortura. Un piano, a quanto pare, del tutto inattuato.

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