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Genova omaggia De Andrè con una mostra

Compagno di viaggio, quante emozioni le sue canzoni: cantava l’amore, cantava l’amore per la libertà, l’amore per i deboli, cantava la poesia perché la sua voce era la voce dell’anima.

Sono trascorsi dieci anni da quando Fabrizio De Andrè ci ha lasciato.

Le iniziative per non dimenticare Fabrizio De André sono sempre tante, come tante sono le sfaccettature della sua opera ancora , appunto, tutta da scoprire. Genova, la sua città natale, l’omaggia con una mostra a Palazzo Ducale (fino al 3 maggio 2009). I quattro curatori Vittorio Bo, Vincenzo Mollica, Pepi Morgia e Guido Larari riferiscono che è una mostra non convenzionale, una mostra che non si è mai vista - una mostra da vedere.

 
Compagno di viaggio, quante emozioni le sue canzoni: cantava l’amore, cantava l’amore per la libertà, l’amore per i deboli, cantava la poesia perché la sua voce era la voce dell’anima.

E’ straordinario il suo ricordo sempre vivo, sembra che sia solo ieri, ogni giorno, ogni anno le sue novelle irrorano nuova energia. Un cantautore ancora integro, da scoprire dalla critica che ancora non ha iniziato ad analizzare la profondità del suo pensiero, della sua poetica sociale.

Canzoni come “La Canzone di Marinella” “Bocca di Rosa”, “Via del Campo” “Il pescatore”, “La Guerra di Piero”, “Fiume sand Creek” e gli album come “L’indiano”, “Creuza de ma”, “Le Nuvole” e l’ultimo album “Anime Salve”, sono acquarelli di vita. Fabrizio con la sua chitarra acustica , nonostante fosse schivo, taciturno, ci ha donato momenti di pura melodia e strati di denuncia senza ipocrisia, senza convenzioni; un poeta, un cantautore che cantava l’emozione.


Purtroppo spesso la violenza è succube dell’ignoranza e non sa distinguere l’erba marcia da quella buona, in Sardegna nelle montagne di Pattada è il 27 agosto 1979 quando Fabrizio De Andrè insieme alla sua compagna Dori Grezzi, è sequestrato dall’Anonima Sarda. La coppia è liberata dopo quattro mesi di prigionia . Per i suoi carcerieri Fabrizio ebbe parole di pietà : << Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai >> così dopo la liberazione a una prima intervista. 

Ciononostante Fabrizio decide di continuare a vivere in quella terra, perché malgrado come egli stesso disse: << perché le varie etnie sarde, malgrado cospicue differenze di lingua e di cultura, hanno in comune come minimo il rispetto dei valori fondamentali in cui credo anch’io. - Un altro motivo è l’ambiente, basta guardarsi intorno…>>. De Andrè dall’esperienza del sequestro seppe trarre e trasmettere una grande lezione di vita, disegna un quadro che invita a ragionare seriamente sulla realtà sociale sarda.

La sua forza è nella scelta di vita lontana dai bagliori della notorietà e vicino all’essenza del canto, della musica, dell’uomo, una scelta che tanti giovani dovrebbero adottare invece di rincorrere i mass media.
 
 
 

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