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Genitori: un mestiere da imparare

Di fronte alle rivolte giovanili che hanno movimentato la periferia londinese la scorsa estate, il premier David Cameron ha rivolto un duro atto di accusa contro le istituzioni educative, scuola e genitori innanzitutto, che avrebbero abdicato al loro ruolo tradizionale: insegnare la disciplina, consolidare valori sani, trasmettere il senso del rispetto.

Per ovviare alla crisi dilagante, Downing street ha messo a punto un programma fatto di SMS, mail e seminari rivolti ai genitori su come si culla un neonato o su come si cambia un pannolino. Perché educare bene, fin dai primi anni, significa creare una società migliore.

Il medesimo presupposto è alla base dell’agile volume di Eugenio Scardaccione, "Tu semini. Io raccolgo. Genitori in gamba non si nasce, si diventa". L’autore, un dirigente scolastico attivo da anni in associazioni impegnate nel volontariato sociale, ha il pregio non comune del pragmatismo.

Quando si trattano argomenti come l’educazione dei figli adolescenti, il ruolo dei genitori, i dissidi familiari, è facile scadere nella retorica o in una sorta di generalismo fumoso e accademico che non aggiunge nulla a ciò che già sappiamo. Il libro, invece, parte da vicende realmente accadute per fornire soluzioni immediatamente praticabili. Che fare quando la cucciola di casa si presenta a cena decorata con vistosi piercing e tatuaggi? Come regolarsi di fronte alle richieste di libertà, sempre più audaci e sempre più anticipate? Come sopravvivere alla scoperta che la propria figlia ha deciso di mostrarsi nuda su Youtube per mettere insieme un gruzzoletto da spendere in boutique?

Il primo passo che ogni genitore dovrebbe compiere consiste nell’intraprendere un percorso di riconoscimento autobiografico, un itinerario di autoanalisi durante il quale chiedersi che tipo di figli si è stati prima di pretendere di sapere che genitori si è. In tal modo riesce più facile praticare l’empatia, ci si dispone a ragionare sulle scelte dei figli anche quando queste non ci convincono e impariamo a dialogare con loro al fine di raggiungere un onorevole compromesso.

Perché un dialogo educativo riesca efficace, però, non basta che i ruoli siano ben definiti (i genitori devono fare i genitori, non possono essere amici dei figli); è importante che i ruoli siano anche “ribaltabili”. Oggi, infatti, con i mutamenti intervenuti nella società e riflessi nel vissuto familiare, non sono più attendibili un padre che sia sempre e solo autoritario e una madre sempre dolce e comprensiva. Il padre impari a fare, all’occorrenza, anche la mamma. E viceversa. In questo modo padre e madre saranno pronti ad intercettare le misteriose spie d’allarme che si susseguono frequentemente nell’adolescenza.

Quando i ragazzi si ritraggono in una ostinata scontrosità, allora è il caso di mettersi ad ascoltare i silenzi, è il momento di interpretare un disagio che va affrontato e non aggirato. Quando i ragazzi mostrano un attaccamento fuori controllo ai beni materiali, una dipendenza dai feticci della moda, bisogna chiedersi se si è fatto abbastanza per riempire il vuoto esistenziale in cui sono precipitati. Ecco perché occorre educare all’arte e alla bellezza come antidoto al consumismo sfrenato. Educare ai valori vuol dire costruire solide colonne cui aggrapparsi quando - nelle fasi critiche della crescita - il mondo vacilla insieme all’identità personale.

Scardaccione crede ciecamente nella famiglia, nel mestiere di genitore, che è il più antico e difficile del mondo, e che può essere imparato, sempre che si sappia guardare lontano, perché a volte i frutti si raccolgono solo tanto tempo dopo la fase della semina. Dunque, se è vero che ad un genitore sono richieste una infinità di doti, ce ne sono tre sulle quali occorre concentrare ogni energia perché si spendano con maggiore produttività: mitezza, tenacia, cordialità. Anche grazie a queste doti, i genitori troveranno il coraggio e la serenità per guidare i figli fuori dalle mura domestiche, sensibilizzandoli all’impegno civile.

I frutti arriveranno, questo è certo. Arriverà il momento in cui i cuccioli, diventati autonomi, lasceranno il nido. Questo comporterà inevitabilmente il dolore del distacco, ma sarà al tempo stesso la prova che il proprio compito è stato svolto bene, perché una nuova creatura sarà in grado di alzarsi sulle proprie gambe e di affrontare il mondo.

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