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G8 e Pinelli: la magistratura a servizio del potere

La Cassazione ha confermato, con qualche ritocco per dare l’idea di una valutazione ponderata, le grottesche condanne contro i capri espiatori scelti come responsabili per tutto quel che accadde a Genova nel 2001. A pensar male si fa peccato, ma difficilmente si sbaglia, diceva Andreotti. Ma pare che siano pochi a farlo. Ricordate le ottimistiche esaltazioni della sentenza che fingeva di punire i vertici della polizia per i crimini commessi a Genova? Era proprio impossibile capire cosa c’era dietro? No. Rileggete il commento fatto a caldo da Gigi Malabarba nella nota che ho inserito subito sul sito col titolo: Giustizia non bendata. Era possibile capire!

Nel presentare Gigi avevo scritto che “ha seguito costantemente le vicende dei processi sul massacro di Genova come militante e senatore, membro della commissione sui servizi segreti”. Ma in realtà non era necessaria una conoscenza così diretta: bastava essere davvero marxisti, e non dimenticare quindi che l’indipendenza della magistratura è una finzione. Non è al di sopra delle parti, ma di norma al servizio del potere. Di esempi ce ne sono moltissimi, soprattutto quando un processo arriva in appello o in Cassazione, dove ci sono molti giudici che hanno fatto carriera dimostrandosi “ragionevoli” e disposti a subire le pressioni dall’alto.

Ma non solo in Cassazione. Basterebbe un esempio: ricordate la sentenza che escludeva che Pinelli fosse stato gettato dalla finestra? Era stato il magistrato e oggi senatore del PD Gerardo D’Ambrosio (secondo Berlusconi uno delle “toghe rosse”!), a sostenere che Pinelli non si era suicidato, ma nemmeno era stato assassinato. Morì, disse, a causa di un “malore attivo”. Così cominciò la santificazione di Calabresi, e nessuno fu punito per la macchinazione che aveva cercato di incastrare il povero Pinelli e il “ballerino anarchico” Pietro Valpreda, per proteggere i veri responsabili della strage

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