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Flagranze e fragranze di reato!

9 febbraio. Massimo Ciancimino continua con le sue rivelazioni, dice che Forza Italia è un partito nato dall’accordo tra mafia e stato.

10 febbraio. Scoppia il caso Bertolaso e Protezione Civile: appalti, prestazioni sessuali, regali, corruzione, cinismo ecc. ecc.

11 febbraio. Viene colto in flagranza di reato (stava prendendo una mazzetta da 5000 euro) il consigliere del comune di Milano, Pennini (PDL).

11 febbraio. È agli arresti domiciliari il presidente della Provincia di Vercelli, Masoero, (PDL) anche lui per concussione.

Flagranze e fragranze di reato!

Quest’ultimo caso mi tocca particolarmente perché io vivo in provincia di Vercelli, una provincia da molto tempo orientata a destra e in particolare, ora, plebiscitaria verso la Lega.
 
In seguito a questo bollettino di guerra non restano molte emozioni: poniamo che alcuni siano innocenti, per carità, altri sono comunque stati colti in flagrante e altri intercettati. Non restano molte emozioni… Prevale il disgusto, anche per l’uso delle donne, per lo scherno verso le vittime, perla fiducia tradita degli elettori.
Prevale il disgusto e poi?
 
Poi tre sentimenti in particolare.
Pena. Pena per gli imprenditori corrotti e corruttori, pena per i politici ingordi, un tempo pieni di ideali, forse, e ora finiti a farsi dare i soldi nei pacchetti di sigarette; pena per tutto il giro di donne, di persone colluse, in attesa d’una briciola di quel potere, dei resti di quei soldi.
 
Nel Vangelo è scritta una cosa che, aldilà della fede, è fondamentale dal punto di vista psicologico: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt. 6,24).
 
Mammona è un idolo, in particolare la ricchezza. Il punto centrale è che l’avidità, la lupa dantesca per intenderci, è una droga, una schiavitù terribile. Chi serve al denaro non è più un uomo libero! Mi spingerei a dire, sentendo le intercettazioni in seguito al terremoto dell’Aquila, che chi serve al denaro non è più nemmeno un essere umano.
 
Sollievo. Sollievo per me e per molte persone che conosco che non sono schiave del denaro. Il pensiero del denaro può essere ossessivo perché non si sa come campare tanto si è poveri, oppure quando si ha troppo e si vuole sempre di più. Il sollievo viene evidentemente da una situazione fortunata in cui non manca il denaro per sopravvivere, ma nemmeno si ha il culto dell’accumulo. È un discorso di attaccamento ai beni materiali. Il sollievo è espresso bene da Santa Teresa D’Avila (che forse come tutti i santi e mistici era persino un po’ comunista!) nelle “Meditazioni sul Cantico dei Cantici” scrive: “Oh, che grande gioia, figlie, essere libere da questi pesi (le ricchezze n.d.r.) e vivere in pace anche quaggiù” e poco oltre “Tutto ciò da cui non vi liberate è per voi motivo di stanchezza”.
 
E comunque il distacco dai beni come fonte di felicità è di quasi tutte le tradizioni spirituali e filosofiche, fin dal greco Diogene che viveva nella botte.
 
Preoccupazione. Preoccupazione per la cosa pubblica, per lo stato (non quello eventualmente colluso con la mafia, ma io stato, tu stato, noi, voi stato) e proprio per la possibilità dell’esercizio della politica. Infatti viene da chiedersi: ma è possibile una politica non corrotta? Ma si sa che l’Italia è un caso particolare: in altri paesi occidentali la corruzione non è ai nostri livelli, come del resto la presenza della criminalità organizzata. L’idea, a torto o a ragione, sempre più diffusa d’una politica che è corrotta per antonomasia porta il cittadino a prendere sempre più le distanze da quel mondo che invece dovrebbe essere prima di tutto suo (politica, polis, città), oppure lo porta a convincersi che deve sporcarsi anche lui per sopravvivere.
Ecco, una politica corrotta ha anche la grande, terribile responsabilità di essere corruttrice. Non è solo perché alcuni politici (e cortigiani al seguito) si mangiano i soldi, perché usano le persone, perché tradiscono, spergiurano ecc. che vanno condannati, ma soprattutto perché corrompono.
 
A questo punto mi viene in mente la proposta di Simone Weil, per cui il potere deve venire affidato a qualcuno capace, ma che non lo vuole, che proprio deve essere costretto a dedicarsi alla politica. Utopia? Forse sì. Forse questa eventualità c’è nei momenti di crisi profonda, poi il tran tran ci riporta nel vizio.
Allora l’unica possibilità è il controllo, la famosa divisione dei poteri, il discorso dei contrappesi, in cui la nostra Costituzione è modello ancora insuperato.
Ma c’è un passo ulteriore: la vigilanza individuale e quotidiana.
Tutti, tutti siamo coinvolti.
 
E magari alle prossime elezioni portiamo con noi anche il cervello!
 
Credits Foto: Giancarlo Vitali

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