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Fare cultura oggi: missione da kamikaze

Mi veniva da pensare, avendolo casualmente incontrato in lettura, che il lemma “lavoro culturale” nella società italiana post-moderna e post-berlusconiana – cioè l’Italia del rigor Montis – sembra quasi un ossimoro o, peggio, una presa per i fondelli neanche raffinata.

Questo è molto triste. Ma si tratta della dura realtà, lo sappiamo bene, toccata con mano ogni volta che capita di leggere il classico dolente topic o post che dirsi voglia su uno dei frequentatissimi social network che hanno cambiato il nostro modo di relazionarci. Topic o post del solito sfigatissimo o sedicente tale operatore culturale che chiede un posto senza trovarlo. A volte trattasi di egocentrici mitomani innamorati della propria immagine sul cellulare o in brodo di giuggiole nel mostrare a mammà la classica “firma sotto il pezzo” che fa tanto fico, ma altre ancora si tratta di persone con tutti i requisiti per aspirare a fare della propria arte un vero e proprio lavoro che, insegna il Diritto, per essere tale deve essere retribuito. E retribuito in modo congruo. Lavorare nel mondo della cultura. In Italia, tutto questo resta spesso una chimera. Di chi è la colpa?

IL MOSTRO TELEVISIVO - Probabilmente di un sistema dei Media che negli anni ha celebrato il nulla e relative nullità parolacciare (che fanno però audience) invece di rendere merito a quanti avrebbero davvero titoli e qualità per essere proposti quali modelli di riferimento per i giovani. Questi ultimi sostanzialmente si cibano in modo compulsivo della spazzatura televisiva, senza capirne gli infiniti trabocchetti che, alla fin fine, mirano allo stesso misero obiettivo: vendere prodotti a una pletora di omologati acritici perennemente a caccia… di sé stessi.

CONTROSENSI DI STATO - È la logica del perseguimento del profitto ad ogni costo che ci ha portati fino a questo punto di penosa decadenza o c’è dell’altro, dietro questa prostituzione intellettuale che ha svenduto i contenuti dei palinsesti agli sponsor? Perché nessuno dice che è eticamente riprovevole che questo Stato (lo stesso che ci vende tumori sotto forma di sigarette con scritte come “Il fumo uccide”) pubblicizzi ovunque giochi, lotterie, gratta e vinci per tutte le tasche?

Perché nessuno nota l’umiliazione-mercificazione sistematica della donna, rappresentata alla stregua di un banale elettrodomestico, un’aspirapolvere o una lavatrice, utile a soddisfare bisogni primari ed elementari, realizzata attraverso l’elevazione (compiaciuta) a modello vincente delle varie Veline, Letterine, Grandifratelline e Isoladellefamosine che hanno affondato definitivamente in un pantano putrescente la dignità della donna che pure è al tempo stesso madre, moglie e musa: colei che ben altri cervelli (es. gli stilnovisti) ebbero a definire “anello di congiunzione filosofica tra uomo e Dio”?

Perché nessun illuminato osservatore degli italici costumi punta deciso l’indice contro la patologica proliferazione di partite di calcio a tutte le ore del giorno e della notte (il villaggio globale è anche questo) che inchiodano magicamente alla poltrona milioni di cittadini, che pure avrebbero infiniti altri modi di impegnare, non oso scrivere investire, il proprio tempo libero… Ad esempio (sembra fantascienza: leggendo un buon libro)?

Semplice rispondere: perché tutto questo è più che utile, è indispensabile, per mantenere uno stato delle cose che premia pochi privilegiati politici-governanti – eletti non si sa bene come - molto più simili a grigi ragionieri/amministratori di condominio che a Statisti illuminati con la responsabilità di guidare e ispirare anche culturalmente un popolo che, oggi più che mai, sta pagando un salatissimo e immeritato conto al malgoverno e alla malversazione di quanti hanno fatto carne di porco della gloriosa Costituzione della Repubblica, oggi non più fondata sul lavoro, ma affondata sul lavoro, anche a giudicare dalla sconcertante percentuale di disoccupati ed esodati che passano le mattinate al bar o sulle panchine delle periferie, invecchiando di anni in settimane di inutili arrovellamenti per sbarcare il lunario che naturalmente non conducono da nessuna parte.

UN PAESE DEPRESSO - Lo Schifo quotidiano, la banalizzazione del dolore (degli altri) e la celebrazione del Male che per mille strade mediatiche entra nelle nostre case e soprattutto nelle nostre teste ci offre – a buon mercato, è bene rimarcarlo – l’illusione che, tutto sommato, basti mettere insieme 20 euro per comprare un paio di scarpe firmate, ovviamente false, per camminare a testa alta verso la nuovissima sala delle slot-machine, dove tentare la sorte già sapendo di perdere, prima di dare un’occhiata alle quote delle partite del giorno e tornare infine a casa, dove piazzarsi davanti al computer aspettando il pranzo e, dopo avere chattato con l’amichetta allegra di turno, studiarsi il programma tv della serata per sapere come ci si addormenterà sul divano del salotto a sognare isolette tropicali da frequentare in buona compagnia, perché ogni scusa e pretesto sono buoni per non trovare davvero un posto di lavoro. E continuare a sognare di non vivere in Italia… il Paese dei tartassati che non ha più un futuro per nessuno. Figuriamoci per chi vorrebbe vivere di Cultura.

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