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Essere leader

Date le grandi difficoltà economiche e sociali, consiglierei a Letta “Leadership emotiva” (Rizzoli, 2012), l’ultimo libro di Daniel Goleman, il famoso autore del bestseller “Intelligenza emotiva”.

Goleman ha insegnato psicologia all’Università di Harvard e ha collaborato con il “New York Times”. In “Leadership emotiva”, descrive i principali tipi di leadership e prende in esame le forme di intelligenza sociale più vantaggiose per evitare le sabbie mobili della crisi economica.

Purtroppo l’irrazionalità aziendale è molto diffusa: accade spesso che “i direttori generali vengono assunti in base al loro quoziente intellettivo e alla loro esperienza nel campo degli affari… e poi vengono licenziati perché mancano di intelligenza emotiva” (responsabile di una multinazionale di ricerca e selezione del personale). Nel settore finanziario si tende a svalutare le leadership oculate.

Naturalmente esistono diversi stili di leadership e la migliore condotta deve essere molto adattabile alle diverse situazioni. In alcuni casi e in alcuni momenti bisogna diventare un capo visionario, in altre circostanze bisogna adottare azioni più in linea con lo stile da allenatore, da federatore, da democratico, da persona autorevole, oppure da figura incalzante o autoritaria (è molto utile nei grandi cambiamenti da realizzare in tempi brevi e nelle situazioni di emergenza).

I leader autorevoli puntano sulla valorizzazione delle conoscenze e delle competenze (personali e di gruppo). I capi “allenatori” si concentrano nella valutazione dei punti di forza e di debolezza, e programmano obiettivi di sviluppo a lungo termine. I leader federatori esaltano le autonomie personali e responsabilizzano i collaboratori rispetto ai compiti e agli obiettivi. I dirigenti democratici lavorano sulle relazioni di potere e sulla forza diplomatica del dialogo a tutti i livelli. I leader incalzanti e a volte coercitivi alla Steve Jobs impongono i loro ritmi personali ai vari gruppi di lavoro e la cosa può risultare molto destabilizzante, anche se si lavora a livelli di eccellenza.

Comunque le caratteristiche principali di un vero leader sono le seguenti: una notevole consapevolezza emotiva e relativa (la saggia considerazione dei valori globali della situazione); l’autovalutazione obiettiva (riconosce i veri punti di forza e di debolezza personali); l’autocontrollo (specialmente nella gestione della rabbia); la trasparenza (cioè l’abilità di ammettere gli errori); l’adattabilità (è orientato al cambiamento, non disperde tempo e denaro); la perseveranza (unisce il pragmatismo alla forza di volontà); grandi capacità di iniziativa (non si fa ingabbiare dai tentacoli della burocrazia); livelli alti di empatia (sa ascoltare e capisce le emozioni degli altri); l’intelligenza sociale (crea reti sociali informali, è il primo a dare l’esempio, aiuta gli altri a crescere e sa ispirare).

In ogni caso, “sondaggi condotti su un campione di oltre 5 milioni di persone impiegate in circa 500 organizzazioni hanno mostrato che una risposta positiva al punto “ho un amico fidato sul posto di lavoro” è uno degli indici più infallibili di soddisfazione per il proprio posto” (p. 145).

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