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Enrico Bondi resterà alla Parmalat?

Enrico Bondi tira le somme della sua Parmalat in vista del rinnovo dei vertici. In occasione della presentazione dei conti 2010, le prime linee del gruppo di Collecchio presentano le stime per i prossimi anni, mentre nelle retrovie le banche italiane (ci sarebbero Intesa SanPaolo e Mediobanca) sono impegnate a mettere insieme una cordata di imprenditori “made in Italy” - capitanata dal fondo Charme della famiglia Montezemolo - da contrapporre al gruppo di fondi stranieri. E alla presenza della comunità finanziaria, Bondi, affiancato dal direttore delle operazioni del gruppo, Antonio Vanoli, dal Cfo, Pier Luigi De Angelis, e dall'avvocato, Nicola Walter Palmieri, hanno fatto il punto sulla gestione degli ultimi cinque anni post-crac (ricordando i successi sul fronte delle transazioni) e di quelli a venire. Tuttavia, il manager aretino interpellato sul suo futuro in Parmalat non si è sbilanciato: “I conti li avete visti, la parola agli azionisti”.

Poco prima, il manager aveva dichiarato davanti agli analisti che in questa fase “l'atteggiamento è passivo, noi siamo degli spettatori”. Nonostante ciò, nel corso della “conference” si è parlato del futuro dell'azienda ed è stato spiegato che Parmalat prevede un piano di dismissioni di asset da 200 milioni di euro entro il 2013-2015, che potranno essere poi destinati agli azionisti sotto forma di dividendo. “In termini di cassa - ha spiegato De Angelis - il piano vale circa 200 milioni di euro ovvero oltre 100 milioni di plusvalenze e se dovessimo ‘stressare’ la leva finanziaria i valori possono essere anche migliori”. Quanto ai ricavi, Vanoli ha indicato una crescita del fatturato nel 2013 dell'11,1 per cento a 4,78 miliardi di euro rispetto al 2010 con un Ebitda (margine operativo lordo) atteso a 437 milioni (+15,8%).



Lo stesso direttore finanziario ha poi ribadito che nei prossimi anni è da escludere una distribuzione di azioni gratuite così come deliberato mercoledì dal consiglio di amministrazione. Ma per poter puntare a questi obiettivi bisognerà prima conoscere il verdetto dell'assemblea del prossimo 14 aprile. E come noto gli azionisti sono in manovra per la messa a punto delle liste da depositare entro il 18 marzo.

Contro i fondi Zenit, McKenzie e Skagen, che hanno vincolato il 15,3% di Parmalat in un patto e puntano a sostituire Bondi, potrebbe scendere in campo una cordata italiana capitanata dal fondo della famiglia Montezemolo. Charme ha dato infatti la sua disponibilità a partecipare, a condizione che il progetto sia in grado di attrarre imprenditori e capitali. Ma su questo fronte non sono ancora arrivate risposte: il fondo Clessidra non sarebbe della partita e anche Investindustrial della famiglia Bonomi sarebbe molto cauta. Alcune fonti hanno espresso dubbi sul fatto che una coalizione “made in Italy” possa concretizzarsi, anche perchè il tempo stringe e reperire risorse di questi tempi non è facile. A muoversi, in questa fase, sarebbero invece soprattutto soggetti esteri.

Commenti all'articolo

  • Di Mr. Hubbert (---.---.---.128) 13 marzo 2011 13:09

    secondo me il Lombroso non aveva tutti i torti....Il viso di Bondi esprime onesta’,capacita’ e sicurezza nelle proprie capacita’.
    Gli stessi sentimenti non me li provocano....Brancher, Cosentino, Fazio,Lunardi,Verdini...guardate bene le loro facce......ambiguita vengono dalle facce di draghi, marchionne...curioso no?

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