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Elezioni in Iraq, democrazia per tutti?

Gli Iracheni sono contenti. Per la prima volta dal 2002, anno dell’inizio della guerra contro il regime di Saddam Hussein, sabato si sono tenute delle elezioni senza particolari incidenti. Ogni poliziotto, ogni soldato americano è stato disposto a difesa della democrazia. Hanno chiuso gli aeroporti per precauzione. E sembra che la vittoria andrà al partito dell’attuale presidente, Nuri Kamal al-Maliki. Le elezioni sono provinciali. L’affluenza è stata del 51%, un numero che a seconda delle fonti è considerato alto - chi ha un percentuale così elevata tra gli altri paesi, in questo tipo di elezioni? - o basso - ci si aspettava un 60%.

Sembra una vittoria su tutti i fronti. La pace è regnata e i partiti dicono di non voler contestare i risultati delle elezioni. Inoltre, seppur molti problemi tecnici rimangono, la maggior parte di chi voleva votare ha potuto farlo. Non come nel 2005, quando la mancanza di sicurezza e la confusione generale hanno impedito a molti di recarsi agli scrutini, o addirittura di essere riconosciuti come votanti validi.

Oltre il Dawa Party, partito di Maliki, sembra siano proprio i partiti secolari a poter cantar vittoria. Gli islamisti, invece, stanno subendo una sconfitta dettata, secondo la popolazione, dal fatto che non hanno saputo dare servizi alla popolazione. L’Islamic Supreme Council of Iraq, che aveva vinto a Baghdad nelle scorse elezioni, questa volta ha perduto la capitale in favore, sembra per ora, dello stesso Maliki.

Ma al di là del fatto che si identifichi il Dawa Party secolare, quando è definito sciita, mentre altri partiti si dichiarano sunniti, rivela che i significati vanno al di là delle statistiche. A conferma di ciò, sono proprio i numeri.

Le provincie a "dominazione" sunnita, come quella di Ninive, hanno raggiunto una quota di votanti pari al 60% degli aventi diritto, invece di un 14% nelle elezioni del 2005. Le elezioni si sono tenute n 14 delle 18 provincie.E le non votanti sono le tre provincie semi-autonome dei Curdi, mentre sono state postdatate della provincia di Kirkuk, anch’essa curda, ricca di giacimenti petroliferi.

Quando nel 2005 i sunniti hanno boicottato le elezioni, i Curdi avevano ottenuto 31 dei 41 posti nel governo della provincia di Ninive, che contiene la terza città più grande, Mosul. 

L’Iraq del sud è a prevalenza sciita e sembra, dai primi exit-poll, che proprio i partiti sciiti abbiano prevalso, mentre nel nord, al contrario, i sunniti potrebbero vincere. Si crede che la vittoria, in quelle provincie, potrebbe andare adal-Hadba, un nuovo partito che ha acquisito consensi grazie al suo contrasto verso l’espansione curda.

La differenza tra i partiti secolari e quelli islamisti è sostanziale. Tuttavia rimane forte l’attaccamento alla propria parte religiosa. E non solo.

Come dice Maithem Hussein, capo di un’organizzazione non governativa che ha seguito le elezioni in Basra, dove il partito dell’attuale presidente sembra abbia vinto: "Maliki ha salvato Basra dalle milizie. Basra gli è debitrice."

In queste elezioni, i partiti secolari vinceranno perché hanno avuto un accesso al denaro negato ad altri partiti, grazie all’accesso al governo e, soprattutto, al supporto degli Stati Uniti. L’isolamento, ancora una volta, dei curdi conferma inoltre che seppure le elezioni sono state pacifiche, non è stata pura democrazia che ha avuto luogo.
 

Che cosa è accaduto dal 2002 in Iraq:

  • 2003: Gli Stati Uniti mettono al potere un Consiglio di Governo
  • 2004: Il Consiglio di Governo elegge un governo ad interim
  • Ago 2004: Una conferenza nazionale elegge l’assemblea nazionale ad interim
  • Gen 2005: Prime elezioni generali per l’assemblea generale di transizione e i consigli di provincia. I sunniti boicottano il voto
  • Dic 2005: Elezioni generali per il primo governo e parlamento
  • Gen2009: Elezioni per le elezioni provinciali
  • tardo 2009: previste elezioni generali

 

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