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Egitto: giornalista lancia su Facebook una giornata senza velo per le donne

La questione del velo: Islam e politica nell’Egitto di oggi. 

Courrier International racconta della proposta lanciata su Facebook dal giornalista egiziano Chérif Choubacy: organizzare a inizio maggio, nell'ormai famosa piazza Tahrir, una manifestazione contro l’uso del velo per le donne, in cui appunto giovani egiziane possano scoprirsi il volto. La provocazione, subito condannata dai Fratelli Musulmani e dai gruppi salafiti, richiama l’attenzione sulla condizione femminile e sui profondi sommovimenti in atto nella società egiziana.

Quasi scomparso per decenni, da qualche tempo il velo ha rifatto la sua ricomparsa nel Paese e, dagli anni ’70 il suo uso si è diffuso: una passeggiata per le strade del Cairo è sufficiente per vedere una gran maggioranza delle donne velate.

Se il rovesciamento dei Fratelli Musulmani e l’affermazione del nuovo regime di Sisi ha restituito al Paese una certa stabilità sociale ed economica ed una posizione di equilibrio tra i blocchi geopolitici, sul piano dei rapporti tra società e religione l’opera dell’uomo forte egiziano resta controversa. Alla persecuzione dei Fratelli Musulmani e alla loro eliminazione dalla scena politica – che ne ha fatto significativamente rifluire l’influenza sulla società, lungamente edificata attraverso la diffusione di reti di mutualismo sociale – e a nette prese di posizioni pubbliche di Sisi per una modernizzazione e apertura dell’Islam e contro la piaga crescente della violenza sulle donne, non ha fatto seguito l’introduzione di effettive misure a tutela della popolazione femminile, a cui la legge e l’interpretazione di essa invalsa nei tribunali attribuiscono una posizione di particolare fragilità nel diritto familiare.

Per sbarazzarsi dei fratelli musulmani, lo stesso Sisi si era appoggiato alla frangia ancor più radicale dell’Islam salafita, al cui partito Al-Nour è stato in particolare garantito un ampio spazio sulla scena politica pubblica, solo in un periodo successivo parzialmente contrastato, e nel vasto panorama delle moschee del Paese. Non è difficile vedere dietro questa scelta gli stretti legami politici del nuovo corso egiziano con l’Arabia Saudita, stretto alleato dell’Occidente nonché zoccolo duro del fondamentalismo islamico di impronta Wahabita, da cui il Paese nordafricano ha avuto importanti finanziamenti nei momenti economicamente più difficili, che adesso l'Egitto sta ricambiando sul piano internazionale appoggiandone l’iniziativa militare in Yemen. È difficile quantificare, ma sicuramente molto rilevante, anche l’influenza del Wahabismo sull’università egiziana di Al-Azhar, massima autorità teologica del sunnismo, dove una parte importante, se non addirittura preminente, degli insegnanti si è ormai formata sotto gli auspici dell’oscurantismo religioso della casata dei Saud, con ovvi effetti sulla pratica del diritto come correntemente interpretato nei tribunali.

Forse proprio la capacità delle donne egiziane di esprimersi attivamente e in prima persona in questo difficile scenario determinerà l’evoluzione di una società soggetta a intense e repentine tensioni fra tendenze opposte e contrastanti.

Foto: Gornet/Flickr

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